martedì 23 aprile 2024

Vinitaly ha confermato la centralità del vino per il made in Italy

 

Vinitaly ha confermato la centralità del vino 

per il made in Italy

Il 56° Vinitaly ha confermato il suo successo come principale fiera del vino in Europa e ha avuto uno sguardo profondamente italiano: l'obiettivo è unire le forze e fare perno per la valorizzazione del made in Italy. L'evento ha anche offerto l'opportunità di discutere del ruolo economico del vino nel nostro Paese e ha evidenziato l'interesse per i prodotti dealcolati e per la grappa

di Giambattista Marchetto

Vinitaly conferma la centralità del vino per il made in Italy

«Vinitaly ha confermato di esser la fiera del vino in Europa e ha vinto sulle altre fiere internazionali». Potrebbero bastare queste parole del presidente del Consorzio di tutela Barbera d’Asti e Monferrato Vitaliano Maccario, in una intervista a Vinonews24, per sintetizzare il sentiment di una larga maggioranza degli operatori dopo che il 56mo Vinitaly ha chiuso i battenti. E in effetti il salone del vino e dei distillati a Verona ha saputo ancora una volta affrontare con equilibrio le difficoltà legate a un 2023 in chiaroscuro per il comparto, radunando le forze e facendosi perno per la valorizzazione del made in Italy.

In effetti, se Maccario (e con lui più di un rappresentante dei consorzi italiani) ha ragione nel restituire il polso di una fiera più tonica rispetto alla tedesca Prowein e probabilmente dai fondamentali più solidi rispetto all’emergente Wine Paris, è vero comunque che questo vale per chi guarda a Vinitaly da un punto di vista italiano. Sembra infatti che Veronafiere abbia scelto appunto di polarizzare il discorso sul vino italiano e sul mercato della penisola, concentrandosi efficacemente nella valorizzazione di una italianità che lo stesso Ministero dell'Agricoltura e della Sovranità Alimentare ha voluto sottolineare con una presenza importante. Dunque non sono mancati gli espositori internazionali e i produttori ospiti dai paesi confinanti, ma gli occhi dell’Horeca e dei buyer (nostrani e dal mondo) erano tutti per la produzione dall’Alto Adige alla Sicilia, dalla Valle d’Aosta al Carso.

Vinitaly 2024: numeri solidi, focus sul benessere

Partiamo dai numeri. Veronafiere archivia il Vinitaly 2024 con 97mila presenze, con oltre 30mila operatori esteri presenti (31% del totale) da 140 paesi. Nello specifico, gli Stati Uniti si confermano in pole position con un contingente di 3700 operatori presenti in fiera (+8% sul 2023). Seguono Germania, Uk, Cina e Canada (+6%). In aumento anche i buyer giapponesi (+15%). Bilancio positivo anche per Vinitaly Plus, la piattaforma di matching tra domanda e offerta con 20mila appuntamenti business, raddoppiati in questa edizione, e per il fuori salone Vinitaly and the city, che ha superato le 50mila degustazioni (+11%).

Vinitaly conferma la centralità del vino per il made in Italy

Vinitaly 2025, dal 6 al 9 aprile 2025

La 57^ edizione si terrà a Veronafiere dal 6 al 9 aprile 2025. «Vinitaly consolida il proprio posizionamento business - rimarca il presidente di Veronafiere Federico Bricolo - e un ruolo sempre più centrale nella promozione internazionale del vino italiano. I dati della manifestazione, unitamente al riscontro positivo delle aziende, confermano gli obiettivi industriali dell’attuale governance di Veronafiere fortemente impegnata a potenziare il brand fieristico del made in Italy enologico nel mondo. Va in questa direzione il rafforzamento della collaborazione con tutti i referenti istituzionali, oggi in prima linea con Veronafiere nel sostenere l’internazionalizzazione del settore».

Tra gli operatori stranieri, presenti a Verona anche 1200 top buyer invitati e ospitati da Veronafiere in collaborazione con Ice Agenzia. «La profilazione degli operatori è tra i nostri principali obiettivi strategici - evidenzia l’amministratore delegato di Veronafiere Maurizio Danese - Un risultato già centrato nella scorsa edizione e consolidato quest’anno anche nei confronti della domanda domestica, in particolare quella del canale Horeca».

Vinitaly 2024: la soddisfazione dei consorzi 

Il polso è buono e i primi a confermarlo sono gli espositori, le aziende e pure i Consorzi che hanno raccolto le voci dietro le quinte. «Abbiamo registrato reazioni positive - chiarisce Danese - da parte delle aziende, dei consorzi e delle collettive regionali. Una iniezione di fiducia in un momento complesso che ci vede impegnati a supportare il principale prodotto ambasciatore e apripista dell’agroalimentare del Belpaese nel mondo». In effetti i commenti sono positivi. Dal Consorzio del Brunello di Montalcino al Consorzio Roma Doc, dalla Campania Montefalco, passando per l’Oltrepò e la Maremma, i rappresentanti dei produttori presenti hanno confermato un polso vivo e l’effettiva attenzione da parte di buyer e visitatori del mondo professional.

