martedì 23 dicembre 2025

Ristorazione mono-prodotto...

 

Ristorazione 

mono-prodotto: il sogno di una food court diversa (senza mega brand)

Un modello di ristorazione fondato sulla specializzazione estrema, in cui un solo piatto o prodotto guida cucina, filiera e servizio, permettendo controllo reale della qualità, competenza tecnica e identità chiara, senza scorciatoie industriali. Applicato a una food court, questo approccio diventa sistema: più cucine autonome, meno brand dominanti

Ristorazione mono-prodotto: il sogno di una food court diversa (senza mega brand)

Anni fa alcuni amici mi portarono in un ristorante ad Ariccia (in provincia di Roma), senza menu e che proponeva unicamente bucatini all’Amatriciana (foto in apertura). Ne ordinammo due giri. Quella fu la mia prima esperienza di ristorazione mono-food e ne rimasi sorpreso. A parte la convinzione di aver assaggiato la migliore amatriciana del pianeta (limitata ai miei primi 18 anni di vita), pur non avendo all’epoca alcuna esperienza nella ristorazione, pensai: questo è il futuronon tanto riferito a quello specifico bucatinoquanto alla possibile diffusione di ristoranti specializzati in un solo prodottoper proporlo meglio di chiunque altroCiò che mi sfuggiva era il fatto che quel futuro fosse già presente.

Ristorazione mono-prodotto: un modello 

già diffuso negli Usa

In Italia non erano ancora diffusima negli anni ’90 i centri commerciali negli Stati Uniti già proponevano, nell’area dedicata al ristoro, quasi esclusivamente proposte mono-food. Le food court erano circolari, delimitate da chioschi con all’interno tavoli e sedute. Ma non c’erano McDonalds e grandi marchiquanto piuttosto piccoli brandquasi tutti con una sola proposta, dal chiosco dello steak-sandwich a quello dei burrito. Non credo affatto che quella fosse la rappresentazione virtuosa della ristorazione mono-food, perché non c’era lo stesso livello di qualità e autenticità del bucatino all’Amatriciana di Ariccia. Ma era comunque un buon inizio.

Dal successo alla standardizzazione 

dei format ristorativi

Nel tempoanziché diffondersiil modello è stato sostituitoOggisia i centri commerciali come i centri delle grandi cittàsono cannibalizzati dai grandi brand. Così come le nuove idee. Il futuro a cui va incontro una ricetta o un’idea ristorativa di successo, specialmente se facile da replicare, una volta raggiunto il successo, viene riprogrammato. Oggi un brand con due soli punti vendita (e da mezzo milione di fatturato ciascuno) verrà probabilmente acquistato da un gruppoA gestire quel brand ci sarà un consiglio di amministrazione con l’obiettivo di fare aumentare fatturato e profitto. Ad oltranza. Passando da 2 a 100 store in due anni, in quei locali si passa dal cucinare all’assemblare.

Ristorazione mono-prodotto: il sogno di una food court diversa (senza mega brand)

Nel tempo il modello del mono-prodotto è stato sostituito dai grandi marchi

E passando da 100 mega brand a 10milatra qualche anno nel mercato “Terra” si andrà incontro all’appiattimento dei sapori…: “ma questo è dolce o pesce?”, “né l’uno né l’altro, signora, è Tiramisushi!”. Per fortunatale rischio è solo immaginario (almeno oggi). Esiste una galassia di laboratorifornipasticceriepastificipizzerieristoranti che, ottenuto il successo, lo gestiscono diversamente. E non ha nulla a che fare con l’accontentarsi, anzi: spesso si tratta di talenti che vivono la propria idea di cucina e ristorazione con trasporto, che puntano sempre a migliorarsi ed evolversi al punto tale da cambiare e fare evolvere l’arte stessa. Per la pizza, giusto per fare due esempi, si pensi a Franco Pepe e a I Masanielli. Così come i tanti locali dal concept o menu unici e d’avanguardia ubicati in ogni angolo del Paese. A propositosegnalo il grande successo del recente La Rue a Milanocon in menu solo entrecôte.

La food court dei sogni 

(con ristorazione mono-prodotto)

Al netto di tutto ciòper mantenere la qualità altabisogna farsi carico di più alti costiche inevitabilmente fanno aumentare i prezzi. E con l’attuale perdita della capacità di spesa, una fetta sempre più ampia di mercato continuerà a preferire i grandi brand dal prezzo e dal sapore ridotto. Per bilanciare l’ultima riga di pessimismo cosmicodescrivo la mia food court utopicainnanzituttoè all’apertoÈ delimitata da diverse cucine-laboratorio specializzateognuna su un monoprodotto di livello “bucatino d’Ariccia”. Tavoli e sedute, con predominanza di tavoli sociali, sono al centrocome nelle prime food court ma… con servizio a tavola.

I camerieri non sono professionistima intendono diventarloVengono, infatti, ben formati e meglio pagatigestiscono tutti i mono-menu sono retribuiti da tutte le cucine commerciali che lì operano. Resteranno il tempo necessario per diventare bravi, poi proseguiranno il loro percorso altrove. Non c’è bisogno di prenotarel’area è ampia e, se non bastasi amplia ulteriormente. Lo spazio è pubblico e tutti sono benvenuti. I brand, pur proponendo cucina di qualità, sono perlopiù sconosciuti eottenuto il successotraslocheranno e si espanderanno altrovelasciando spazio e visibilità a nuovi protagonisti.

Ristorazione mono-prodotto: il sogno di una food court diversa (senza mega brand)

Un rendering della food court dei sogni

La food court è gestita da un’associazione no-profit di professionisti di settorerimborsati dagli enti pubblici coinvolti e qualsiasi “profit” rimanente dalle royalty ricevute dai singoli brand presenti andrà reinvestito e ridato alla comunità. I bisognosi potranno così far richiesta di un pasto “sospeso” da qualsiasi menu della food court, ogni giorno, e consumarlo lì, comodamente, accanto a lavoratori, studenti, pensionati, famiglie, turisti e a chiunque non disprezzi la contaminazione, sia umana che culinaria. Infine, in quella food-court / incubatrice di sogni / centro di ricerca / accademia di alta formazione / foro d’accoglienza inclusiva, seppur all’aperto, ci sarà il sole anche quando piove.

Per chi fosse interessato, Giovanni Di Tomaso è autore di "In Vino Business" dedicato alla gestione strategica della wine list nella ristorazione.

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