Le regole
del barbecue
con un occhio
alla salute
Ci sono sempre più dubbi sulla salubrità o meno degli alimenti cotti alla griglia e non sempre la tecnica adoperata risulta soddisfacente in termini di gusto. Una grigliata ogni tanto non fa male, ma se diviene un’abitudine si aumenta il rischio: come sempre è la quantità che fa il veleno.
La classica colorazione bruna di carne cotta e il complesso aromatico caratteristico si ottengono grazie ad alcuni processi chimici (“reazione di Maillard”). I componenti delle proteine (aminoacidi) e gli zuccheri all’interno dell’alimento reagiscono assieme tra i 140°C e i 180°C formando composti secondari che conferiscono il colore. Ma a temperature superiori o con tempi eccessivi di trattamento, oltre ai composti colorati e aromatici si producono anche sostanze secondarie che, se in eccesso e in accumulo nel nostro organismo, possono avere effetto cancerogeno (a causa della presenza ad esempio di amine eterocicliche) o favorire lo sviluppo di malattie croniche o l’invecchiamento precoce (a causa di molecole definite “Age”, advanced glycation end products).
Al fine di evitare lo sviluppo di sostanze secondarie potenzialmente dannose occorre:
Oltre agli aspetti chimici occorre considerare anche gli aspetti microbiologici. Una cottura si ritiene idonea quando si raggiungono per un paio di minuti i 70°C al cuore (ovvero al centro del prodotto, punto più sfavorito al raggiungimento delle temperature), soprattutto per carni avicole e di maiale. A chi piace una carne di manzo cotta, occorre raggiungere queste temperature e seguire alcune buone regole di base.
A chi piace una carne di manzo al sangue, e quindi per ovvi motivi non si raggiugono le temperature di sicurezza sopra citate, occorre applicare con maggior attenzione alcune regole di base:
Ma alla base di una buona grigliata occorre scegliere il tipo di carne e il giusto taglio. Le fibre muscolari e la quantità delle proteine (come miosina e miogobina) differiscono nei vari tipi di carne (maiale e pollo hanno meno mioglobina del manzo), quindi i tempi di cottura sono differenti a seconda della tipologia selezionata. Sono le proteine e il grasso presenti che, grazie al trattamento termico, conferiscono sapore ad un pezzo di carne.
In linea di massima il calore comporta nelle fasi iniziali una contrazione delle fibre presenti con una parziale perdita di acqua, poi si assiste alla denaturazione (ovvero modifica) delle proteine a differenti temperature e loro successiva coagulazione (cioè ricombinazione). La prima proteina a modificarsi è la miosina, seguita dalla mioglobina e per ultimo il collagene, che quando muta si scioglie in acqua producendo gelatina.
Se si conoscono questi meccanismi si può comprendere quale taglio sia il migliore da cuocere alla griglia: povero di grasso e povero di tessuto connettivo (cioè con poco collagene) a temperature alte (tra i 140°C e i 180°C). Lo spessore, la forma, la presenza di ossa o meno condizionano il tempo di cottura: in una bistecca la presenza di osso velocizza il trattamento termico, così come la presenza di grasso esterno. La presenza di grasso interno invece rallenta i tempi.
La reazione chimica di Maillard, che desideriamo per il colore ma non deve essere eccessiva, è limitata dalla presenza di troppa acqua e dal pH acido (ad esempio in presenza di succo di limone). Però è favorita dalla presenza di zuccheri “riducenti” come glucosio e fruttosio, pertanto una marinatura della carne pre cottura, mantenendo il prodotto in frigorifero sino al momento della cottura, costituita da una sostanza acida (come vino o succo di limone) e un po’ di zucchero può favorire la cottura del prodotto, soprattutto nelle carni di maiale (come le braciole). La carne deve essere asciugata in superficie prima di essere cotta (occorre allontanare l’acqua, che altrimenti inibirebbe la reazione di Maillard).
