domenica 24 febbraio 2019

SALE. APPELLO AL GOVERNO E AL DEMANIO: non svendiamo il sale italiano


SALE. APPELLO 
AL GOVERNO 
E AL DEMANIO:
 
non svendiamo 
il sale italiano 
come lo zucchero 
italiano





il sale è come l’acqua potabile. Una proprietà pubblica collettiva da difendere e tutelare. Niente monopoli, ma fare strategia e sistema deve essere un nuovo impegno nazionale.

Senza entrare nel merito di situazioni e problemi imprenditoriali e di gestione delle concessioni (anche se l’assegnazione degli usi e le destinazioni a terzi, la contrattualistica e i bilanci sono pur sempre una componente di organizzazione e di scelte di impresa collegate alle strategie e necessità del territorio, come molti Sindaci insegnano) che sono stati evidenziati dalla stampa locale e nazionale negli ultimi anni,  è evidente che anche il Demanio e lo Stato, come unici proprietari, devono essere in primis coinvolti nella nuova visione di un #saleitaliano. Per questo Ministeri dello Sviluppo Economico e della Agricoltura Pesca Alimentazione, ma anche quello dei Trasporti e Navigazione devono essere i primi interlocutori ed essere i primi a volere una valorizzazione del bene indivisibile e inalienabile da parte dello Stato.  In quanto proprietario ci sono diritti e dovere da evidenziare, sostenere ma anche farsi carico. 

Poi è l’impresa o le imprese private, senza oligopoli e monopoli, senza problemi di concorrenza e di trust, che devono essere innovative e proiettate non solo al famigerato business e reddito. “Oggetto della concessione governativa è l’estrazione del primordiale bene naturale, il sale,  fondamentale per destinazioni industriali, artigianali ed alimentari. Il Demanio è proprietario, imprese private sono gestori autorizzati, ma la assenza da anni di un piano industriale nazionale,  non ha  colto l’importanza distrettuale e integrato del sale per offrire opportunità, nuovi posti e imprese, diversificazione  facendo squadra e sistema. Le saline sono viste molto come prodotto da raccogliere e commercializzare per volumi, quantità, spesso con una filiera di vendita lunga con molti rincari, spesso eliminabili. Poi ci sono eccezioni e localmente è successo qualcosa e ci sono delle azioni condivise di valorizzazione territoriale. Ma occorre un cambio di passo. Il Governo può fare molto con Regioni e comuni”

Quindi la concessione del bene “salina” deve andare di pari passo con una integrazione e norma che sviluppi la risorsa a favore del distretto produttivo, dove risiedono i lavoratori, diventando una vera destinazione diffusa e integrata del turismo regionale. Ben venga implementare i musei già esistenti, ampliandoli e migliorandoli presentando piani di finanziamento direttamente in Europa. La UE su settori ambiente, mare, coesione sociale, mecenatismo, partecipanza …ha grandi fondi disponibili che l’Italia negli ultimi 15 anni non ha mai sfruttato fino in fondo: non si arriva al 60% di quello che potremmo ottenere senza alcun sforzo perché già assegnato, basta avere progetti concreti, obiettivi precisi e un po’ di investimento diretto. Basta fare un progetto concreto di sviluppo, magari coinvolgendo anche altre “saline” di mare o di roccia di altri paesi, come quelle sulla costa orientale dell’Adriatico, oppure rispolverando e ridando vigore e pregio alle prime saline “Fenicie” del mediterraneo orientale, come quelle dell’isola di Cipro o quella antichissima di Almyros in Grecia (1500 anni a. C.) nel golfo di Tessaglia, detta terra Magnesia…il tutto collegate con le sempre antiche origini fenicie delle saline storiche di Paceco e Nubia a Trapani già Presidio SF e unico sale Igp. 


