Dazi Usa, lettera aperta a Trump: venga in Italia e riscopra la felicità
Con l'introduzione dei dazi sui prodotti europei (vino in primis), il presidente degli Stati Uniti mette a rischio decenni di amicizia e, più in generale, la felicità di tutti noi. Tra riflessioni storiche, geopolitiche ed economiche, ecco le conseguenze delle nuove tariffe, il loro impatto sul mercato e un favore paradossale ai produttori italiani
Illustre Potus, good morning. Ella ha denominato il giorno 2 aprile, giorno che a Suo dire passerà alla storia (esse minuscola o esse maiuscola?), come il giorno della liberazione (elle minuscola o elle maiuscola?). A quanto pare, illustre Potus (president of the United States, cioè presidente degli Stati Uniti, ndr), Lei si accontenta di poco. Per noi italiani il Giorno della Liberazione è cosa alquanto differente. Cade tra pochi giorni, il 25 aprile, e quest’anno, pensi, sono proprio 80 anni dalla Liberazione. I nostri nonni (per le giovani generazioni dobbiamo dire “bisnonni”) ci liberarono dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista. Come Lei sa o dovrebbe sapere, il Vostro concorso fu determinante. Da allora si è cementata tra i nostri Paesi una solida e proficua alleanza. Non è che adesso arriva Lei e ce la distrugge quest’alleanza, quest’amicizia tra i due popoli?
Dazi Usa, un ostacolo ai cittadini del mondo
Chi sta avendo adesso l’ardire di scriverLe, ha vissuto nel Suo Paese per cinque mesi l’anno per quindici anni consecutivi, dall’anno 2009 all’anno 2023. Nello Stato in cui Lei volentieri dimora: il Sunshine State, la Florida. Pensi, Illustre Potus, che amici e colleghi mi dicevano che oramai, per abitudini acquisite, per modo di parlare utilizzando colorite espressioni idiomatiche e per comportamenti del vivere quotidiano, shopping nei mall incluso, stabilirono che oramai ero diventato half american!
Quante cene nelle loro belle ville. Ero l’home chef della comitiva. Se il food era made in Usa, allora il vino era italiano. Se il vino era made in Usa, allora il cibo era made in Italy. E adesso Lei che fa? Lei ostacola il perdurare di questo sentirsi cittadini del mondo e, chiamandolo addirittura giorno della liberazione (starei sulla elle minuscola, non me ne voglia) ieri comunica urbis (l’Urbe era nel caso di specie il Suo Giardino delle Rose) et orbis che tornano in vigore le gabelle, che però adesso si chiamano dazi.
Abbia bontà, illustre Potus, ma ha riflettuto sulle conseguenze? Lo so, Lei ritiene irrispettosa per il solo fatto che ardisco porgliela, la domanda. Certo, con tutti gli Uffici Studi di cui dispone, certo che sì, che ha pensato alle conseguenze. E, spero voglia darcene atto, anche qui in Europa, con i nostri Uffici Studi, si è meditato, si è profondamente riflettuto sulle conseguenze. Che si fa? Si reagisce? A dazi rispondiamo con dazi? E prima o poi a qualcuno verrà pure in mente di mettere i dazi sui dazi, le gabelle sulle gabelle. E un’azione oggi, una reazione domani, ed una reazione alla reazione dopodomani, e dove andremo a finire? Alla guerra mondiale dei dazi?
Dazi Usa, il favore ai viticoltori italiani
Qui in Italia, in scenario accentuato dall’imminenza del Vinitaly (comincia domenica prossima e dura quattro giorni) non glielo nascondo, mi sto appassionando a leggere le tante previsioni, tutte fosche, che si stanno facendo sul wine business (ma anche food business) cagionate dalla Sua decisione di imporre dazi. Vero è che i panni sporchi si lavano in famiglia, e però una considerazione, ma davvero una sola considerazione, gliela esterno, anche se Lei non è di famiglia. Dunque, la considerazione è la seguente: Lei con i Suoi dazi sta facendo un grande favore agli imprenditori vitivinicoli italiani. Un favore, altro che danno. A dirla meglio: nel termine breve il favore sarà superiore al danno. Provo a spiegarmi. Tutti gli imprenditori del comparto vitivinicolo adesso daranno la colpa ai dazi, e quindi a Lei, se il wine business si sgonfia, se cala il fatturato complessivo a caUsa del crollo dell’export in Usa, e se a fronte di questo scenario catastrofico, si sarà costretti a licenziare.
