lunedì 22 luglio 2019

L’AGRICOLTURA DI MONTAGNA, UNA RISORSA PER IL TERRITORIO


L’AGRICOLTURA 
DI MONTAGNA,
UNA RISORSA 
PER IL TERRITORIO
 

Rispetto all’agricoltura forte e abbondante

 che caratterizza la pianura, c’è 
un’agricoltura di montagna complicata, 
in molti casi perfino “eroica”, che si scontra con terreni e climi difficili. Essa svolge però un ruolo strategico nella conservazione dell’ambiente e nel mantenimento dell’ecosistema, garantendo la sopravvivenza di un paesaggio rurale e la valorizzazione delle attività tradizionali.

 
E’ il caso dell’Altopiano di Asiago, il più grande acrocoro d’Italia, che si estende sulle Alpi vicentine, a nord della Provincia di Vicenza e al confine con quella di Trento. Il territorio si sviluppa per oltre 850 km quadrati, ad un’altitudine che raggiunge i 2.300 metri. La configurazione tipicamente montana, con i campi in pendenza ed il rigore climatico dovuto all’alta quota che accorcia la stagione vegetativa, influenza in modo determinante la gestione delle attività agricole. Le condizioni ostili del suolo ed in particolare le temperature rigide, che d’inverno raggiungono anche i –30° C nella Piana di Marcésina, rendono non poco complicata la coltivazione, che richiede impegno ed arduo lavoro. Lo sforzo che devono compiere gli agricoltori del posto per perpetuare la propria attività è considerevole ma è premiato dall’alto pregio di alcune eccellenze che scaturiscono da questo territorio privo di attività industriali. Si comincia ovviamente dal formaggio Asiago, passando per la patata di Rotzo, il sedano di Rubbio, per non parlare di miele e confetture.



La gestione degli alpeggi, per quel che riguarda le zone montane, ha un ruolo strategico nella conservazione della biodiversità e nel mantenimento della variabilità paesaggistica. Questo vale ancora di più per l’Altopiano di Asiago che, con le sue 87 malghe di proprietà collettiva ed una superficie totale di pascoli di ben 7.775 ettari, è il più grande comprensorio di malghe d’Europa. Quando si parla di malga non si intende solo l’edificio in cui si producono, e spesso si vendono, latte, formaggi, salumi, ma anche il pascolo, le strutture e le infrastrutture dove si pratica l’attività di alpeggio. Esse costituiscono un patrimonio economico, storico, ambientale, architettonico e, negli ultimi anni, anche turistico, che è fondamentale salvaguardare. E’ qui che, d’estate, da giugno a settembre, si possono ammirare le vacche al pascolo, con la loro andatura lenta ed i campanacci rumorosi, che nutrendosi solo di erba fresca e fiori, regalano un latte ricco, sostanzioso e profumato. Da questa materia pregiata si ricava un formaggio Asiago DOP dalle caratteristiche nutrizionali e sensoriali straordinarie.

La Denominazione di Origine Protetta è l’unico strumento legale di garanzia per il consumatore del totale rispetto del legame con il territorio, oltre che di elevati standard di qualità, in quanto codifica e certifica lungo tutta la filiera non solo la provenienza della materia prima ma anche tutte le fasi di lavorazione. Il formaggio Asiago ha adottato una menzione di “Prodotto della Montagna” a distinzione di quella parte della produzione realizzata interamente in area montana, con un’alimentazione delle bovine più restrittiva e tempi di maturazione del prodotto più lunghi. La DOP fissa un legame indissolubile, e duraturo nel tempo, tra materia prima, qualità, prodotto, tecniche, persone, tradizione e territorio, consentendo a tutto il meccanismo di funzionare e di rinnovarsi di anno in anno da tempo immemorabile. Le coltivazioni destinate alla nostra zootecnia sono l’impronta stessa del nostro territorio, in cui sono incastonate città ricche di capolavori artistici ed architettonici, paesaggistici, culturali ed ambientali, che alimentano e da cui traggono sostentamento.
Questo è il vero valore di una produzione DOP, a prescindere che sia Asiago, Gorgonzola, Parmigiano-Reggiano, Canestrato Pugliese o Vastedda del Belice. Solo la Denominazione di Origine Protetta garantisce che tutti i tasselli del mosaico siano tutelati, a partire dai pascoli e dalla scelta dell’alimentazione per il bestiame e delle materie prime, e fa in modo che nessuno di questi salga su un container e se ne vada da un giorno all’altro nell’Europa dell’Est, piuttosto che in Cina o in Nuova Zelanda.

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