lunedì 2 maggio 2022

SALE ALIMENTARE. LA UE PUNTA SUL BIO

 SALE ALIMENTARE. LA UE PUNTA SUL BIO 

MA CON TANTI DUBBI. 

SALE ALIMENTARE MARINO 


E SALGEMMA DEVONO 

FARE CAPO ALLO STESSO MINISTERO

PER CEVES-UNI: SALE ALIMENTARE ITALIANO IL MIGLIORE ORGANOLETTICAMENTE ANCHE SE NON COLORATO E SENZA APPEAL NEL PIATTO. 
IL SALE DOP PER I CIBI DOP AVVALORA LO STILE E LA CULTURA TRICOLORE A TAVOLA    

 

Il sale
alimentare diventa Bio? Da anni gli esperti del Grex dell’Unione Europea  stanno discutendo. Coinvolti diversi commissari UE. Ma c’è bisogno di una norma sul sale Bio? Certo il sale è usato per molti scopi, dalla chimica industriale al condimento a tavola. Il  sale alimentare è ottenuto solo da due processi: la essicazione dell’acqua del mare in zone o ambiti particolarmente ricchi di iodio e sodio (di solito antichi golfi o insenature marine o ex laghi oggi in deserti) con correnti calde e fredde oppure la escavazione mineraria sotto terra della salgemma, il sale di antico deposito nella roccia. 

Ebbene il primo è considerato per legge una produzione “agricola” la seconda una produzione “industriale” e questo comporta non solo due separati vertici politici, ma anche valori, luoghi, modelli, strategie diverse che si concretizzano in concessioni pubbliche a privati o privati proprietari. Il sale alimentare marino è un prodotto “fresco” perché ottenuto da un processo quasi immediato di alcuni mesi, il sale di miniera o salgemma usato in cucina, a tavola, nella conservazione dei cibi anche di enorme pregio (come Grana Padano o Culatello o Coppa) è invece un prodotto escavato già finito perché può avere depositato nello stesso luogo da 6 o 10 milioni di anni. 

Entrambi però sono frutto di una azione naturale: quello ottenuto dal mare necessita di una azione diretta maggiore dell’uomo, quello di miniera è più tecnologico meccanico. Entrambi però hanno la stessa matrice: l’acqua salmastra giovane o vecchia del mare attuale o di un mare antico. Perché allora considerali due prodotti diversi facenti capo a leggi differenti

 

Questo emerge ancor più come discrasia assurda proprio in occasione di chi, forse in modo speculativo e anche di sleale concorrenza (quanto la UE ha battuto su questo tasto per decenni sul latte, la carne, i formaggi…), sta spingendo sull’emanazione di una norma UE, quindi di massimo valore e respiro, che identifichi e classifichi il “sale alimentare bio”. Lodevole l’iniziativa se la stessa fosse equiparata e rientrante nella forma e sostanza che spingono a creare Dop e Igp. Sicuramente iniziativa non chiara quando non si affronta il tema delle Dop, Igp o Stg europee e si interviene a piedi giunti con la proposta di una norma europea calata dall’alto sulla identificazione  del “sale bio” considerando tale solo quello ottenuto dalle lavorazione ed essicazione della acqua marina e non quello di salgemma. Quest’ultimo addirittura ha caratteristiche tecniche biologiche più elevate, essendo un prodotto stagionato in una “cassaforte” naturale  molto più antica e consolidata nel tempo.  Ma la salgemma è un minerale paragonato al petrolio e all’oro, mentre il sale marino è come un cappero di Pantelleria o un pomodorino di Pachino.

 

Come CevesUni siamo intervenuti. Una nostra ricerca approfondita del 2016-2017 ha studiato tecnicamente circa 150 etichette diverse di sale alimentare  commercializzato nel mondo, sia di origine marino (compreso quello di Islanda che di Gibuti) che quello di miniera, dalle Ande all’Himalaia, molti utilizzati a tavola, in cucina e per la conservazione di salami, pancette, sottoli, carne, verdure italiane e non tutti Dop e Igp. 

Circa la metà dei campioni erano stranieri e oltre due terzi di “ditte solo confezionatrici di prodotto sfuso e commerciali”.  Il 55% dei ristoranti stellati in Italia usano sale non marino (ad eccezione di tre etichette nazionali) proveniente dall’estero, dalla Francia al Pacifico, spesso colorati nero, blu, giallo, rosa, rossi. Molti hanno un colore derivante da sostanze organiche o minerali non sempre chiare: quello di Persia e della Cina si trova in enormi caverne antiche frequentate da animali e volatili di ogni tipo da secoli. 

Quindi sicuramente sarebbe utilissimo se il sale alimentare “di consumo umano” fosse certificato anche con un disciplinare di produzione riconosciuto dalla UE, con un regolamento che garantisca la biologia e la naturalità indipendentemente dal “luogo e tempo” di origine, ma per le caratteristiche fisiche, organolettiche, sensoriali, produttive  e non commerciali e merceologiche. Come CevesUni abbiamo chiesto che l’esempio del sale alimentare italiano di Cervia (il dolce bianco) e di Trapani Igp Nubia (l’integrale primario) abbia una direttiva unica nazionale e aperta anche ad altri sali alimentari non marini. Attualmente non c’è un un piano di controllo del Mipaaf  per il sale marino né del Mise per il sale alimentare da miniera.

 

Da qui la posizione CevesUni. Tutelare i luoghi di origine del sale alimentare made in Italy rispetto ad altre provenienze perché con caratteristiche organolettiche certificate, controllate, migliori, sane, salutari e salubri. Sostenere una cultura nell’uso misurato e corretto del sale alimentare e valorizzare e salvaguardare il binomio cibo e sale per i riconoscimenti Dop, Igp, Stg. La eventuale certificazione europea “bio” del sale alimentare deve valere per le produzioni marine e di salgemma purché  entrambe rispettose di un processo produttivo che elimini totalmente l’uso di mezzi dirompenti, di sostanze aggiunte chiarificanti, ricristallizzati, di solution mining e addensanti di origine artificiale e chimica, oltre ai coloranti di origine incerta e non salubre, da valersi per il sale marino che per il salgemma. Una discriminazione fra produzione in ambiti “protetti o parchi” rispetto ad altri si configura, per lo stesso sale naturale, una scelte sleale di speculazione concorrenziale e commerciale estranea alla valutazione organolettica, escludendo a priori le “miniere” in quanto non esiste al mondo una sola zona “sottoterra” protetta o riconosciuta tale. Le norme di conversione e di adattamento del sale alimentare “Bio” devono essere le stesse sia per il sale marino che per il salgemma, le stesse previste per tutti i prodotti bio agroalimentari. In previsione di effetti geoclimatici-ambientali, di crisi mondiale e di virus diffusi in atto e in evoluzioni, consigliano di riaprire le saline nazionali dismesse, rioffrendo lavoro e occupazione soprattutto nel sud Italia. Infine CevesUni chiede che il sale marino e il salgemma quando prodotto per “uso alimentare”  siano entrambi sotto il controllo normativo legale giuridico certificativo dello stesso Ministero delle Politiche Agricole, per competenza agroalimentare nutrizionale vigilanza.          


di Giampietro Comolli


 

             #saleitaliano ridotto (3)

         SaleItaliano

 Centro Studi Istituto Osservatorio

  Produzione Consumo Alimento

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