Dal consorzio del Parmigiano Reggiano, a Mutti e Rodolfi, passando per Antinori: le grandi realtà italiane lanciano l'allarme per i previsti dazi di Trump, che potrebbero affossare l'export agroalimentare. Le preoccupazioni nascono dal fatto che, già durante il suo primo mandato presidenziale alla Casa Bianca, il tycoon statunitense adottò politiche protezionistiche mirate a ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti, imponendo dazi che penalizzarono settori strategici dell'economia europea e italiana. Ricordiamo, di fatto, che il commercio internazionale riveste un ruolo fondamentale per l’economia dell'Italia, che è il quarto Paese al mondo per volumi di esportazioni, insieme a Giappone e Corea del Sud ed è il dodicesimo Paese per importazioni, nella classifica degli scambi mondiali.
Donald Trump preoccupa l'export italiano con i daziExport italiano, quanto vale e quali prospettive ci sono
Attualmente l’export italiano vale circa il 40% del Pil nazionale e si conferma come un decisivo fattore di traino per la nostra economia e la bilancia dei pagamenti: il valore delle esportazioni registra un +3,7% nel 2024, con una crescita attesa del +4,5% nel 2025 e del +4,2% in media nel biennio successivo. L’export italiano supererà i 650 miliardi nel 2024, mentre il prossimo anno raggiungerà i 679 miliardi. I prodotti agroalimentari, tra cui formaggi, vini e salumi, sono tra i più colpiti, causando non solo un aumento dei costi per i consumatori americani, ma anche una significativa perdita di competitività per le aziende italiane sui mercati internazionali.
Le dichiarazioni di Trump di voler introdurre tariffe fino al 20% per i prodotti importati dall’Europa evidenziano una rinnovata inclinazione verso il protezionismo. Un tale aumento delle tariffe potrebbe avere un impatto devastante sulle esportazioni italiane, che dipendono fortemente dal mercato statunitense: gli Stati Uniti rappresentano uno dei principali partner commerciali dell'Italia, soprattutto per il comparto agroalimentare e del lusso.
Crisi container: l'export italiano negli Usa a rischio per i dazi Trump
Nel 2023, gli Stati Uniti avevano rappresentato uno dei mercati più importanti per l’agroalimentare italiano, con importazioni di cibi, vini e liquori made in Italy per un valore di 4,4 miliardi di euro. Tuttavia, l’annuncio dei piani protezionistici del presidente eletto Donald Trump, con l’introduzione di nuovi dazi doganali, rischia di mettere a dura prova questa relazione commerciale. La prospettiva di un aumento dei prezzi, dovuto alle tariffe più alte, sta spingendo i produttori italiani a cercare soluzioni immediate per preservare il flusso delle esportazioni.
Crisi container per l'export italiano negli UsaMentre le aziende italiane hanno cercato di inviare negli Usa quanta più merce possibile prima dell’entrata in carica di Trump, incontrando però sfide logistiche sempre più complesse La mancanza di container, in particolare quelli refrigerati, rappresenta un ostacolo significativo. Michele Buccelletti, produttore di olio d’oliva e vino in Toscana e Umbria, sottolinea, ad esempio, come la disponibilità di container da 20 o 40 piedi sia quasi azzerata, una problematica aggravata dall’elevata domanda durante il periodo natalizio. Solitamente, Buccelletti esporta tra i 20.000 e i 30.000 litri di olio extravergine d’oliva negli Stati Uniti un paio di volte all’anno, ma l’urgenza di anticipare i dazi lo ha portato a pianificare spedizioni straordinarie, su richiesta degli stessi importatori statunitensi. Questa situazione è emblematica della tensione che sta attraversando l’intero settore.
Ma a preoccupare non è solo la possibile mancanza di container. L’altro fronte aperto riguarda lo sciopero dei porti della East Coast negli Stati Uniti, sospeso fino a gennaio 2025. Se con l’inizio del nuovo anno dovesse riprendere lo stato di agitazione, a risentirne potrebbero essere anche le spedizioni delle aziende italiane.
