Stili di vita
e nuove bevande:
ecco perché
calano i consumi
del vino
Il consumo globale di vino è in declino da decenni, con la produzione che supera i consumi. Questo calo è dovuto a cambiamenti nello stile di vita, concorrenza da altre bevande e disaffezione dei giovani. Sommelier e ristoratori dovrebbero adottare un approccio più empatico e accessibile per invertire la tendenza
Forse è proprio vero che nemo propheta acceptus est in patria sua. E allora benvenuto sia lo straniero che nel caso di specie assume la sembianza, autorevolissima, del quotidiano british Financial Times. Pressoché testuale: "La produzione vitivinicola supera i consumi, che continueranno a scendere anche nei prossimi anni". Qui è colto il fondamentale dato di fatto che, ahinoi, nel nostro Bel Paese o ci sfugge per nostra miopia o facciamo finta che ci sfugge perché abbiamo imparato che a nascondere la polvere sotto il tappeto... poi sarà peggio per gli altri a venire, ma noi nel frattempo comunque ce la caviamo.
La caduta tendenziale dei consumi di vino
Il dato di fatto si chiama semplicemente così: caduta tendenziale. La caduta tendenziale è quella cosa che... innesca una tendenza di termine medio se non addirittura di termine lungo. Insomma, una caduta tendenziale di certo non è fenomeno del termine breve ed i suoi effetti non si estinguono celermente. Ecco perché sono davvero risibili i dati che un giorno sì e l'altro pure vengono resi noti circa l'andamento dell'export del nostro vino! Incremento, no lieve decremento e però... un goal allo scadere dei supplementari e di nuovo boom dell'export. Ma finiamola!
Vino, l'analisi dei mercati
È a livello mondiale che il settore vitivinicolo sta vivendo momento sfavorevole. Il delta tra la produzione mondiale ed i consumi globali è di circa il 7%. Si produce 100, ma si consuma 93. Il picco dei consumi, parliamo sempre di scenario globale, lo si raggiunse nel lontano anno 2007, allorquando nel mondo furono consumati 25 miliardi di litri di vino. Il consumo di vino è in declino nei mercati tradizionali dell'Europa continentale da decenni. Le vendite globali, in volume, dovrebbero diminuire, secondo previsioni, dell'1% anno per i prossimi quattro anni. Il decremento in valore dovrebbe essere analogo: ovvero non è previsto nessuno ulteriore aumento dei prezzi!
Insomma, poniamoci ancora una volta la domanda: a cosa è dovuta la caduta tendenziale del consumo del vino? Siccome ci si è ripromessi di dire la verità e null'altro che la verità, cominciamo col dire che il consumo di vino nei mercati tradizionali dell'Europa continentale è in declino da decenni. Per molti anni il calo dei volumi nei mercati consolidati è stato compensato dalla crescita in mercati quali il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Nord Europa e i mercati APAC (Asia Pacific) quali Australia, Cina e Giappone. Ma è oramai circa un lustro che anche questi mercati hanno iniziato a registrare cali di volume!
Nel caso specifico del Regno Unito, il consumo pro capite di vino ha raggiunto il picco nel 2009 e da allora è in declino, ad eccezione di un piccolo aumento temporaneo durante il Covid. A confronto con l'inizio del XXI secolo (anno 2000), il consumo di vino nel Regno Unito è diminuito di circa il 14%. Molti dei dati a seguire sono desunti da recente pubblicazione di IWSR. IWSR è la fonte affidabile di dati e intelligence dell'industria globale delle bevande, con uffici a Londra, New York e Singapore e una copertura di 160 Paesi.
Negli Stati Uniti, il consumo pro capite ha raggiunto il picco nel 2017 e da allora ha registrato alcuni forti cali, sebbene rimanga ancora al di sopra dei livelli di consumo pro capite osservati dall'IWSR nel 2000. Per l'Australia, il picco è stato nel 2012 e la sua traiettoria di consumo pro capite ha rispecchiato quella del Regno Unito, anche se a differenza del Regno Unito non ha visto un aumento nell'era Covid. Il suo consumo pro-capite è ora inferiore dell'11% rispetto al 2000.