Balenare lo spauracchio dei licenziamenti è modo efficace per chiedere l’obolo alla mano pubblica che, soprattutto nel comparto del vino, qui in Italia è generosa da almeno quattro decenni. Adesso nessuno sarà costretto ad ammettere che la situazione era già tragica di per sé. Nessuno vorrà ammettere che la caduta tendenziale del consumo di vino è realtà da anni, per non dire decenni. Nessuno ammetterà che i silos delle cantine sono stracolmi di vino invenduto. Ma soprattutto, Illustre Potus, né le lobby che oracolano con i loro Uffici Stampa e i loro PR, né i singoli vitivinicoltori, riterrà più che opportuna una riflessione seria sullo stato attuale che prescinde (va detto) dalla Sua scellerata decisione del 2 aprile. Le giovani generazioni concorrono alla caduta tendenziale del consumo di vino perché non ne bevono, o comunque ne bevono meno dei loro padri e comunque preferiscono altre bevande. Il Verbo: sì, fino a ieri. Non è vero che i giovani non amano bere vino: lo bevono volentieri e non poco. Sì, il Verbo di oggi. Ma insomma? A che gioco giochiamo? A travalicare, come se non fosse già indecoroso rasentarlo, il ridicolo. Sovviene il verso di una canzone di un cantautore scomparso di recente: “dammi retta / quello che ieri era vero / non sarà vero domani”. Rubo una Vostra espressione idiomatica: “sad but true” (triste ma vero). Questa storiella delle Gen X e Z che non bevono vino e che poi, no ma non è vero, bevono vino è apparsa su autorevoli organi di stampa specializzata.
Cosa sarà questo Vinitaly che apre domenica prossima? Lei ha presente, vero, come si comportò l’orchestra del Titanic mentre il lussuoso transatlantico affondava? Continuarono a suonare fino a poco prima dell'inabissamento della nave. Intelligenti pauca! Lei è l’uomo più potente del mondo, e però, attenti a quei due (!) soprattutto quando (è un quando e non un se) nuovamente si paleseranno alleati. Lei è anche tra gli uomini più ricchi del Suo Paese. Lei, non c’è che dire, è proprio very smart.
Dazi Usa, Trump è il benvenuto in Italia
Continuerei a scriverLe, illustre Potus, perché avrei ancora tante cose da dirLe e però due motivi mi suggeriscono caldamente di interrompermi qui. Il primo motivo è che non vorrei mi si accusasse di procurato tedio. Magari nel mentre Lei ha firmato un ordine in virtù del quale il procurato tedio è diventato reato penale ed io mi ritrovo contumace all’improvviso. L’altro motivo è che il campanile, quello che guardo dalla finestra della stanza in cui sto scrivendo, ha battuto il tocco. Il tocco sta ad indicare che sono le ore 13, l’1pm. Insomma, è l’ora del pranzo. Per tacita consuetudine, al tocco si smette di fare ciò che si stava facendo e ci si trova in piazza, ai tavolini del bar. Un panino con la mortadella, un buon bicchiere di vino rosso e il piacevole conversare tra amici. Siamo borghigiani, illustre Potus. Noi sappiamo fare cose belle e buone che piacciono al mondo e le facciamo all’ombra del campanile.
Donald Trump? Venga in Italia per riscoprire la felicità
Vorrei suggerirLe la lettura della Lettera a Meneceo, scritta da Epicuro. Caso mai trovasse tempo per leggerla. E però, potrebbe essere bastevole rileggere quanto scrisse un Vostro Padre della Patria, il grande Thomas Jefferson, nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America: Life, Liberty and the pursuit of Happiness (vita, libertà e perseguimento della felicità). Tre diritti inalienabili, dice la Dichiarazione, che sono stati concessi a tutti gli esseri umani dal loro Creatore e che i governi sono stati istituiti per proteggere. The pursuit of Happiness, illustre Potus! Perché vuole privarcene? E perché, mi perdoni, se ne sta privando anche Lei? Ho saputo che il Suo Vice, colui il quale recrimina sull’aiuto che avete portato all’Europa, verrà in Italia tra poche settimane. È il benvenuto, ovviamente: hospites sacri sunt.
E Lei, illustre Potus, non sta pianificando un viaggio in Italia? Ci faccia un pensiero: venga in visita privata. Tramite ambasciata Le comunico l’indirizzo del borgo dove vivo: a mezza collina, il mare né così vicino ma neanche così lontano; un’isola dirimpettaia, un’isola che tanti suoi connazionali conoscono e adorano, se ne innamorano e ci tornano. Lei viene qui, due chiacchiere, al tocco un panino, un bicchiere di vino. E vuoi vedere che dopo avere provato l’ebrezza di essere l’uomo più potente del mondo, tra gli uomini più ricchi del Suo Paese, scopre pure che si può essere felici?
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