Perché l'Italia non teme se l'America si definisce capitale della pizza
di qualità
L'America si autoproclama capitale della pizza di qualità in un titolo provocatorio del New York Times, ma l'Italia difende le sue radici e il riconoscimento Unesco dell'arte del pizzaiuolo napoletano. Vero che in Usa aumenta la pizza di qualità merito di tanti giovani che spesso vengono a studiare in Italia, e in particolar modo a Napoli
Quando quel documento fondamentale che è la carta d’identità, era ancora cartaceo. Lo si lasciava sbadatamente nella tasca dei pantaloni. Passaggio in lavatrice, ma anche bucato a mano, e voilà, il documento si sbiadiva e si perdeva certezza documentale. Sovente a diventare illeggibile era il luogo di nascita! Quasi una persecuzione, ma questo tragicomico destino accompagna quel cibo libidinoso, quell’astro solare divenuto piatto, che è la pizza. In tanti, scanzonatamente oppure con sadico intento, hanno reso illeggibile, sulla carta d’identità della pizza, il luogo di nascita. Da qui la disputa e da qui, sorta di Hyde Park, chiunque dice la sua. Ognuno pare che abbia letto quella voce della carta d’identità prima che essa scolorendo diventasse illeggibile.
L'America si autoproclama patria della pizza di qualitàL’America si definisce capitale della pizza di qualità…
Gli statunitensi, con arguzia di cui gli diamo atto, non cadono nel tranello e non annunciano trionfalmente che la pizza l’hanno inventata loro. Se ne guardano bene, a nessuno piace cadere nel ridicolo! E allora cosa fanno? Azzardano postulato e il postulato, ricordiamocelo è proposizione che non si può dimostrare ma che si considera come vera in quanto base necessaria per spiegare un fatto o formulare una teoria. E bravi i born in Usa! Questo il loro postulato desunto dal titolo di un articolo del New York Times di poche settimane fa: “How America became the capital of great pizza” (“Come l’America è diventata la capitale della pizza di qualità”). Insomma, a loro dire, l’America è la capitale della pizza di qualità!
Pecoraro Scanio: «L’Italia rimane la patria indiscussa della pizza»
Sulla questione è intervenuto anche il presidente della Fondazione UniVerde e promotore della vittoriosa campagna #pizzaUnesco, Alfonso Pecoraro Scanio: «L'articolo del New York Times, con il suo titolo provocatorio, ha suscitato un certo scalpore e disappunto in Italia e tra i tanti appassionati di pizza nel mondo. È importante ricordare che, come sancito dall'Unesco, l'Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano è riconosciuta come parte del patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Questo riconoscimento sottolinea l'importanza storica e culturale della pizza e del suo legame indissolubile con l'Italia. Pur riconoscendo che l'articolo cerca di mettere in luce una rinascita delle pizzerie negli Stati Uniti, e l'interessante fenomeno delle nuove generazioni di pizzaioli che sperimentano con ingredienti e sapori diversi, non possiamo dimenticare che l'autenticità e la tradizione della pizza sono radicate in Italia. La qualità della pizza italiana, la maestria dei nostri pizzaiuoli e la ricchezza delle nostre materie prime sono ineguagliabili».
Il presidente della Fondazione UniVerde e promotore della vittoriosa campagna #pizzaUnesco, Alfonso Pecoraro Scanio«Accogliamo con piacere l'idea che la pizza sia un piatto versatile e in grado di unire diverse culture, ma è fondamentale che questo non porti a svilire le nostre tradizioni culinarie – conclude Pecoraro Scanio - La pizza italiana non è solo un piatto, è un simbolo della nostra identità e del nostro patrimonio culturale».
Gli Usa il paese dove si mangiano più pizze
L’affermazione, anzi il “postulato”, diciamolo tranquillamente è risibile. E però la risposta non può essere di scherno, sarebbe irriguardoso. Si fa cosa altra, cosa saggia: si prende il postulato come spunto di riflessione. Facciamo parlare, come sovente facciamo, i numeri e, per essi e con essi, i fatti.
In Italia si mangiano 5milioni di pizze al giorno: un’enormità. Totale annuo, due miliardi scarsi di pizze all’anno. È un record. Niente affatto, non è un record! Il Paese al mondo dove si mangiano più pizze è proprio l’America (Usa, per essere precisi), con circa 14miliardi di pizze all’anno.