Sos Parmigiano Reggiano: l'eccellenza italiana
sotto attacco dai dazi americani
Di fronte allo spettro di nuovi dazi americani sui prodotti europei, la soluzione numero uno a cui lavora l’agroalimentare italiano resta lo sforzo diplomatico e di lobbying per cercare di convincere la prossima amministrazione statunitense a desistere. A luglio, per esempio, il Consorzio del Parmigiano Reggiano aveva aperto un ufficio operativo negli Stati Uniti, forse proprio in vista di un possibile inasprimento delle relazioni commerciali tra Washington e le capitali europee. «Vogliamo lavorare a stretto contatto con le istituzioni americane per avere una share of voice al Congresso e al governo», spiega Nicola Bertinelli, presidente del consorzio che riunisce 292 caseifici. L’obiettivo, precisa, è «tutelare il Parmigiano Reggiano» e «far capire che a noi interessa crescere nel territorio americano ma non in modo depauperante, bensì fornendo il nostro contributo nell’aumentare il Pil del Paese».
Il Parmigiano Reggiano messo in crisi dai dazi americaniNel caso di Parmigiano Reggiano, gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato estero, con una quota del 22% sulle esportazioni totali. In termini assoluti, si tratta di 14mila tonnellate di formaggio spedite ogni anno. «Imporre dazi su un prodotto come il nostro aumenterebbe solo il prezzo per i consumatori americani, senza proteggere realmente i produttori locali. È una scelta che danneggia tutti», spiega ancora Bertinelli. Parmigiano Reggiano si rivolge a una fascia alta di consumatori, con un prezzo medio di 20 dollari a libbra, esattamente il doppio dei 10 dollari a libbra del parmigiano americano.
Secondo il Consorzio, il mercato americano è quello con il più alto potenziale per i prossimi cinque anni, ma i dazi di Trump rischiano di rovinare i piani del consorzio, che punta ad aumentare le esportazioni verso gli Usa del 3% ogni anno nei prossimi sette anni. «Se i dazi rallentassero i consumi dei cittadini americani, questo target risulterebbe difficilmente raggiungibile», ammette Bertinelli.
Mutti e Rodolfi: prudenza sui dazi Usa, rischio speculazione
Aumentare rapidamente le esportazioni non è la soluzione per tutti, addirittura, osserva Francesco Mutti, amministratore delegato dell’azienda Mutti, può essere rischioso, la più grande esportatrice italiana di conserve di pomodoro per il mercato statunitense: «Bisogna considerare che i costi per comprare la merce e per stoccarla potrebbero non essere compensati se la minaccia dei dazi di Trump non si concretizzasse o se le tariffe fossero inferiori al previsto» dichiara Mutti.
Mutti e Rodolfi preoccupati per il rischio speculazioneA dubitare della strategia di chi aumenta le spedizioni verso gli Stati Uniti per prevenire possibili tariffe doganali è anche la Rodolfi Mansueto, altra storica azienda italiana del pomodoro. «La nostra strategia, che rifugge dalle speculazioni legate all’aumento delle esportazioni prima dell’entrata in vigore dei nuovi dazi, si basa e sviluppa su un’ottica di lungo periodo», spiega Riccardo Conforti, export manager dell’impresa emiliana. «Se l’aumento delle tariffe dovesse raggiungere il 20%, sicuramente si tratterebbe di un colpo al settore agroalimentare e, per quanto ci riguarda, alle nostre esportazioni negli Usa, che oggi rappresentano il 10% del nostro fatturato», aggiunge il manager di Rodolfi.
