lunedì 5 ottobre 2020

Saline di Sicciole il clima nemico

 Saline di Sicciole 

il clima nemico 


Quantità e qualità sono in simbiosi con l’andamento della situazione meteo e dei cambiamenti

climatici, mentre un altro problema serio è l’innalzamento del livello del mare... La troppa

pioggia caduta a giugno ha provocato ritardi nella raccolta del sale 


Con un mese di ritardo, diverse incognite e il timore di assistere a una delle annate più magre dei tempi recenti. Non possono essere soddisfatti gli addetti alla raccolta dell’“oro bianco” nei bacini di Lera nelle Saline di Sicciole. Oltre a una serie di cause contingenti, hanno inciso sui risultati i cambiamenti climatici che si sono evidenziati nel corso di giugno, un mese più freddo e piovoso rispetto a quanto si era abituati negli ultimi anni, con caldi anche a livelli estremi, vanificando le buone aspettative di inizio stagione, quando tra aprile e maggio le condizioni meteo lasciavano ben sperare. Poi, invece di tanto sole e vento, è arrivata

abbondante pioggia. Klavdij Godnič, responsabile della struttura piranese, ha dichiarato

all’agenzia di stampa slovena Sta che la raccolta ha dovuto attendere, accorciando, di

conseguenza, la stagione. Per quanto riguarda la quantità di sale prodotto “molto dipenderà

dal meteo di fine di luglio e agosto”. Godnič ha puntualizzato che anche in passato la

produzione non era stata sufficiente, e a coprire i danni ci aveva pensato non lo Stato – che

non ha fornito gli aiuti attesi –, ma o fondi europei, sui quali le Saline di Sicciole hanno

potuto contare e che hanno permesso di costruire delle protezioni contro l’acqua alta,

responsabile della devastazione dei campi nel 2010.

Godnič ha messo in risalto l’importanza dei cambiamenti climatici, fattore da non

sottovalutare e da tenere sembre in considerazione per gli effetti che possono avere sulla

produzione. Ma non è l’unico problema a cui devono far fronte. C’è da considerare, infatti,

che il livello del mare è in costante aumento per effetto dello scioglimento dei ghiacci, che

incide anche sulla salinità delle acque. In quanto al livello del mare, questo è particolarmente

evidente negli ultimi sessant’anni, quando le maree sono diventate sempre più alte. D’altra

parte, i fenomeni meteo come le precipitazioni aumentano d’intensità e frequenza, con una

quantità di precipitazioni superiore alla media dei decenni precedenti. Poiché le saline sono un

sistema chiuso, entrambe i fenomeni contribuiscono al flusso al loro interno di una quantità

sempre più importante di acqua dolce, che danneggia la flora e la fauna locali e accorcia la

stagione di produzione del sale.

E a giugno il tempo instabile e le precipitazioni hanno portato fino a 22 centimetri di acqua

dolce nei singoli bacini saliferi, precisa Dario Sau, responsabile della produzione. Finora sono

state prodotte da 350 a 400 tonnellate di sale, un decimo della resa media. Una stagione

considerata mediamente buona porta alla raccolta di 2.500 a 2.700 tonnellate di sale. Lo

scorso anno i salinai sono riusciti a raccogliere solo 1300 tonnellate di sale e 15 tonnellate di

fior di sale.


Nelle Saline di Sicciole e in quelle di Strugnano producono diversi tipi di sale: il “primo sale”,

quello tradizionale e quello di Pirano, che si differenziano tra loro per il periodo di raccolta,

per la concentrazione della salamoia all’atto della cristallizzazione e con ciò per il contenuto

di cloruro di sodio e di altri minerali. Il “fior di sale”, o “afioreto”, affiora sulla superficie

dell’acqua madre, o salamoia, ed è formato da cristalli che compongono la caratteristica

struttura piramidale volta verso il basso che crea una sottile e fragile crosta. Il fior di sale può

cristallizzarsi in tutta l’area di cristallizzazione, ma quello di qualità superiore si forma nelle

zone in cui l’acqua madre presenta una maggiore concentrazione di sale. La colorazione

dell’afioreto va dal bianco al rosa pallido. Minori sono le dimensioni dei cristalli che lo

formano, maggiore è la sua qualità. Si differenzia dagli altri tipi di sale per la sua sofficità e

finezza. Il fior di sale può essere sminuzzato tra le dita.