Saranno mica 14 miliardi di pizze “garbage”, di pizze spazzatura? Ragionevolmente impossibile. Come se, dei due miliardi scarsi di pizze mangiate in un anno in Italia, provassimo a dire che sono due miliardi scarsi di pizze gourmet. Suvvia!
E allora, cosa accade? Accade che i pizzaioli statunitensi, studiando e sovente venendo in Italia, soprattutto a Napoli, a fare pratica, stanno diventando bravi e, fattore tanto poco valutato quanto fondamentale, non hanno nessuna intenzione, ma proprio non ci pensano, ad emulare (diremmo scimmiottare) quanto sta accadendo in Italia nel settore.
I giovani pizzaioli americani vengono spesso a studiare la pizza a NapoliCosa sta accendo nel mondo della pizza in Italia?
Cosa sta accadendo in Italia nel mondo della pizza? Tante, ma qui ne evidenziamo due:
- il grande clamore mediatico con quanto ne consegue in termini di proliferazione di ranking e proclamazione di vincitori
- la tendenza a inventare sempre nuove pizze perché oggi, se non hai almeno un paio di tue “signature pizze”, caro “maestro” (sono più i maestri che gli allievi!) non sei nessuno!
Cosa succede nel mondo della pizza in Usa?
Ecco, saggiamente, negli Usa questi due fenomeni sono assenti! I pizzaioli statunitensi sanno fare le loro pizze, che a noi italiani possono non piacere. Ne citiamo due, onnipresenti nell’offering delle circa 90mila pizzerie presenti negli Usa: la pepperoni pizza e l’hawaiana con l’ananas.
La storia della pizza, un incrocio di Stati del mondo
Ed eccoci, finalmente, al punto cruciale. Nella galassia cibo, intesa in accezione planetaria, non è importante il luogo di nascita (insomma, si lasciassero pure scolorire quelle informazioni!) ma è importante il luogo (o i luoghi) di adozione. Ed è proprio la pizza, la più valida testimonianza di quanto qui si asserisce.
La pizza è un incontro virtuoso di più cultureLa pizza, in origine, fu un disco di pasta lievitata cotto in forno (nella Penisola Araba cotta su pietra arroventata al sole). Poi questo disco si cominciò a condirlo, onde renderlo più nutriente e più gustoso. E in Italia, a partire da Napoli, il “topping” onnipresente divenne il pomodoro. Pomodoro proveniente dall’America!
La stessa farina adoperata per ottenere il disco proveniva dal Nord America, la famosa manitoba (detta poi “farina di forza”) che arrivò in Italia, sbarcando nel porto di Napoli, tra i cibi di sostentamento alla popolazione secondo il Piano Marshall.
La grande forza, la possente energia innescata dalle contaminazioni virtuose. La nostra storia, avente a culla il Mediterraneo, ci rivela le contaminazioni virtuose, in prevalenza sulla direttrice est - ovest, dell’area mediterranea. La pizza, nel suo nascere e poi nel suo naturale evolversi, è testimone delle contaminazioni virtuose tra le due sponde dell’Atlantico.
Solo l’arte del pizzaiuolo napoletano è Unesco
Cosa altro aggiungere per confutare serenamente, senza nessuna contrapposizione ideologica, al postulato dell’autorevole New York Times?
L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano è stata riconosciuta dall’Unesco Patrimonio Culturale dell’UmanitàUna cosa sola: “l’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” è stata riconosciuta dall’Unesco Patrimonio Culturale dell’Umanità. Magia sonora: sorniona, beffarda, e però con quel suo sorriso solare che la rende unica, la pizza napoletana intona un’antica canzone napoletana:
Chi me piglia pe Frangésa,
chi me piglia pe’ Spagnòla,
ma só nata ô Cònte ‘e Mòla,
métto ‘a còppa a chi vògl’i’
Traduzione dal napoletano all’italiano:
C’è chi mi prende per francese,
chi mi prende per spagnola,
ma io sono nata al Conte di Mola, [quartiere popolare di Napoli]
ho pretese alte.
Nessun commento:
Posta un commento