Antinori: «I dazi di Trump hanno danneggiato anche il vino italiano»
Tra il 2016 e il 2020 Trump aveva imposto dazi del 25% su vari prodotti europei, tra cui vini francesi e formaggi italiani, in risposta ai finanziamenti europei concessi al gigante aerospaziale Airbus. Anche se i vini italiani erano stati risparmiati dai dazi, le aziende vinicole ne avevano risentito lo stesso, spiega Albiera Antinori, presidente della cantina Marchesi Antinori, perché i rivenditori statunitensi avevano aumentato comunque i prezzi: «È stato un danno per l’intero settore. Mette in difficoltà i consumatori e la catena di approvvigionamento. Non tutti i produttori di vino italiani stanno accelerando le esportazioni», ha detto Antinori, dato che negli Stati Uniti sono già presenti grandi quantità di vino rosso.
I dazi di Trump danneggiano il vino italianoL’Italia, allora guidata dal governo di Giuseppe Conte, avviò un importante sforzo diplomatico per cercare di evitare le nuove tariffe doganali. Alla fine, qualche successo arrivò, per esempio scongiurando un aumento dei dazi sul parmigiano reggiano dal 25 al 40 per cento. Le esportazioni delle aziende italiane verso gli Stati Uniti continuarono ad aumentare anno dopo anno, ma a ritmi decisamente più contenuti rispetto a quelli dell’era pre-Trump. Secondo diversi istituti, la politica protezionistica promessa dal tycoon nell’ultima campagna elettorale potrebbe innescare ritorsioni da parte di altre grandi economie e dimezzare i volumi del commercio internazionale.
La strategia produttiva di Barilla non prevede ripercussioni
In controtendenza, Barilla, una delle eccellenze del Parmense e leader mondiale nella produzione di pasta, rappresenta un caso interessante nel panorama delle imprese italiane con una forte presenza internazionale. A differenza di altre aziende italiane potenzialmente esposte all'introduzione di nuovi dazi, l'azienda emiliana ha dichiarato di non prevedere particolari ripercussioni.
Barilla non prevede ripercussione dovute ai dazi sull'exportQuesta sicurezza deriva da una strategia produttiva avviata da tempo: la pasta destinata al mercato statunitense viene infatti prodotta direttamente in loco, grazie ai due stabilimenti operativi negli Stati Uniti, situati rispettivamente nello stato di New York e in Iowa.
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Dazi Usa: l'Italia punta su Meloni e Musk per proteggere l'agroalimentare
Secondo Luigi Pio Scordamaglia, capo area mercati, internazionalizzazione e politiche comunitarie della Coldiretti, lo stoccaggio di merci italiane potrebbe essere iniziato già prima della vittoria di Donald Trump, con diversi produttori che si preparavano a possibili cambiamenti nello scenario commerciale. Nei primi sei mesi del 2024, le esportazioni italiane di cibo e vino verso gli Stati Uniti avevano registrato un incremento significativo del 19,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
L‘Italia punta su Giorgia Meloni ed Elon Musk per proteggere l‘agroalimentareLe stime per il 2024 indicano che il valore complessivo delle esportazioni agroalimentari italiane verso gli Stati Uniti, il principale mercato extraeuropeo, potrebbe raggiungere i 7,8 miliardi di euro. Alcuni sperano che il presidente del consiglio Giorgia Meloni, che ha stretto una forte amicizia con Elon Musk, potente sostenitore di Trump e designato come capo di un nuovo ente con compiti di consulenza sul taglio delle spese delle agenzie federali, possa ottenere un trattamento di favore per i prodotti italiani.
A novembre il ministro degli esteri Antonio Tajani ha dichiarato che nel primo mandato Trump aveva dimostrato di avere un «occhio di riguardo per l’Italia e aveva fatto scelte diverse per noi rispetto ad altri paesi», il che potrebbe far sperare in una protezione dall’impatto delle tariffe doganali. «Siamo tutti preoccupati per i dazi, questo è un fatto», ha tuttavia ammesso Meloni mentre si trovava a Rio de Janeiro per il G20. Il suo governo, ha aggiunto, continuerà a dialogare con l’amministrazione Trump, cercando anche di rafforzare la competitività dell’Europa.
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