L’allarme dell’Onu
e della Fao: verso una crisi
alimentare mai vista
Ma nel 2023 ci sarà un problema di disponibilità di cibo. È l'allarme lanciato dal capo del Programma alimentare mondiale (World Food Program), David Beasley, alla riunione del Consiglio di Sicurezza Onu, dopo il paletto dettato da Mosca: riapriremo l'accesso ai porti ucraini se l'Occidente eliminerà le sanzioni sull'export. «La mancata apertura dei porti nella regione di Odessa - ha detto Beasley - sarà una dichiarazione di guerra alla sicurezza alimentare globale e si tradurrà in carestia, destabilizzazione e migrazione di massa in tutto il mondo».
A mettere in guardia sull'impatto a cascata della guerra in Ucraina, anche il direttore generale della Fao, QU Dongyu che ha presentato all'Onu un piano in quattro punti per trasformare i sistemi agroalimentari, per renderli più inclusivi, economicamente sostenibili e resilienti ai tanti shock che stanno affliggendo il Pianeta, oltre a produrre meglio e di più, con un minore impatto sull'ambiente. QU Dongyu ha poi puntato il dito contro l'impennata dei prezzi alimentari che a marzo hanno raggiunto il livello più alto dal 1990, mettendo in guardia sulle conseguenze del conflitto Russo-Ucraino che potrebbe esacerbare ulteriormente listini; questo perché Russia e Ucraina dominano il mercato del grano globale.
Ad oggi, ci sono ben 44 milioni di persone in 38 paesi a livelli di emergenza fame, a un passo dalla carestia, e la guerra in Ucraina sta aggiungendo una nuova dimensione spaventosa a questo quadro, ha spiegato il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres alla riunione del Consiglio di Sicurezza su crisi alimentare e conflitti: «L'invasione russa dell'Ucraina ha posto fine alle sue esportazioni di cibo - ha sottolineato - Aumenti dei prezzi fino al 30% per alimenti di base minacciano i paesi dell'Africa e del Medio Oriente, tra cui Camerun, Libia, Somalia, Sudan e Yemen».
Preoccupazione sulla sicurezza alimentare globale è stata esposta anche dal premier Mario Draghi in un'informativa al Senato. Russia e Ucraina, ha avvertito Draghi, «sono tra i principali fornitori di cereali a livello globale. Da soli, sono responsabili di più del 25% delle esportazioni globali di grano. 26 Paesi dipendono da loro per più di metà del proprio fabbisogno». Serve quindi, «una iniziativa condivisa che sblocchi i milioni di tonnellate di grano bloccati nei porti nel sud ucraina: tutte le parti in causa aprano una parentesi umanitaria per evitare uno scenario che farebbe morire milioni di persone».
In tutto questo, Mosca ha risposto all'appello del direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale David Beasly ad aprire l'accesso ai porti ucraini per garantire l'uscita del grano. La Russia, ha detto il viceministro degli esteri Andrei Rudenko, riaprirà l'accesso ai porti ucraini se l'Occidente eliminerà le sanzioni sull'export.
Mentre è sceso il raccolto mondiale del grano a 775 milioni di tonnellate. A causa del mix esplosivo tra cambiamenti climatici e guerra che ha tagliato le semine in Ucraina e fatto balzare il costo dei fertilizzanti, con effetto sulle rese produttive a livello globale, spiega la Coldiretti. «Il risultato è la diminuzione delle scorte globali di grano che dovrebbero ammontare a 267 milioni di tonnellate, in calo per il secondo anno consecutivo e al livello più basso degli ultimi sei anni».
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