Vino italiano:
dal Brasile ai Balcani, ecco la mappa
delle opportunità
per l'export
Il vino italiano guarda oltre gli Stati Uniti, che da soli assorbono un quarto dell’export, puntando su nuovi mercati come Brasile, Messico, Asia e Balcani. Con l’accordo UE-Mercosur, Vinitaly e i Consorzi spingono su promozione e formazione, mentre le aziende diversificano investimenti. Canada, Sudamerica, Russia e Far East si confermano piazze strategiche per compensare cali in mercati tradizionali
«Il 60% dell'export italiano è concentrato su cinque mercati, con gli Stati Uniti che da soli valgono quasi un quarto delle nostre spedizioni. Non possiamo chiuderci anche verso mercati - come il Brasile e l'America Latina - che per radici culturali potrebbero ampliare i nostri orizzonti commerciali». A dicembre 2024, mentre l’avvento dei dazi USA si profilava all’orizzonte, il presidente di Unione Italiana Vini Lamberto Frescobaldi si lanciava in avanti proponendo una reazione alla prospettiva trumpiana. Proprio per questo motivo UIV sosteneva da tempo l’accordo con il Mercosur che proprio la scorsa settimana è stato licenziato in forma definitiva dalla Commissione Europea e che ora - non senza difficoltà - dovrà trovare l’approvazione dei 27 paesi membri. Viene dunque da chiedersi se, investendo le stesse energie proiettate per decenni sul paradiso a stelle e strisce, si possano consolidare nuovi mercati o frontiere già aperte tanto da crescere abbastanza da compensare i cali previsti. L’impegno dei soggetti istituzionali - da Vinitaly International fino al Consorzio del Chianti - sembra in effetti orientarsi a un multilateralismo più spinto.
Consorzi e Vinitaly tra far east e latinoamerica
A maggio l’incontro tra l’ambasciatore del Messico in Italia Carlos Eugenio García de Alba e il direttore del Consorzio Vino Chianti Saverio Galli Torrini aveva come focus le prospettive di collaborazione e promozione in uno dei paesi più dinamici dell’America Latina. «Il Messico rappresenta per il Chianti un mercato giovane ma in forte crescita - evidenziava Galli Torrini - ricettivo verso i prodotti di qualità e capace di apprezzare la cultura che il nostro vino porta con sé. Con l’ambasciatore García de Alba abbiamo condiviso la volontà di proseguire e potenziare la collaborazione sia sul piano commerciale sia su quello culturale, favorendo iniziative di promozione e formazione rivolte agli operatori e ai consumatori messicani».
Il vino italiano punta anche sul Far East e in questi giorni va in scena il Vinitaly China Roadshow, format itinerante di promozione realizzato da Veronafiere in collaborazione con ITA e Ministero degli esteri. Tra Pechino, Wuhan, e Chengdu si punta a un bacino di oltre 50 milioni di abitanti concentrati in poco più di duemila chilometri dalla capitale al centro della Cina. «Intendiamo consolidare ulteriormente il nostro presidio in questa regione - sottolinea il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo - un mercato che seppure strategico, soprattutto in un contesto in cui prevale l’imperativo della diversificazione, non ha ancora espresso il suo potenziale. Siamo consapevoli che gli obiettivi in termini di posizionamento del vino italiano sono ancora lontani e che vanno intensificati gli sforzi per sostenere le aziende e per facilitarne l’ingresso commerciale».
Edoardo Freddi: Sud America, Russia e Asia. Ma anche Europa
Anche i player sul mercato confermano la necessità di allargare lo sguardo e accelerare sul rafforzamento di nuove rotte per il vino italiano. «In Nord America, il Canada sta andando in controtendenza rispetto agli ultimi anni - riferisce Edoardo Freddi, ceo della Edoardo Freddi International - e oggi riesce a performare molto bene, al punto che rappresenta un mercato virtuoso. Gli Stati Uniti rimangono importanti, ma il Canada si conferma una sorpresa positiva». Allargando il campo, gli inetressi aumentano: «In Sud America il paese più virtuoso è il Brasile: parliamo ancora di numeri piccoli, ma rispetto al passato si intravedono sprazzi di luce. Da segnalare soprattutto la Colombia, che si sta muovendo bene sulle bollicine entry-level così come sui fine wine. Per il resto del Sudamerica i numeri sono ancora troppo contenuti. Nel continente siamo ancora sottosviluppati, anche perché la presenza spagnola è molto forte. Bisogna investire di più per essere presenti, soprattutto in Paesi come il Messico e in parte dell’area caraibica, dove oggi facciamo ancora poco e con poche referenze, mentre la Spagna esporta moltissimo».