I quattro fattori della caduta tendenziale dei consumi di vino
Perché non ci si è accorti a tempo debito di questi mutamenti nelle abitudini di consumo di vino a livello globale? Forse troviamo risposta che parzialmente assolve l'offerta (ma solo parzialmente e solo perché si vuole essere generosi !) nell'articolazione delle dinamiche di mercato. Insomma, il calo della domanda non ha coinciso con un calo della popolazione globale di bevitori di vino. Il numero di bevitori di vino è cresciuto in mercati importanti come la Corea del Sud, il Giappone, il Regno Unito e gli Usa. Il calo della domanda, dapprima minimo e poi man mano in crescita fino a divenire vistoso, è in gran parte correlato ai cambiamenti nei modelli di consumo: si beve con minor frequenza e quella volta che si beve, si beve meno e si beve meglio.
I quattro fattori della debacle del vinoMa, insistiamo (repetita iuvant!), adesso parliamo (finalmente!) di caduta tendenziale e abbiamo ben chiaro cosa ciò significhi, quanto è importante e quanto rispetto, ma non timore, incute il termine “tendenziale”. Quattro sono i fattori principali che determinano la caduta tendenziale dei consumi di vino.
1. Cambiamenti nello stile di vita
I consumatori sono sempre più interessati alla moderazione come scelta di vita per la salute e il benessere, e c'è anche una maggiore tendenza a socializzare senza che sia reputata necessaria la presenza del vino. Nel 2023, un bevitore di vino su due ha dichiarato di moderare attivamente il consumo di alcol. Un terzo dei bevitori di vino che moderano attivamente il loro consumo di alcol lo fanno non bevendo affatto alcol in determinate occasioni. Questo cambiamento di atteggiamento è stato in parte alimentato dai social media, che hanno orientato il ripensamento del consumo di alcol in generale. La tendenza alla moderazione è intergenerazionale, con un crescendo dai Baby Boomers (il 43% ha moderato i consumi di vino), passando per la generazione X (49%), poi i Millennials (61%), fino ad arrivare alla Gen Z che tende a essere il principale driver della caduta dei consumi con bel il 67%.
2. Più concorrenza da parte di altre categorie
I dati di IWSR sui consumatori rilevano che in molti mercati i Millennials e la Generazione Z mostrano meno affinità con particolari categorie di bevande e sono invece aperti alla sperimentazione e al passaggio a una varietà di prodotti diversi. Se non si prestasse a facezia, diremmo che non poteva essere altrimenti per come vero è che viviamo in una società liquida! La tendenza del bere miscelato, i cocktail, è palesemente crescente tra i giovani.
3. Disaffezione al vino da parte delle giovani generazioni (Millennials e Gen Z)
La riflessione è immediata ed è frutto di paradigma consolidato, il seguente: il vino è prevalentemente una bevanda da pasto, il pasto tradizionale a tavola: due portate almeno, il primo e il secondo. Oggi, almeno sei giorni su sette, volendo concedere ancora alea di sacralità al “pranzo domenicale in famiglia” le occasioni di pasto tradizionale, quando per circostanze dettate da obblighi di lavoro e quando (molto sovente) per scelta libera, sono davvero poche e forse neanche così appealing, neanche così cercate e desiderate.
4. Desiderio di migliorare l'esperienza di consumo
Insomma, se volessimo ricorrere a tormentone televisivo di qualche anno fa, azzarderemmo affermare che la percezione che hanno del vino le nuove generazioni è tale da collocarlo tra il “lento” e non il “rock”. E forse è mica un caso che le nicchie in controtendenza sono attualmente costituite dai rosati premium, dai vini biologici e dagli spumanti. Il rosé premium sta contrastando il declino dei consumi di vino in Australia, nel Regno Unito e negli Usa. Intrigante e non difficile da spiegarsi la dicotomia tra vini di fascia bassa con forte perdita in volume e vini premium price in lieve crescita, con il tasso di crescita che sta rallentando. Insomma, è sempre più vistosamente vero che si beve meno ed al contempo si beve meglio.