Vinitaly conferma la centralità del vino per il made in Italy

Il consorzio Vino Chianti “assalito” al Vinitaly 2024

E d’altro canto il winebar del Consorzio Vino Chianti è stato “assalito” da winelover e operatori, servendo 18mila gli assaggi al bancone. Se l’Enoteca Regionale Emilia Romagna ha giocato il suo Vinitaly di promozione della vitivinicoltura territoriale su due temi fondamentali, ovvero l'abbinamento cibo-vino e la sostenibilità, per i due consorzi marchigiani (l’Istituto Marchigiano di Tutela vini e il Consorzio Vini Piceni) la fiera è stata l’occasione per mettere in evidenza grandi e piccole realtà che sono l’ossatura fondamentale del vigneto-Marche. Positivo anche il polso tra gli stand dei brand, dal Prosecco al Verdicchio, dalla Vernaccia di San Gimignano al Gignolino. Poi c’è anche qualche azienda che ha sofferto una scarsa attenzione allo stand, ma forse in quei casi serve un po’ di formazione su come si prepara una fiera.

Vinitaly 2024: il peso del vino sull'economia italiana

I giorni del Vinitaly sono anche l’occasione per parlare di numeri e prospettive. E mai come quest’anno gli analisti hanno cercato di raccontare il mercato 2023, ma guardando alle strategie per evidenziare (e rafforzare) il valore del comparto. La ricerca di Vinitaly-Unione Italiana Vini e Prometeia presentata nel giorno inaugurale ha l’obiettivo di «accendere un faro sul grande valore trasversale che il vino ha per il nostro Paese», sottolinea il presidente Bricolo.

I dati dello studio hanno evidenziato una produzione annua di 45,2 miliardi di euro (tra impatto diretto, indiretto e indotto), 303 mila occupati e un valore aggiunto di 17,4 miliardi di euro pari all’1,1% del Pil. Senza il vino, si evince dall’analisi, il saldo commerciale del settore agroalimentare scenderebbe del 58% (da +12,3 a +5,1 miliardi di euro nel 2023). «L’Italia senza il vino sarebbe una nazione più povera, non solo a livello culturale e ambientale, ma anche sul piano economico - ha riconosciuto in sede di presentazione il ministro Francesco Lollobrigida - in quanto il settore vinicolo è un asset strategico per l’occupazione e per l’export italiano nel mondo. Il vino è un elemento prezioso che va protetto nella sua integrità, nella qualità e il nostro compito è, al fianco degli imprenditori, quello di renderlo sempre migliore e attrattivo». 

D’altro canto i consumi evolvono. Dai dati complessivi 2023 della ricerca Circana per Vinitaly emerge la conferma che i gusti dei consumatori stanno cambiando: nella Gdo i bianchi e le bollicine sembrano essere progressivamente più graditi rispetto ai rossi. Il vino rosso fermo è calato nel 2023 del 3,9% pur rimanendo il più venduto in assoluto con 276 milioni di litri. Il vino bianco fermo scala le posizioni con 245 milioni di litri, pur perdendo l’1,6%. Questa tendenza si manifesta già da diversi anni: la quota volume del vino rosso è scesa dal 54% del 2009 al 49% del 2023; il bianco, invece, dal 40% del 2009 è salito al 45%. Cresce anche il rosato (il Cerasuolo è primo nella classifica 2023 dei vini “emergenti”) anche se è un vino con una quota di mercato modesta in Gdo. 

All’impatto economico complessivo della filiera contribuisce in modo sostanziale il turismo enologico che, se alimenta “al margine” l’economia turistica delle grandi città, può diventare fondamentale (anche al di là degli effetti strettamente economici) per molti piccoli centri e comunità rurali a vocazione vitivinicola. Nelle rilevazioni dell’Associazione Città del Vino, il turismo enologico coinvolge annualmente circa 15 milioni di persone (fra viaggiatori ed escursionisti) con budget giornalieri (124 euro) superiori del 13% a quelli del turista medio, per una spesa complessiva di 2,6 miliardi di euro.

Vinitaly 2024: dealcolati, un nodo italiano 

L’edizione numero 56 di Vinitaly è stata anche l’occasione per un confronto (talvolta per interposta ricerca o interposto convegno) sul tema delicato dei vini dealcolati. Se il ministro Lollobrigida ha lanciato strali contro i processi di dealcolazione, colpevoli di svalutare il vino mentre gli espianti sarebbero la vera risposta per valorizzare la qualità, gli operatori suggeriscono un approccio più laico. L’Osservatorio Federvini (curato da Nomisma e TradeLab) ha dedicato un approfondimento a trend internazionali come quello del consumo dei vini senza alcol o con un ridotto contenuto alcolico.

