LA CULTURA BIO
... SI EVOLVE
Sarà vero che il consumatore si sta emancipando?
Che la cultura enogastronomica si sta evolvendo?
Che sempre di più si bada alla qualità piuttosto che al prezzo?
E che, mentre consumiamo, buttiamo un po’ di più l’occhio anche sull’ambiente?
Sembrerebbe proprio di sì. Ma chi si occupa di colture biologiche (e vede in questi ultimi tempi i fatturati aumentare in progressione geometrica) e pensa contemporaneamente all’ambiente, ha paura che sia un fuoco di paglia.
Ha paura che la grande industria alimentare (oggi in quasi tutti i supermercati crescono gli scaffali del biologico) o le multinazionali si approprino dell’“affare” e rovinino tutto; o magari che qualche “pecora nera” del biologico faccia il furbo e finisca in pasto ai media distruggendo il lavoro che da anni agricoltori onesti stanno portando avanti. Sì, perché ci vogliono anni, lavoro e soldi per produrre colture biologiche e nel contempo mantenere integro l’ambiente.
Di questo si è parlato in un convegno dal titolo “Sviluppo sostenibile: biologico e ambiente”, al quale partecipavano i grossi nomi italiani che si occupano di quel settore agricolo e dei problemi dell’imballaggio. L’argomento voleva esplorare il modo di legare e far convivere l’amore per la tradizione del territorio, gli stili alimentari e le conoscenze alle produzioni biologiche e naturali, anche se il nostro nuovo mondo è indirizzato alla vicina globalizzazione.
Giuseppe Ciaghi, del centenario Sait (sindacato agricolo industriale trentino) ha parlato del… paradosso “mucca pazza” che ha spinto la gente a considerare con più attenzione il biologico (anche se oggi di carne biologica ancora non si può parlare… perché non ne esiste ndr).
Renzo Piraccini, presidente di Almaverde Bio (azienda leader in Europa) e direttore dell’Apofruit, ha confermato che l’atteggiamento della grande distribuzione è cambiato e gli scandali di questi ultimi anni abbiano messo in evidenza i fattori di rischio presenti nel settore alimentari ma in particolare nell’area della “commodities” cioè dei prodotti anonimi.
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