Dopo un 2024 da record negativo, la produzione mondiale di vino mostra un piccolo segnale di ripresa. Infatti, secondo le stime diffuse dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv), il 2025 dovrebbe chiudersi con circa 232 milioni di ettolitri prodotti a livello globale, pari a un aumento del 3% rispetto all’anno precedente. Una crescita definita “lieve”, che però riporta un po’ di ossigeno in un settore che negli ultimi anni ha dovuto fare i conti con un clima sempre più imprevedibile.

Un rimbalzo fragile dopo l’annata più bassa dal 1961
La fotografia scattata dall’Oiv si basa sui dati di 29 Paesi, che insieme rappresentano l’85% della produzione mondiale. Si tratta di una ripresa fragile, ancora lontana dai livelli pre-crisi, ma che segnala comunque una stabilizzazione dopo il crollo del 2024, quando la vendemmia mondiale aveva toccato il punto più basso dal 1961. Gli effetti delle gelate primaverili, delle grandinate improvvise e delle ondate di calore avevano colpito gran parte dei vigneti europei e sudamericani, riducendo drasticamente la resa e mettendo in difficoltà intere filiere locali.
L’Italia torna a guidare la classifica mondiale
In questo contesto, l’Italia si conferma il primo produttore mondiale di vino, con una stima di 47,4 milioni di ettolitri, tornando sui suoi valori medi degli ultimi anni. Un risultato che riporta il Paese in cima alla classifica, davanti a Francia e Spagna, e che testimonia la tenuta del sistema vitivinicolo italiano anche in condizioni climatiche complesse. Le regioni del Nord hanno beneficiato di una stagione più equilibrata rispetto al 2024, mentre al Centro e al Sud il caldo estivo ha inciso in modo diverso, anticipando in alcuni casi la raccolta e favorendo concentrazioni zuccherine più alte.
Tra clima, mercato e futuro del vino
Nonostante l’aumento complessivo, l’Oiv sottolinea come il quadro generale resti di bassa produzione strutturale. Il vino, come molti altri prodotti agricoli, è ormai una cartina di tornasole del cambiamento climatico: le annate estreme si alternano a raccolti scarsi, e la capacità di adattamento dei produttori diventa un fattore decisivo. L’equilibrio tra quantità e qualità continua così a essere una sfida, specie in un mercato globale che premia sempre più l’identità e la sostenibilità rispetto ai volumi.

In attesa dei dati definitivi, la vendemmia 2025 sembra restituire al comparto un po’ di serenità, pur dentro un quadro di incertezza che resta evidente. L’Italia, forte della sua tradizione e della diversità dei suoi territori, dimostra ancora una volta di saper reagire, mantenendo saldo il proprio ruolo di riferimento nel mondo del vino. Ma il messaggio che arriva dai numeri dell’Oiv è chiaro: la produzione mondiale torna a crescere, sì, ma resta vulnerabile. E forse è proprio da questa vulnerabilità che il vino dovrà ripartire, ripensando il suo futuro tra vigneti sempre più esposti e un pianeta che cambia più in fretta di quanto si possa bere un bicchiere.

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