Una cottura si ritiene idonea quando si raggiungono per un paio di minuti i 70°C al cuore
Al fine di evitare lo sviluppo di sostanze secondarie potenzialmente dannose occorre:
- evitare lo sviluppo di fumo acre durante la grigliatura;
- preferire un barbecue elettrico e una cottura indiretta;
- controllare il mantenimento delle temperature, di modo da ottenere una cottura omogenea e controllata.
Oltre agli aspetti chimici occorre considerare anche gli aspetti microbiologici. Una cottura si ritiene idonea quando si raggiungono per un paio di minuti i 70°C al cuore (ovvero al centro del prodotto, punto più sfavorito al raggiungimento delle temperature), soprattutto per carni avicole e di maiale. A chi piace una carne di manzo cotta, occorre raggiungere queste temperature e seguire alcune buone regole di base.
A chi piace una carne di manzo al sangue, e quindi per ovvi motivi non si raggiugono le temperature di sicurezza sopra citate, occorre applicare con maggior attenzione alcune regole di base:
- mantenimento della catena del freddo (4°C) delle carni dal momento dell’acquisto all’utilizzo;
- pulizia degli utensili impiegati (taglieri, forchette, coltelli) e della griglia (il calore uccide i microrganismi, ma una detersione serve comunque per allontanare lo sporco organico, alimento per i microbi);
- lavaggio delle mani prima di iniziare le operazioni in cucina (con acqua calda, sapone liquido, sfregamento dei palmi per 60 secondi e asciugatura con carta a perdere o strofinaccio pulito da cambiare con una frequenza giornaliera);
- riduzione di pratiche operative scorrette che comportano contaminazioni involontarie, ovvero porre sulla griglia la carne cruda con un utensile e impiegare il medesimo per girare la carne cotta oppure impiegare lo stesso tagliere/vassoio su cui si era riposta la carne cruda per metterci la carne cotta: i taglieri/vassoi o devono essere differenti per carne cruda o cotta o devono essere accuratamente lavati tra un passaggio e l’altro.
Ma alla base di una buona grigliata occorre scegliere il tipo di carne e il giusto taglio. Le fibre muscolari e la quantità delle proteine (come miosina e miogobina) differiscono nei vari tipi di carne (maiale e pollo hanno meno mioglobina del manzo), quindi i tempi di cottura sono differenti a seconda della tipologia selezionata. Sono le proteine e il grasso presenti che, grazie al trattamento termico, conferiscono sapore ad un pezzo di carne.
In linea di massima il calore comporta nelle fasi iniziali una contrazione delle fibre presenti con una parziale perdita di acqua, poi si assiste alla denaturazione (ovvero modifica) delle proteine a differenti temperature e loro successiva coagulazione (cioè ricombinazione). La prima proteina a modificarsi è la miosina, seguita dalla mioglobina e per ultimo il collagene, che quando muta si scioglie in acqua producendo gelatina.
Una grigliata ogni tanto non fa male, ma se diviene un’abitudine si aumenta il rischio: come sempre è la quantità che fa il veleno
Se si conoscono questi meccanismi si può comprendere quale taglio sia il migliore da cuocere alla griglia: povero di grasso e povero di tessuto connettivo (cioè con poco collagene) a temperature alte (tra i 140°C e i 180°C). Lo spessore, la forma, la presenza di ossa o meno condizionano il tempo di cottura: in una bistecca la presenza di osso velocizza il trattamento termico, così come la presenza di grasso esterno. La presenza di grasso interno invece rallenta i tempi.
La reazione chimica di Maillard, che desideriamo per il colore ma non deve essere eccessiva, è limitata dalla presenza di troppa acqua e dal pH acido (ad esempio in presenza di succo di limone). Però è favorita dalla presenza di zuccheri “riducenti” come glucosio e fruttosio, pertanto una marinatura della carne pre cottura, mantenendo il prodotto in frigorifero sino al momento della cottura, costituita da una sostanza acida (come vino o succo di limone) e un po’ di zucchero può favorire la cottura del prodotto, soprattutto nelle carni di maiale (come le braciole). La carne deve essere asciugata in superficie prima di essere cotta (occorre allontanare l’acqua, che altrimenti inibirebbe la reazione di Maillard).
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