giovedì 23 settembre 2021

Marchi Storici, il primo ristorante d’Italia è Mimì alla Ferrovia. Ecco cosa si mangia

 

Marchi Storici, il primo 

ristorante d’Italia 

è Mimì alla Ferrovia. 

Ecco cosa si mangia

Mimì alla Ferrovia costituisce polo d’attrazione nel centro storico di Napoli da oltre 60 anni, con una storia che parla di famiglia e di passione e che racconta anche quella recente dell’Italia

di Vincenzo D’Antonio

Mimì alla Ferrovia, celebre ristorante nei pressi della stazione ferroviaria di Napoli, è il primo ristorante in Italia a entrare nel Registro dei Marchi Storici di Interesse Nazionale. Mimì alla Ferrovia costituisce polo d’attrazione nel centro storico di Napoli da oltre 60 anni, con una storia che parla di famiglia e di passione. Ed è proprio da queste premesse che arriva l’ultimo dei numerosi riconoscimenti conquistati: Mimì alla Ferrovia è il primo ristorante campano ad essere iscritto nel Registro dei Marchi Storici.

Correva l’anno 1943…

La sua storia racconta anche la storia recente dell’Italia. Correva il tragico anno 1943, la città scriveva la storia della Resistenza con gli atti eroici che sarebbero poi stati denominati “le Quattro Giornate di Napoli” e sotto gli assedi della tragedia bellica una coppia di giovani sposi precursori dei tempi, Ida ed Emilio Giugliano (meglio conosciuto come Mimì), aprono una trattoria nel cuore della Napoli storica, mettendoci tanto indomito coraggio e tanta passione. Così nacque “Mimì alla Ferrovia”.


Ida e Mimì seppero coniugare quindi la passione, non disgiunta da un pizzico di follia se ripensiamo a cosa furono quei tempi, e il loro grande talento.

Il boom del Dopoguerra

Il successo arrise a Ida e Mimì. La loro trattoria cominciava ad essere frequentata da tanti clienti napoletani e forestieri. Erano gli anni frenetici del dopoguerra e della ricostruzione. Giusto appena qualche nome delle celebrità che hanno frequentato la trattoria: Totò, i fratelli De Filippo, Gianni Agnelli. Le foto di cui sono tappezzate le pareti, in bianco e nero le più datate, sono testimonianza delle suddette frequentazioni.

L’identità mantenuta nel tempo

Gestione attuale nelle mani dei cugini Michele e dei loro figli: Salvatore in cucina e Ida tra sala e backstage.
Il locale, rinnovato più volte, non smarrisce l’identità del tempo in cui sorse. Sedute comode, tovagliato bianco, servizio senza fronzoli e di una cordialità così schietta che contagia i numerosi clienti. Ci sono in servizio camerieri con circa trenta anni di anzianità!

Menu che ancora si compendia in un unico foglio. Piatti tuttavia sempre descritti a voce, vini ben proposti e ben serviti, anche al calice.

Classici con twist!

Non si può non cominciare dal classico “peperone ‘mbuttunato”, ma neanche può qui esaurirsi il percorso di degustazione degli antipasti. E allora, già presi dall’atmosfera e ben consapevoli che “da Mimì non si deve mai andare di fretta”, si prosegue con Taco Baco con stracotto di manzo alla genovese e salsa caesar, praticamente uno squisito panino da addentare secondo finger food; ancora, un altro grande classico che Salvatore ha saputo abilmente rivisitare: alice ‘mbuttunata con zucchine alla scapece e mayo al wasabi; e ancora una squisita Tartare di gamberi rossi, salsa allo yogurt e gel al mandarino. Classici che grazie ai sapienti tocchi dello chef Salvatore, trentenne di ragguardevole talento e preziosa esperienza, divengono apprezzati signature dish mai dismettendo la loro inestinguibile cifra classica.

A governare la sala, sufficienti gli sguardi e qualche graditissima intrusione ai tavoli, i cugini Michele. In regia, sapendo che mentre affronta il proscenio ha anche da pensare ai processi aziendali di backstage, la bravissima Ida.

Con l’orologio che qui si ferma, e pazienza se altrove le lancette scandiscono il tempo che passa, si arriva ad un sontuoso primo: Tubetti Gerardo di Nola in salsa di pomodorini gialli del piennolo, datterini confit e peperoncini verdi con provola affumicata.

Nell’appropriato calice, in armonia deliziosa, il Vetere Rosato Paestum Igp fatto da San Salvatore 1988, da uve aglianico in purezza.

Saggio e ben gradito il suggerimento dello chef Salvatore per il secondo: Polpo verace scottato, patate e salsa kimchi. Anche qui un saggio della bravura di Salvatore nel dosare con sapienza le vezzose contaminazioni che si consente a beneficio dei clienti gourmet.

Dulcis in fundo: torta di ricotta e fichi bianchi. Che leggerezza, quanto educata e non prevaricante la componente zucchero: squisito.

Non solo cibo ma autentica vita napoletana

Sala piena, non solo indoor ma anche all’aperto con tavoli sul marciapiede a rendere i clienti sia spettatori che attori di quella commedia senza fine che è il miracolo del vivere quotidiano a Napoli: Napoli Ferrovia, per la precisione! Conto di commovente onestà.

Salutiamo lo chef Salvatore, indaffaratissimo in cucina, salutiamo i sempre giovani cugini Michele e salutiamo Ida che nell’accompagnarci all’uscio, orgogliosa del riconoscimento di primo ristorante campano iscritto nel Registro dei Marchi Storici di Interesse Nazionale, ben consapevole di cosa ciò significhi, ci dice commossa «andremo lontano perché veniamo da lontano»! Ne siamo persuasi! italiaatavola

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