I problemi dell'industria vinicola sono più pronunciati tra le fasce di prezzo più basse e per il vino fermo, così come abbiamo appena affermato. I mercati emergenti del vino in luoghi come l'India e il sud-est asiatico stanno registrando una crescita, ma partendo da una base talmente piccola che i volumi permangono ridotti e non sono significativi al punto da compensare i cali in altri mercati. Tuttavia, va detto, ci sono palesi opportunità di crescita. Qual è l'unica (triste) certezza? Suvvia, lo si è detto e ripetuto: la caduta dei consumi di vino su scala mondiale, non è effimera, non è cagionata da contingency, bensì è tendenziale. Cosa si può fare nel nostro Bel Paese per avversare questa caduta? Nessuna soluzione salvifica, nessun miracolo, nessuna bacchetta magica. E però, proviamo a scovare quali sono gli alleati (magari anche inconsapevoli) di questo calo dei consumi particolarmente evidente nei giovani e proviamo a suggerire a costoro, proprio perché optiamo per la presunzione di inconsapevolezza, un radicale mutamento comportamentale.
Il primo "alleato" della caduta tendenziale dei consumi di vino
Nemico della crescita dei consumi di vino soprattutto tra i giovani, e quindi alleato della caduta tendenziale dei consumi è il soggetto “sommelier”! Ma come, non è il sommelier l'ambasciatore del vino di qualità. Non è il sommelier colui il quale squarcia i coni d'ombra e porta alla luce la magnificenza del vino quale bevanda che facilita convivialità e che enfatizza sapori di cibi e pietanze? Sì, è proprio così e però, quanti gli episodi vissuti in prima persona, sovente accade che il sommelier con tanto di diplomino che assurge alla pergamena di laurea, a causa del suo approccio verso neofiti e discenti, stia più perseguendo l'insano obiettivo di mostrare quanto è bravo, quanto è competente, ma quante cose che sa, ma quanto sfoggia bene gergalità improbabili, piuttosto che facilitare l'abbattimento delle barriere all'ingresso onde far avvertire il vino come bevanda easy (ma non banale!) to sip.
Il sommelier è il primo "alleato" della caduta tendenziale dei consumi di vinoAltro che abbattimento delle barriere all'ingresso! Con il loro fare, sovente i sommelier (non tutti, ma neanche pochi !) erigono barriere all'ingresso, si pongono, ben evidenti grembiuli e tastevin, come sacerdoti atti, essi solo, ad officiare liturgia che non solo non interessa ma che addirittura infastidisce. Ve li immaginate i knowledge worker, i lavoratori della conoscenza, giovani professionisti a loro agio nella società digitale, pronti da smartphone a conversare in inglese con loro colleghi della Silicon Valley, che nel sedersi al ristorante per cena conviviale si vedono arrivare un libro pesante sulla cui copertina è scritto “carta dei vini” e la cui esegesi è affidata al compunto e saccente sacerdote, pardon, sommelier!? Ma è chiaro che la volta successiva costoro andranno nel locale smart per l'emerging dining con buone proposte di bere miscelato, narrato brevemente ed in allegria dal giovane bartender. Pertanto, cari sommelier (minoranza, ma non sparuta!) per favore, in nome del bene che volete e del rispetto che portate al vino, di cui siete conoscitori profondi, per favore, comportatevi davvero da ambasciatori: sappiate anche affabulare, ma sappiate e vogliate farlo con garbo, esibendo sì competenza, ma con modestia e, se posso aggiungere, con umiltà.
Il secondo "alleato" della caduta tendenziale dei consumi di vino
Sommelier, pertanto, sorta di nemico “ideologico” del vino e alleato oggettivo del calo dei consumi. E l'altro alleato del calo dei consumi chi è? Il ristoratore. Ristoratore che, a differenza del suo “collega sommelier” procura danno anche a sé stesso, oltre che ai suoi clienti. Il Decalogo fu rivelato a Mosè sul Monte Sinai, si sa: le Tavole della Legge. Non ancora si sa dove e a quale capostipite della ristorazione fu rivelata quella Tavola della Legge dove sta scritto che... il pricing del vino è frutto di una moltiplicazione: costo del vino (inteso come rigo di fattura del fornitore) moltiplicato un coefficiente che è di certo maggiore di 1 e sovente oscillante tra il 2,5 e il 3, ma meglio non mettere limiti alla provvidenza (la legge recita proprio così) e chi vieta quindi di arrivare anche a quattro e perché no, anche a cinque.
