domenica 10 dicembre 2017

Un futuro più «leggero» con la pillola dell’esercizio



Un futuro 
più «leggero» 
con la pillola 
dell’esercizio

 Uno studio americano indica che un farmaco in grado di inibire la miostatina,
una proteina che limita la crescita muscolare, potrebbe migliorare la salute cardiovascolare di chi soffre di obesità e non può perdere peso con dieta e attività fisica
 
Per una persona obesa dimagrire è una questione di salute. Ma questo non lo rende più facile. Anzi, spesso proprio i pazienti che ne avrebbero più bisogno non possono utilizzare la migliore terapia disponibile: l’esercizio fisico. Un’attività controindicata in presenza di disturbi cardiovascolari, problemi articolari e altre patologie che possono accompagnare l’obesità. 

Come uscire dall’impasse? Un gruppo di ricercatori del Vascular Biology Center della Augusta University sta lavorando a una soluzione: una terapia che garantisca i benefici di salute dell’attività fisica anche a chi non può farne. Una “pillola dell’esercizio” quindi, per cui hanno già identificato un possibile bersaglio: la miostatina, una proteina che ha la funzione di limitare la crescita dei muscoli scheletrici. Il loro lavoro è ancora nelle fasi iniziali di sviluppo, ma ha già dato i primi risultati incoraggianti, che sono stati presentati a Chicago durante il congresso Exprerimental Biology 2017.
La miostatina

La scelta di questa sostanza non è casuale. La miostatina infatti non è solamente un potente inibitore della crescita muscolare, ma è anche prodotta in quantità anomala nell’organismo delle persone obese. E per questo, gli obesi hanno maggiori difficoltà a mettere su massa muscolare e trarre giovamento dall’esercizio fisico. “Considerando che l’esercizio è una delle terapie più efficaci contro l’obesità – sottolinea il coordinatore dello studio Joshua Butcher – questo produce un circolo vizioso, che intrappola i pazienti nella loro obesità”. Cosa succederebbe però se fosse possibile “spegnere” la produzione di miostatina?
Lo studio
Per scoprirlo i ricercatori hanno ideato un esperimento, sfruttando un ceppo di topi predisposti a diventare obesi da un malfunzionamento dei recettori per la leptina, il cosiddetto ormone della sazietà. In alcuni degli animali hanno disattivato a livello genetico la produzione di miostatina, per poi monitorare, una volta cresciuti fino all’età adulta, il loro peso e una serie di parametri collegati a rischio cardiovascolare e disturbi renali. I risultati sono quindi stati messi a confronto con quelli di topi obesi con livelli normali di miostatina nell’organismo, e con quelli di roditori magri. Ed è a questo punto che l’esperimento si è fatto interessante: i topi privi di miostatina sono infatti diventati obesi, ma sul piano della salute (renale e cardiovascolare) i loro esami sono risultati uguali a quelli dei topi normopeso. In quelli che presentavano livelli normali della proteina, invece, sono emersi i tipici segni di rischio cardiovascolare e renale che accompagnano l’obesità.

I risultati sono senz’altro interessanti, anche se il possibile ruolo terapeutico degli inibitori della miostatina si studia ormai da tempo. La vera novità è che l’assenza di questa sostanza nello studio ha mostrato degli effetti benefici anche prima di indurre il dimagrimento: se pur obesi i topi privi di miostatina hanno meno rischi cardiovascolari e renali. E questo apre le porte a un possibile utilizzo su pazienti che non possono praticare attività fisica a causa di problemi articolari o altre patologie concomitanti.
Il farmaco del futuro

Un utilizzo, però, che appare ancora estremamente lontano: oggi non esistono farmaci in commercio in grado di inibire la produzione di miostatina e i risultati su topi, se pur interessanti, si possono trasferire solo fino a un certo punto sull’uomo. La ricerca di una pillola contro l’obesità comunque è in pieno svolgimento: con oltre due miliardi tra obesi e sovrappeso nel mondo, d’altronde, una cura realmente efficace e priva di effetti collaterali si rivelerebbe un’autentica miniera d’oro. In attesa della sua scoperta però, a parte dieta, esercizio e chirurgia, di terapie ce ne sono ben poche. I farmaci disponibili sono cinque in America e solamente due in Europa, e sulla loro efficacia non c’è grande ottimismo tra gli esperti. Per ora l’unica vera terapia è la chirurgia, non a caso molte linee di ricerca di farmaci contro l’obesità puntano proprio a riprodurre gli effetti ormonali della chirurgia bariatrica.

L’efficacia degli interventi chirurgici non è legata infatti solamente alla riduzione di volume dello stomaco. Quello che si è scoperto, quasi per caso, è che l’intervento modifica l’azione degli ormoni che segnalano al cervello quando è il momento di mangiare, e quello che si prova a fare oggi è riprodurre questo effetto utilizzando dei farmaci. Si tratta di ricerche in corso e che potrebbero dare risultati già nei prossimi 5-10 anni. D’altronde il vero problema è che oggi per chi non può sottoporsi all’intervento chirurgico non ci sono terapie realmente efficaci. In questo senso l’approccio suggerito dallo studio sulla miostatina potrebbe rivelarsi particolarmente interessante: una pillola che diminuisce il rischio cardiovascolare e aumenta la massa muscolare sarebbe preziosa per gli obesi di livello intermedio, che potrebbero avere più facilità a praticare attività fisica, e per gli anziani che insieme all’obesità presentano anche sarcopenia, cioè una riduzione netta della massa magra.
Speriamo bene, sarebbe un valido aiuto per la salute di tutte quelle persone che realmente per ulteriori complicanze fisiche non riescono a perdere peso.

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