Il Demanio e lo Stato Italiano possiedono un gioiello unico in tutta Europa che deve essere difeso con i denti e valorizzato al massimo, sia da solo che in un gruppo di eccellenze alimentari, sanitarie e da cucina di Sicilia e di Sardegna. In particolare, la salina di mare di Margherita di Savoia, affacciata al golfo di Manfredonia con sfondo il Gargano, avente una sua Riserva Parco già attiva, un sito termale spa-benessere molto importante,  un museo da aprire ancor più al mondo, diversità tipologiche di sali naturali, un retroterra produttivo del tavoliere dell’alto salentino ricco di enogastronomia e di storia anche d’Italia, senza dimenticare il valore dei porti turistici del basso Adriatico e tutta la flotta di pescherecci in grado di pescare il miglior presce….. rappresenta una forte e consolidata, pronta alla innovazione e allo sviluppo, realtà su cui impiantare il sistema e il modello del nuovo #saleitaliano.  Un sistema Sale-Terme-Parco che è strettamente collegato a un governo diverso dei  “fermo-pesca”. Un sistema integrato e diffuso su un territorio-littoraneo di circa 20.000 ettari in grado di unire i 4000 ettari della zona Sic-Zps delle saline, con i 500 ettari di vasche evaporanti e salanti (le più grandi d’Europa) con le filiere enogastronomiche, enoturistiche e agroalimentari di uno dei distretti più biodiversi d’Italia. Per il PaeseItalia è soprattutto una questione di opportunità, di scelte strategiche, di affermazione del made in Italy anche per una commodity che può diventare un altro gioiello Igp, Dop, Presidio, Stg che arricchisce il già ricco patrimonio del BelPaese. 
 “Un patrimonio nazionale  che può avere sbocchi, interessi, creare imprese nel mondo della cosmesi, della medicina, dei coadiuvanti, della sanificazione e della conservazione dei cibi, oltre che al normale ma di alto valore aggiunto e pregio nei ristoranti stellati e più noti nel mondo. Oggi uno spazio occupato da imprese londinesi con il sale Maldon o himalaiane con il sale rosa.

Senza il sale marino non avremmo storie di arte culinaria da raccontare come quella dello stoccafisso, della saracca, del carpione, del baccalà, delle acciughe e senza il sale di terra o salgemma come quello prodotto a Volterra o a Salsomaggiore non avremmo il culatello di Zibello, 
il Parmigiano, il lardo di Colonnata, la coppa di Piacenza, il Grana Padano, la carne seccata e tutti le conserve in salamoia, come olive, pomodori, cetrioli, cipolle. 
Tutti alimenti che per il contatto o il contenuto di iodio, magnesio, sodio, potassio, zolfo nelle giuste quantità diventano salutari, coadiuvanti terapeutici, esponenti importanti nella dieta mediterranea riconosciuta dall’Unesco come patrimonio indissolubile del mondo. Per questo il sale non deve essere trattato come una commodity, ma come una componente alimentare, salutistica, farmaceutica, omeopatica, ma  nelle giusta misura, dose e formula”.  
Questo è l’aspetto più positivo che potrebbe tornare molto utile per una nuova impostazione di tutto il sistema delle concessioni e della gestione di una salina, ma con una nuova visione, in cui determinati beni strategici per il BelPaese (NB: tutto quello che è agroalimentare-enogastronomia dovrebbe essere strategico per l’Italia!) non dovrebbero essere alienati o ceduti con facilità, attraverso modelli finanziari, solo di interesse al business privato o a fare cassa, se vendibili. Una concessione di una proprietà pubblica, cioè una proprietà collettiva degli italiani, è come vendere un pezzo d’Italia anche temporaneamente. Il mass market del sale fa bilancio ma è marginale rispetto al valore aggiunto e ai benefici sociali ed economici che possono nascere nel Sud Italia, senza assistenzialismo ma con sviluppo imprenditoriale, grazie a un grande piano strategico imprenditoriale di Distretto Produttivo che ruota a 360° attorno al brand “SaleSudItaly”. Su questo CEVES sta lavorando da più di un anno analizzando e degustando circa 300 Sali diversi provenienti da tutti i paesi del mondo, estratti o commercializzati. A fine 2019 saranno disponibili i risultati tecnici.  

Giampietro Comolli 
 (Presidente Centro Studi Ricerca Distretti Cibo Vino = CEVES)

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