Il cioccolato?
Va degustato
come il vino: parola
di Davide Comaschi
Il maître chocolatier, unico italiano a vincere il World Chocolate Masters, oggi lavora insieme alla famiglia Cerea di Da Vittorio. Ci ha detto la sua sulla cultura del cioccolato e sulla pasticceria in Italia. «Tutti o quasi riescono ormai a capire se un vino è buono, mentre con il cioccolato non sanno cosa fare», ha spiegato
Dici cioccolato e pensi a Davide Comaschi. Il maître chocolatier classe 1980 è, fino ad ora, l'unico italiano ad essersi aggiudicato il World Chocolate Masters (nel 2013). Cresciuto alla Pasticceria Martesana, oggi lavora fianco a fianco della famiglia Cerea del gruppo Da Vittorio, creando prodotti di cioccolato unici, portatori dei concetti che hanno reso famosa la produzione di Comaschi: alta qualità, equilibrio di sapori e massima attenzione alla forma e al design.
Lo abbiamo incontrato proprio in uno dei tanti gioielli della famiglia Cerea, la pasticceria Cavour 1880 in Città Alta, a Bergamo, in occasione della presentazione del libro "La Signorina in dolce" di Tiziana Di Masi. Con lui abbiamo parlato della scarsa cultura del cioccolato in Italia e, in generale, del momento che sta vivendo la pasticceria, sospesa tra tradizione e nuove tendenze. Anche per Comaschi, infatti, il mondo del dolce sta attraversando una fase di trasformazione epocale. Un nuovo periodo guidato dalla ricerca di sempre maggiore leggerezza. Discorso diverso, invece, per il cioccolato, su cui serve ancora tempo e una sempre maggiore promozione.
La pasticceria Cavour 1880 di BergamoDavide Comaschi: «Sul cioccolato in Italia è tabula rasa»
Davide, che momento sta vivendo la pasticceria in Italia?
Un momento importante, di grande cambiamento. Un cambiamento che definirei quasi epocale. C'è una visione diversa della pasticceria, un tentativo di cambiare la pasticceria tradizionale, senza dimenticarsi della tradizione, ma innovandola nel gusto e nel design, con l'obiettivo di renderla più accattivante e più leggera.
Ma sarà un cambiamento immediato o ci vorrà del tempo?
Il percorso è sicuramente molto lungo, perché la cultura e la tradizione italiana, sotto questo aspetto, sono molto forti. Serve mettersi tutti insieme, lavorare nella stessa direzione, per cambiare la faccia alla pasticceria italiana.
E in questa fase, in queste tendenze, come si inserisce il cioccolato, che è la tua materia d'elezione?
Il cioccolato si inserisce in ogni ambito. Tutti i dolci più venduti al mondo lo hanno come ingrediente, perché si sposa benissimo con tutto, non soltanto a livello gastronomico, anche anche in contaminazione con altri settori. Questa è la sua carta vincente.
L'impressione però è che, almeno in Italia, ce ne sia ancora tanta di strada da fare...
Siamo davvero in alto mare. Solo adesso stiamo iniziando ad esplorare la cultura del cioccolato. Siamo, in Italia, davvero alla tabula rasa. Abbiamo fatto recentemente un evento, Chocolove, proprio per contaminare e spargere un po' di questa cultura, ma davvero non è semplice.
C'è un motivo?
Tutti pensano di conoscere il cioccolato perché lo mangiano, ma in realtà del cioccolato si conosce ben poco. Parlarsi, discuterne, sono passaggi fondamentali per far capire alle persone cosa sia il cioccolato buono. Come riconoscerlo, il lavoro che c'è dietro. Invece, fino ad oggi, parlare di cioccolato di qualità è stato un tabù.
Cosa fare allora?
Rompere questo tabù e far capire che il cioccolato andrebbe trattato in un certo modo. Andrebbe degustato, come si fa col vino, che però è 70 anni che fa cultura e lavora in questa direzione. Il risultato è evidente: tutti o quasi sanno scegliere ormai un etichetta di qualità, nessuno, invece, riesce a farlo con il cioccolato. Quando si parla di cioccolato la gente non sa nemmeno da dove partire per capire se è buono.
La carriera di Davide Comaschi
La vittoria nel 2013 del World Chocolate Masters ha sicuramente segnato la carriera di Comaschi che ancora oggi di quel momento dice: «Un'emozione incredibile, un'esperienza unica. Anche perché non ho vinto io, ma ha vinto l'Italia, che io rappresentavo. Il nostro è un mestiere unico, che può e vuole regalare emozioni». Ma non si tratta dell'unico premio raccolto negli anni dal maître chocolatier, capace di laurearsi campione italiano del cioccolato under 26 al Sigep 2006, di vincere la medaglia d'argento alla Coppa del mondo della pasticceria del Syrah di Lione nel 2011, seguita dalla vittoria del Campionato italiano del cioccolato l'anno successivo, ancora una volta a Sigep. Nel 2015 è stato poi nominato Pasticcere dell'anno. Nel 2020 ha ricevuto anche il premio di Maestro d’Arte e Mestiere.
Insomma, una carriera già lunga e ricca di soddisfazioni, partita tra le mura di casa, dove Comaschi ha conosciuto la magia della pasticceria, e formatasi prima al Capac di Milano e poi alla Pasticceria Martesana.
«Durante quegli anni entusiasmanti, ho scoperto il mio amore per il cioccolato - ha spiegato - Il cibo degli dei non era solo un dono celeste da assaggiare ed esplorare. Per me era la materia prima perfetta con cui lavorare. Come un diamante grezzo, il cioccolato mi ha permesso di modellarlo, scolpirlo, lucidarlo. Una risposta ai dubbi della mia adolescenza, dove ero combattuto tra la passione per l’arte e l’amore per la pasticceria. Con la scoperta del cioccolato, ho finalmente trovato la mia tela per esplorare appieno il mio potenziale artistico».
Dopo il lungo viaggio con Pasticceria Martesana, Comaschi ha preso il timone della Chocolate Academy di Barry Callebaut a Milano, che gli ha poi chiesto di diventare capo chef creativo. Si arriva così ai giorni nostri, con la collaborazione con la famiglia Cerea.
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