Oggi il ruolo economico delle saline è subordinato a quello della tutela dell’ambiente e a

quello culturale, poiché il sale raccolto rappresenta una leccornia per palati esigenti, e inoltre

la conservazione delle consuetudini dei salinai sostiene la consapevolezza dell’esistenza del

patrimonio culturale. Le saline forniscono asilo a rare o particolari specie animali e vegetali e

costituiscono al contempo per l’uomo una riserva ambientale preziosa e il ricordo di un ricco

patrimonio culturale ambientale mediterraneo, che purtroppo si sta lentamente estinguendo.

Il sale viene prodotto nei campi saliferi, che comprendono le vasche d’evaporazione e quelle

di cristallizzazione. L’acqua di mare convoglia dalle vasche d’evaporazione a quelle di

cristallizzazione in caduta libera o con l’ausilio di pompe, che a Fontanigge venivano azionate

dal vento, mentre a Lera gli austriaci introdussero un secolo fa il procedimento di

convogliamento supportato da pompe a motore. I bacini di cristallizzazione rappresentano

circa un quinto di tutte le vasche esistenti, e in essi si forma definitivamente il sale, dopo che

l’acqua di mare vi viene convogliata attraverso le vasche d’evaporazione. I salinai coltivano

nei fondi di cristallizzazione la “petola”, che è uno strato di alcuni millimetri, composto da

alghe, sadra e minerali, che impedisce il contatto tra il sale ed il fango. A Sicciole si utilizzano

metodi e attrezzi tradizionali, come i “gaveri”, rastrelli di legno utilizzati per ammucchiare il

sale, per poi immagazzinato in appositi magazzini. Carriole di legno con la ruota a rullo, ai

piedi zoccoli a pianta larga (“tanperini” o “taperini”), per non sprofondare nel sale, i “gaveri”

e i cucchiaioni, che servivano per la pulitura e lo spurgo delle vasche, erano gli strumenti dei

circa duemila braccianti che le Saline vedevano impegnati nei mesi estivi durante la raccolta.

Situate nella valle del fiume Dragogna, la prima citazione delle Saline di Sicciole – che erano

note fin dai tempi degli antichi romani – risale al 1139. Da allora e fino alla fine degli anni

’60 del XX secolo sono state sempre attive, fornendo il sale ai monopoli della Serenissima,

dell’Impero austro-ungarico e poi anche dell’Italia e della Jugoslavia. La superficie totale

ammonta a circa 850 ettari, compresi fra i canali di San Bortolo (Lera) e Sant’Odorico

(Libadore), detto anche “Fontanigge”. Il Fiume Grande, che in realtà è il Dragogna, e il

Canale di Mezzo completano le canalizzazioni, ora in parte interrate. La denominazione di

“Fontanigge” designava tutto il comprensorio delle saline (Valle Salifera), accanto alle quali

esisteva, anche una miniera, dalla quale si estraeva carbone.

La zona di Lera è caratterizzata da habitat animali e vegetali delimitati dalla diversa salinità

dei campi saliferi, dai canali e dagli argini delle saline. La zona di Fontanigge, invece, si

distingue per una maggiore varietà di habitat, quali canneti, praterie salate, vasche asciutte

brulle o parzialmente ricoperte da vegetazione, isolette nelle vasche allagate, zone paludose e

tipologie diverse di habitat lungo le sponde. Anche i ruderi delle case dei salinai sono invitanti

per alcune specie. La zona di Fontanigge è delimitata da schiere di arbusti e da prati secchi e

umidi di origine carsica, mentre gli argini marini ad ovest sono lambiti dal mare, la cui

profondita è esigua. Sul terreno salato delle saline crescono numerose piante alofite, che

sopportano o addirittura necessitano di una marcata concentrazione salina. Queste piante si

trovano sovente alla foce dei fiumi e dei torrenti e nelle saline.