Vinitaly conferma la centralità del vino per il made in Italy

Vinitaly 2024, i dealcolati sono un nodo italiano

Guardando al mercato statunitense, tradizionalmente dinamico e pioniere di nuove tendenze, nel 2024 si assiste a una crescita sensibile dei dealcolati rispetto a due anni fa (+16% a volumi e +52% a valori nel canale off-premise) in un contesto in cui nell’ultimo decennio si è ridotto il consumo di birra (dall’81% al 70% del totale), sono cresciuti gli spirits (dal 6% al 10%) ed è triplicato l’acquisto dei prodotti ready to drink (dal 3% al 9%). Discorso diverso invece per i vini low alcohol (fino a 10 gradi), che negli USA segnano una flessione nell’ultimo biennio (-15% i fermi e -18% i frizzanti a volumi) sebbene rappresentino un giro di affari superiore ai 2 miliardi di euro all’anno. 

D’altro canto al momento la produzione di vini dealcolati oggi non è permessa in Italia, eppure molto vino italiano viene utilizzato - da filiere non italiane - per la dealcolazione e dunque un pezzo di valore aggiunto esce dalla filiera del made in Italy. Anche per questo Unione Italiana Vini ha lanciato un messaggio chiaro. «I vini dealcolati sono un’opportunità di mercato che le cantine intendono intercettare – dichiara il presidente Uiv Lamberto Frescobaldi - per questo chiediamo una disciplina fiscale ad hoc nel testo unico delle accise”. Infatti, stando alla bozza del decreto del Masaf, il processo di dealcolazione risulterebbe autorizzato esclusivamente presso stabilimenti dotati di licenza di deposito fiscale per la produzione di alcol, che oggi le cantine non hanno. Il sistema-vino italiano sembra dunque sempre più interessato ad assorbire anche questo segmento di produzione, ponendolo - perché no - sotto il cappello della tutela e della qualità.

Vinitaly 2024: il rilancio della grappa

Vinitaly è anche il salone dei distillati ed è stato l’occasione per una riflessione sul rilancio dello spirito autoctono per eccellenza, ovvero la grappa. Grazie alla riforma europea delle IG e al recente decreto sul riconoscimento dei consorzi di tutela delle bevande spiritose, queste ultime possono usufruire delle stesse prerogative di cui godono i vini e gli altri prodotti alimentari. E soprattutto possono affrontare i mercati esteri usufruendo della tutela e della promozione che solo un consorzio riconosciuto può garantire.

«Il regolamento non può rappresentare un punto di arrivo - chiarisce l’europarlamentare Paolo De Castro, che ci ha lavorato - ma deve diventare la piattaforma da cui partire per dare slancio a una nuova fase di sviluppo delle filiere a Indicazione Geografica, ormai passate dall’essere una questione di pochi stati membri al rappresentare un vero patrimonio economico e politico, oltre che culturale e sociale a livello europeo, di cui territori e regioni sono senza dubbio protagonisti». Con il Regolamento Europeo del 2008 è stato riconosciuto lo status di Indicazione Geografica per alcune bevande spiritose.

Vinitaly conferma la centralità del vino per il made in Italy

Il rilancio della grappa al Vinitaly

«L’Italia ha avuto questo riconoscimento per ben 37 prodotti, tra i quali 10 sono rappresentati dalla Grappa e dalle grappe regionali», sottolinea Cesare Mazzetti di AssoDistil, mentre il presidente del nuovo Consorzio Nazionale Grappa Nuccio Caffo sottolinea le opportunità di una più forte valorizzazione all’estero. «La Grappa – dice l’imprenditore calabrese - rappresenta una peculiarità nel mondo delle bevande spiritose, essendo esclusivamente italiana e in perfetta armonia con le politiche europee di sostenibilità. La sua produzione, ottenuta dalla distillazione delle vinacce, principale sottoprodotto della produzione del vino, si inserisce in un ciclo produttivo che promuove la sostenibilità del settore vitivinicolo.

Diventa così il “distillato sostenibile” per eccellenza, un orgoglio per il nostro Paese e un esempio di qualità da promuovere e far conoscere sempre di più a livello internazionale». Secondo i dati elaborati da Nomisma, nel 2023 le vendite del distillato nazionale hanno registrato un +1,1% in valore e un +0,4% in volume rispetto all’anno precedente, cui si accompagna una crescita complessiva dei prezzi pari allo 0,7%. Considerando le esportazioni verso i principali mercati esteri, si sono registrate contrazioni rispetto al 2022 pari al -9% in valore e -8% in volume, ma nel prossimo futuro si attende un lieve rimbalzo del mercato sia per i consumi interni sia per l’export.

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