Whisky, anche l'Italia può diventare protagonista?
Il 18 maggio è stato celebrato il World whisky day, una giornata dedicata alla celebrazione del distillato. Oggi vi sono almeno 14 aziende che hanno già distillato il whisky in Italia o che lo hanno in preparazione e lo stanno per rilasciare. Davide Terziotti di Whisky Club Italia, parla del momento e delle prospettive di questo distillato, nel nostro Paese
L'origine e la storia del whisky e del whiskey sono ancora quanto mai incerte. E il World Whisky Day è e potrebbe essere sempre un'occorrenza in più per approfondirla, ma soprattutto per approfondire lo stato del distillato nel mondo contemporaneo. Sabato 18 maggio si è celebrata la Giornata mondiale del whisky, che non è una baggianata come tante altre “Giornate mondiali” dedicate solo per fare qualche esempio: ai calzini spaiati, alla neve, al tennis, allo snowboard, al backup e per chiudere il 22 dicembre all'orgasmo (anche se quest'ultima lo ammettiamo ha forse un suo perché). E molti appassionati di whisky provano un piacere incommensurabile quando conquistano e stappano alcune rare bottiglie. Dedicare una giornata mondiale al whisky, quindi, ha senso eccome.
Whisky, una storia complessa e irripetibile
La storia del distillato è complessa, ma stando alla scarsa documentazione in nostro possesso, l'Irlanda potrebbe detenere il primato. La prima testimonianza che si riferisce alla distillazione del whisky (o whiskey) per ora è il “Red Book of Ossory” del 1324 che contiene una ricetta per produrre l'Aqua Vitae, ma non si trattava certamente del whisky che si è imposto successivamente. Mentre un altro famoso documento scozzese del 1494, riporta l'acquisto di “otto bolls di malto per Friar John Cor per produrre aqua vitae”. Chissà c'è persino chi sostiene che gli scozzesi abbiano appreso l'arte della distillazione dai Vichinghi.
Molti whisky sono creature viventi formidabili che nel tempo evolvono sia in botte sia in bottiglia. Questi sono i whisky più pregiati e più ambiti, che donano a volte piaceri immensi. Comunque unici, irripetibili. Perché certe bottiglie non avrai più modo di stapparle nella vita. La voce di Maria Callas non potremo mai più ascoltarla dal vivo, ma ci sono rimaste molte splendide registrazioni delle sue performances, mentre un raro Scotch single malt evapora per sempre.
Whisky, come si può degustare al meglio?
Ma ripartiamo dalle basi. Come degustare al meglio un whisky. Intanto il bicchiere. Quello più consigliato è piccolo a tulipano. Come va servito? In purezza, niente ghiaccio e niente acqua (per il momento), quindi a temperatura ambiente. L'acqua si può aggiungere dopo tre, quattro assaggi. Poche gocce, non fredde, per fare emergere ulteriori note sensoriali. Al primo olfatto l'alcol prevale, ma sbiadisce e lascia il posto poco dopo una breve roteazione del bicchiere al bouquet del whisky. Anche se il distillato supera i 50 gradi.
Come va degustato il whisky?Anche il colore può dare non poche informazioni, più carico o più scarico, ambrato, dorato, caramellato ecc., ma per giungere a conclusioni certe, bisogna essere davvero competenti. Sul colore comunque incidono molto il legno e la permanenza nel legno. Al palato, piccoli sorsi e una degustazione non affrettata, il liquido va fatto circolare entro tutta la bocca. Come un cioccolatino che non si morde ma si ciuccia.
Whisky, l'Italia avanza
Oggi vi sono almeno 14 aziende che hanno già distillato il whisky in Italia o che lo hanno in preparazione e lo stanno per rilasciare. È il fenomeno forse più recente che riguarda il whisky, prodotto da molti anni oltre che in Scozia, Irlanda e Nord America in molte altre parti del mondo.
Whisky in Italia, Terziotti: «Le prospettive sono buone»
Abbiamo chiesto a un esperto quale Davide Terziotti di Whisky Club Italia quali sono le concrete prospettive per la diffusione del distillato nostrano. «Le prospettive mi sembrano abbastanza buone - sostiene Terziotti - perché il whisky italiano comincia ad avere una sua identità. Già a partire da quello di Puni, si è cercato di dare una connotazione italiana e non di copiare pedissequamente la Scozia o l'America. Una strada è quella di impiegare cereali di montagna come ha fatto anche Villa de Varda in Trentino. E l'altra strada è l'utilizzo di botti da vino, per cui quasi tutti hanno cominciato a dare una pennellata made in Italy, vedi Poli, che utilizza le botti di Amarone per caratterizzare il suo Single Malt».
Una strada per il whisky italiano è l'utilizzo di botti di vinoIl grande competitor straniero è forse il Giappone, che è sul mercato da molto più tempo e ha una grande attrattiva.
«Ma ci sono anche altri Paesi quali la Francia, Taiwan, l'India che hanno già la loro visibilità».
Però mi viene da pensare che ci siano due ostacoli da superare riguardo al terroir e al clima, mi riferisco principalmente ai whisky scozzesi. La purezza dell'acqua magari la ritroviamo anche in Italia…
«Dobbiamo evitare di copiare ma puntare su un prodotto unico, come fanno per esempio a Taiwan, dove si sfrutta il clima subtropicale. Da noi appunto si punta su cereali, botti e la maturazione. Per esempio Puni ha scelto di mettere parte delle botti nei bunker di cemento armato della Second guerra mondiale. Teniamo presente che la narrazione sul terroir in Scozia si è venuta un po' a perdere, perché i cereali li possono prendere un po' dappertutto, distilli su un'isola, ma il prodotto può maturare da un'altra parte».
Il punto sarà quindi puntare sulla nostra artigianalità, sulle materie prime e tutti gli aspetti del made in Italy che il mondo ci riconosce.
«Copiare e scopiazzare la Scozia non è il nostro campo, né usciamo solamente con le ossa rotte».
Insomma, nel campionato “Sei Nazioni” del Whisky gli azzurri possono fare la loro bella figura.
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