Errore micidiale, da solo concausa principale del calo dei consumi di vino soprattutto tra i giovani. Il ristoratore nell'agire in questo modo forse non ha riflettuto sui danni che si autoinfligge. Il Covid, tra i tanti effetti collaterali, ha consentito a clienti temporaneamente inoccupati, di visitare con calma sia il dettaglio specializzato (enoteche) sia soprattutto i corner dedicati al vino presenti nella Gdo. Così il cliente ha acquisito contezza dei prezzi a scaffale di etichette che si era trovato ad ordinare e a bere al ristorante nei tempi precedenti il lockdown. Ha così potuto constatare l'adozione improvvida ed eticamente discutibile, del “coefficiente”, del “moltiplicato per”! Si è mai chiesto il ristoratore quante bottiglie in meno ha venduto rispetto a causa dell'esoso prezzo praticato? Si è mai chiesto il ristoratore quanto poco, rispetto a quanto avrebbe meritato, è stata gradita una pietanza a causa dell'abbinamento con vino inadatto e però scelto dal cliente in quanto meno costoso di quello adatto? Si è mai chiesto il ristoratore che senso ha ostacolare o comunque non agevolare la prassi di potersi portare a casa la bottiglia aperta ma non completamente vuota?
Il ristoratre è il secondo "alleato" della caduta tendenziale dei consumi di vinoE non parliamo qui, il discorso ci porterebbe altrove, della ritrosia ad adottare la prassi cosiddetta BYOB, ovvero, posto che essa non sia presente in carta, lasciare a che il cliente si porti la sua bottiglia da casa, pagando al ristoratore una fee per il servizio. Si è mai chiesto il ristorante quanto può essere considerato efficace un comportamento che mira a trarre profitto quasi più dal ricarico sul vino piuttosto che al frutto di competenze spese in cucina nella trasformazione di ingredienti in pietanza squisita? Quando il cliente paga il conto, serba ricordo della riga di totale e può dire a sé stesso e ai commensali se, secondo lui, ha pagato poco, ha pagato il giusto, ha pagato “caro”! Non distingue le singole voci ma bada al totale. E se il vino ha concorso pesantemente alla percezione dell'esosità dello scontrino, esso (non l'incolpevole vino, ma il poco scaltro ricarico fatto dal ristoratore) diviene fattore di non affezione al locale, diviene motivo per dire: qui non ci vengo mai più.
La crescita passa da un cambiamento di comportamento
Ristoratori e sommelier, ci siete cari e ci state pure simpatici, giammai vorremo fare a meno di voi, non sia mai detto. E però, un esame di coscienza ve lo fate? Vi piace essere nemici del buon vino e vi piace essere gli alleati del calo dei consumi? Non sarete in grado di invertire la caduta tendenziale dei consumi, proprio perché, ahinoi, essa è tendenziale e quindi vive i suoi tempi di termine medio, però di certo, modificando il vostro comportamento, e ne sarete i primi a trarne vantaggio professionale ed economico, lodevolmente contribuirete a rendere meno ripida la caduta sino a portarla quasi allo zero. In fondo, stiamo semplicemente chiedendovi di ragionare con il “perché no” piuttosto che con il “perché”. Narrare il vino suadentemente, anche affabulando, ma non saccentemente. Essere quelli che ne sanno, non quelli a cui piace far vedere che “ne sanno”. Abbattere le barriere all'ingresso dei nuovi wine lovers, e non erigerle, queste barriere!
.Essere empatici e non sentirsi sacerdoti officianti liturgie obsolete. Provare ad ipotizzare che al segno “x” (moltiplicato per) si può (si deve) sostituire il segno “+”. Giusto quel ricarico che compensa gli eventuali tempi differiti tra acquisto e vendita, che mette al riparo dalle eventuali rotture dei calici, che paga gli add-on di servizio erogati dal personale di sala ed accorgersi che così agendo i vantaggi sono di gran lunga superiori agli svantaggi. Magari, così facendo, operando di concerto sia i sommelier che i ristoratori, si inverte tra i giovani la percezione del vino come “lento” ed esso ritorna ad essere “rock”. Come sovente capita di dire, la bravura sta nel capovolgere la minaccia in opportunità. .
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