Nonostante tutto, invece, è il mercato russo un target dalle potenzialità ancora solide. «Nonostante tutto quello che è accaduto, fino a giugno e luglio i vini italiani restano ancora i primi per importazioni in Russia - chiosa Freddi - e questo dice molto sul tema dazi e tariffe. In tanti pensavano che entro fine anno i vini georgiani sarebbero diventati primi, invece né a dicembre 2024 né a luglio 2025 è stato così. Il grande traino è del Prosecco. E nonostante gli sforzi per ridimensionarlo, è un mercato di consumatori che adorano l’Italia, tanto che i numeri restano importanti».
Sul fronte asiatico, «va segnalata la frenata della Cina sui vini da prezzo - spiega l’imprenditore - dunque non è più un mercato per prodotti economici. Rimane però il valore, nonostante calino i volumi. È un processo rapido e importante: chi riesce a presentarsi bene e a lavorare seriamente ha ancora spazio. Altri mercati interessanti sono sicuramente il Vietnam e la Thailandia (sia in termini di volume che di valore), ma si intravede un abbrivio positivo anche in Indonesia e Malesia». Se allungare lo sguardo verso orizzonti lontani è seducente, Freddi ricorda però che nelal vecchia Europa ci sono ancora praterie enormi da conquistare. «Stiamo investendo in particolare verso Est - dice - tra Romania, Bulgaria, Serbia. C’è una conoscenza forte del vino italiano, ma a volte ce ne dimentichiamo, preferendo guardare a mercati come la Thailandia invece che al blocco dei Balcani, davvero strategico. Ci sono nuove fiere, c’è interesse e vedo possibilità di crescita enormi».
Export vino, Argiano e Prosecco guardano
a Emirati, Asia e Sudamerica
Positivo e propositivo anche l’approccio delle aziende vocate all’export. «Argiano esporta in oltre 50 paesi - riferisce il ceo Bernardino Sani - e gli USA rimangono un mercato fondamentale per il volume di vino di fascia alta consumato, ma il momento è difficile: a dazi, inflazione, incertezza economica si aggiunge un calo di consumo di vino generalizzato, così come l’abuso di farmaci dimagranti (tipo Ozempic) che tolgono la voglia di bere». Se poi gli altri mercati tradizionali sono in stallo, «i nuovi mercati che stanno andando molto bene sono Emirati Arabi (specialmente Dubai), l’Indonesia e la Thailandia, che ha avuto un bel flusso migratorio da parte di europei che prima vivevano ad Hong Kong, ma anche di russi e ucraini. Questi contesti stanno crescendo bene, così come alcuni mercati di centro e sud America. Lo vediamo anche dalle presenze di enoturisti, con l’avvento di sudamericani, indiani e cinesi».
Positiva la prospettiva anche dalla galassia Prosecco. «Il mondo del Prosecco (che ci vede coinvolti in tutte le denominazioni) è forte in tutti i paesi del mondo - evidenzia Giancarlo Moretti Polegato, presidente del gruppo Villa Sandi e La Gioiosa - Noi siamo in 130 paesi, quindi avessimo anche un po’ di calo negli Stati Uniti (insostituibili) possiamo recuperare un po’ di perdita spalmandola in Sudamerica, in Canada, ma anche nel Far East e in Australia e fino in Africa».
Brasile, vino italiano in crescita: +5,5% nel primo semestre 2025
In generale, i flussi evidenziano qualche cambio di rotta e nuove spinte. Secondo i dati dell’Osservatorio UIV, il Brasile - primo buyer tra i quattro paesi latinoamericani - ha chiuso il primo semestre con una crescita tendenziale in valore degli ordini di vino italiano del 5,5%, a 18,5 milioni di euro con i fermi/frizzanti a +8,5%. Le importazioni di vino europeo dal Brasile hanno raggiunto nel 2024 i 190 milioni di euro, in incremento del 41% negli ultimi 5 anni. In un mercato che anche per effetto dei dazi è dominato dal produttore cileno (186 milioni di euro) e dai vini argentini (90 milioni), il primo fornitore è il Portogallo (75 milioni di euro), seguito dalla Francia (50 milioni) e dall’Italia con 40 milioni di euro. Numeri questi destinati a crescere considerevolmente in virtù del possibile progressivo azzeramento dei dazi che oggi nel Mercosur pesano per il 27%.
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