L’inutilità di certe etichette
(a partire da quelle gluten free)
Da qualche giorno è scattata la nuova normativa
sulle indicazioni da mettere sulle etichette degli alimenti destinati ai celiaci. E ancora una volta la vecchia burocrazia e il vizio tutto italiano di regolare ogni cosa in eccesso (quasi a giustificare che ci siano funzionari che occupano qualche scrivania...) ha partorito l’ennesima confusione.
Premesso che dovrebbe essere interesse primario di un’azienda segnalare se un prodotto è realizzato appositamente per chi ha dei problemi alimentari (in questo caso l’intolleranza al glutine), non ci riesce di capire perché era necessario fare un nuovo regolamento per non cambiare nulla e lasciare alla libera scelta del produttore indicare cosa vuole. Sembrerebbe che l’unica preoccupazione sia stata quella di sostituire termini come “dietetico” con “specificamente formulato per celiaci” (oppure “specificamente formulato per persone intolleranti al glutine”), sempre solo come diciture accessorie (e volontarie) rispetto al termine “senza glutine” o al termine “con contenuto di glutine molto basso”. Terminologie francamente ridicole, sulle quali potremmo anche elaborare delle variazioni semantiche per dire le stesse cose. Tanto l’italiano è ricco di incredibili sfumature linguistiche... Il problema è che questo regolamento sarà il frutto di riunioni e sarà magari costato anche molti soldi, solo per non agevolare il consumatore o il produttore, sempre più in confusione.
Eppure sul tema delle etichette si giocano delle partite davvero importanti, sia da un punto di vista commerciale sia, soprattutto, da quello della salute e di una corretta alimentazione.
Ciò che dispiace è che proprio il ministero della Salute abbia perso l’ennesima occasione per fare un po’ di semplificazione e di chiarezza. Il punto vero è che “tutti” abbiamo bisogno di avere indicazioni chiare, non solo sul glutine ovviamente. Poiché la composizione di ogni prodotto alimentare è certa (e in genere è individuabile in etichetta scorrendo dall’alto verso il basso le percentuali), la questione vera sta nell’individuare in fretta se una confezione può o meno essere adatta a chi soffre di determinate patologie.
Per diabetici (se con poco zucchero), per celiaci (se in assenza di glutine), per intolleranti al lattosio, al nichel, ecc. Queste semplici indicazioni dovrebbero riguardare una serie di prodotti che è interesse delle aziende promuovere con etichette chiare e rispettose di poche regole di base. Alle istituzioni, invece di preoccuparsi degli aggettivi e degli articoli, e invece di scrivere regolamenti inutili, toccherebbe di controllare (e nel caso autorizzare o sanzionare) se ciò che è riportato in etichetta corrisponde al vero. Il resto è solo aria fritta.
sulle indicazioni da mettere sulle etichette degli alimenti destinati ai celiaci. E ancora una volta la vecchia burocrazia e il vizio tutto italiano di regolare ogni cosa in eccesso (quasi a giustificare che ci siano funzionari che occupano qualche scrivania...) ha partorito l’ennesima confusione.
Premesso che dovrebbe essere interesse primario di un’azienda segnalare se un prodotto è realizzato appositamente per chi ha dei problemi alimentari (in questo caso l’intolleranza al glutine), non ci riesce di capire perché era necessario fare un nuovo regolamento per non cambiare nulla e lasciare alla libera scelta del produttore indicare cosa vuole. Sembrerebbe che l’unica preoccupazione sia stata quella di sostituire termini come “dietetico” con “specificamente formulato per celiaci” (oppure “specificamente formulato per persone intolleranti al glutine”), sempre solo come diciture accessorie (e volontarie) rispetto al termine “senza glutine” o al termine “con contenuto di glutine molto basso”. Terminologie francamente ridicole, sulle quali potremmo anche elaborare delle variazioni semantiche per dire le stesse cose. Tanto l’italiano è ricco di incredibili sfumature linguistiche... Il problema è che questo regolamento sarà il frutto di riunioni e sarà magari costato anche molti soldi, solo per non agevolare il consumatore o il produttore, sempre più in confusione.
Eppure sul tema delle etichette si giocano delle partite davvero importanti, sia da un punto di vista commerciale sia, soprattutto, da quello della salute e di una corretta alimentazione.
Ciò che dispiace è che proprio il ministero della Salute abbia perso l’ennesima occasione per fare un po’ di semplificazione e di chiarezza. Il punto vero è che “tutti” abbiamo bisogno di avere indicazioni chiare, non solo sul glutine ovviamente. Poiché la composizione di ogni prodotto alimentare è certa (e in genere è individuabile in etichetta scorrendo dall’alto verso il basso le percentuali), la questione vera sta nell’individuare in fretta se una confezione può o meno essere adatta a chi soffre di determinate patologie.
Per diabetici (se con poco zucchero), per celiaci (se in assenza di glutine), per intolleranti al lattosio, al nichel, ecc. Queste semplici indicazioni dovrebbero riguardare una serie di prodotti che è interesse delle aziende promuovere con etichette chiare e rispettose di poche regole di base. Alle istituzioni, invece di preoccuparsi degli aggettivi e degli articoli, e invece di scrivere regolamenti inutili, toccherebbe di controllare (e nel caso autorizzare o sanzionare) se ciò che è riportato in etichetta corrisponde al vero. Il resto è solo aria fritta.
ALBERTO LUPINI
direttore Italiaatavola
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