Nella zona di Lera le alofite sono presenti soprattutto lungo i margini dei campi saliferi e nei

canali, mentre di rado i campi saliferi vengono ricoperti da agglomerati di salicornia. Nella

zona di Lera, botanicamente più interessante, crescono invece vere e proprie praterie di

alofite, tra le quali prevale la salicornia fruticosa, con presenze importanti di atriplice

portulacoide e di limonio. I margini delle vecchie vasche e i canali sono ricoperti dal

santonego, varietà di assenzio. Accanto ai canali, si trovano singoli cespugli di salicornia

fruticosa e suaeda marittima, mentre le sponde dei canali sono ricoperte dall’inula marina. Le

alofite dispongono di regola di foglie e fusto legnosi, poiché soffrono la siccità essendo

l’acqua dolce non raggiungibile. La pianta alofita più attraente è il limonio, dai minuscoli fiori

viola e dalle ghiandole simili a lacrime sulle foglie. Si tratta di una pianta erbacea perenne


della famiglia delle Plumbaginaceae ed è volgarmente conosciuta anche come statice, limonio

o fiore di carta e comprende molteplici varietà.

Nelle Saline di Sicciole è stata registrata la presenza di 272 specie avicole. L’area rappresenta

una distesa acquea di cospicua entità, che gli uccelli migratori utilizzano come area di sosta o

come luogo per svernare. Quando in Istria, e anche nel resto del Mediterraneo, s’iniziarono a

restringere le superfici di questo genere a causa dell’urbanizzazione, le saline acquisirono

l’importanza odierna quali siti ornitologici. Un ruolo preponderante in questo processo lo ha

ricoperto l’abbandono della produzione del sale nel settore meridionale delle saline, senza

però rinunciare alla manutenzione degli argini e alla regolazione del livello dell’acqua, che ha

permesso di instaurare habitat diversi. Un apporto è stato fornito anche dalla forza della

natura, che ha formato un insieme di ambienti simili, ma sufficientemente diversi tra loro, nei

quali si sono insediati uccelli dalle differenti abitudini alimentari e di nidificazione. L’acqua

marina, che s’insinua profondamente nella terraferma lungo i canali, apporta molto

nutrimento, che può essere consumato dagli uccelli nell’acqua bassa delle vasche salifere

abbandonate.

Nonostante la loro importanza, gli uccelli non sono gli unici abitanti delle saline, nei cui

habitat vivono numerosi animali minori, sulla terraferma e nell’acqua, molti dei quali sono

presenti in Slovenia unicamente in questo sito. Passeggiando nel Parco naturale osserviamo

cigni reali, esemplari di oca lombardella e oca selvatica, germano reale, mestolone, gli

smerghi minori e la volpoca. È ricca anche la presenza sulla terraferma tra ape nana,

dimorphopterus, volpe, topo selvatico, acrida ungarica mediterranea, vespa scavatrice, vespa

vasaio, cicala aracnidiforme, lucertola campestre, lepri, salda, ape minatrice, caprioli e biacco

(un serpente non velenoso frequente nelle campagne e nei giardini, sia in terreni rocciosi,

secchi e soleggiati, sia in luoghi più umidi come le praterie e le rive dei fiumi o zone

paludose).

Le Saline di Sicciole oggi fanno parte di un affascinante Parco Naturale, che comprende il

Museo delle Saline, un comprensorio, di rara bellezza: consta di due antiche case di salinari,

restaurate e contenenti una collezione di attrezzi ed arredi di uso quotidiano. Negli adiacenti

bacini di evaporazione e di cristallizzazione del sale, durante i mesi estivi i visitatori possono

assistere alla produzione e alla raccolta del sale. Nell’ambito della Convenzione di Ramsar

(ufficialmente Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale), dal 1971 sono

protette dall’Unesco, perché le specie che ospitano sono a rischio estinzione, lo stesso

ambiente è esposto al degrado ecologico e meritevole di attenta conservazione. L’obiettivo è

ora riuscire a inserire le Saline di Sicciole e il parco naturale nella lista dei siti a tutela

Unesco. Attualmente a Sicciole si lavora in 26 bacini saliferi, dei 55 totali presenti. Gli altri

sono inattivi perché non ci sono i mezzi necessari per procedere con gli interventi di

ripristino. PANORAMA EDIT

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