Commercio e turismo, -7% i fallimenti
Ma poche imprese avvertono la ripresa
Nel
primo semestre del 2015 è stata registrata una diminuzione dei
fallimenti del 7%
per le imprese del settore commercio e turismo. Ma i segnali di ripresa vengono avvertiti solo da una minoranza, il 17%, delle imprese. Una lieve attenuazione della crisi dal 2011, anche se continuano le cessazioni di attività
per le imprese del settore commercio e turismo. Ma i segnali di ripresa vengono avvertiti solo da una minoranza, il 17%, delle imprese. Una lieve attenuazione della crisi dal 2011, anche se continuano le cessazioni di attività
Prima inversione di
tendenza per i fallimenti nel commercio e nel turismo. Nel primo
semestre del 2015 sono fallite 1.334 imprese: un numero ancora alto -
sono più di 7 al giorno - ma inferiore del 7% al livello registrato nel
2014. Si tratta del primo calo tendenziale registrato dal 2011. Si
assiste dunque a una lieve attenuazione della crisi, anche se continuano
le cessazioni di attività: da gennaio ad aprile sono state oltre
26mila, per un saldo tra aperture e chiusure negativo per quasi 16mila
imprese: 10.654 nel commercio e 5.254 nel turismo.
È la fotografia scattata dall’Osservatorio semestrale sul Commercio e Turismo condotto per Confesercenti da Cribis D&B, società del gruppo Crif specializzata nella business information, che gestisce il più ampio patrimonio informativo sulla struttura economico-finanziaria delle imprese italiane e sui loro comportamenti di pagamento. Nonostante il miglioramento, il numero di fallimenti rimane comunque troppo elevato: è il 36% oltre il livello registrato nel 2011, più del doppio (+106%) delle 647 procedure fallimentari del primo semestre del 2009. Sul fronte di pagamenti, si registra un lieve miglioramento nel commercio: nel secondo trimestre dell’anno le imprese che hanno saldato con un ritardo grave (oltre i 30 giorni rispetto alla data di scadenza) sono state il 24,2%, lo 0,4% in meno rispetto ai primi tre mesi.
È la fotografia scattata dall’Osservatorio semestrale sul Commercio e Turismo condotto per Confesercenti da Cribis D&B, società del gruppo Crif specializzata nella business information, che gestisce il più ampio patrimonio informativo sulla struttura economico-finanziaria delle imprese italiane e sui loro comportamenti di pagamento. Nonostante il miglioramento, il numero di fallimenti rimane comunque troppo elevato: è il 36% oltre il livello registrato nel 2011, più del doppio (+106%) delle 647 procedure fallimentari del primo semestre del 2009. Sul fronte di pagamenti, si registra un lieve miglioramento nel commercio: nel secondo trimestre dell’anno le imprese che hanno saldato con un ritardo grave (oltre i 30 giorni rispetto alla data di scadenza) sono state il 24,2%, lo 0,4% in meno rispetto ai primi tre mesi.
A livello
geografico, il sud e le isole mostrano le maggiori criticità: la
percentuale di pagamenti oltre i 30 giorni dalla scadenza è del 33,9%,
contro il 28,5% del centro, il 15,5% del nord ovest e il 13,3% del nord
est. Rimangono sopra la media i ritardi oltre 30 giorni per la
somministrazione (36,5%) e per il commercio al dettaglio di generi
alimentari (30,4%). Qualche piccolo progresso anche per gli alberghi,
dove la quota di ritardi gravi passa dal 14,1% del primo trimestre al
13,5% del secondo. «Qualcosa si muove, ma l’uscita della crisi è ancora
lontana», analizza Confesercenti. «Dal 2011 commercio e turismo sono
entrati in una recessione profonda, dovuta al crollo dei consumi
interni, all’aumento della pressione fiscale, soprattutto quella locale,
e alla stretta del credito. La ripresa non è ancora stata percepita
dalla maggior parte delle piccole e medie imprese, per le quali il
ritorno alla crescita appare ancora una chimera».
«Oltre 8 imprenditori su 10, (82%), dichiarano di non aver intercettato l’inversione di tendenza nei primi sei mesi dell’anno: più di uno su due (51%) non rileva miglioramenti rispetto al 2014, mentre il 31% sostiene di avere subito un nuovo calo. Solo il 17% delle imprese vede segnali di miglioramento. Bisogna agire subito per tutelare due settori che garantiscono oltre 6 milioni di posti di lavoro. Per questo chiediamo la creazione di un Testo Unico del Lavoro Indipendente, che preveda fra gli interventi più urgenti tassazione e contribuzione agevolata per i primi tre anni di attività delle nuove imprese, formazione continua per gli imprenditori, tutele del reddito in caso di inattività temporanea o di cessazione di attività per crisi di mercato, e un particolare sostegno dell’imprenditoria giovanile e femminile, necessario per favorire l’avvio di attività in proprio da parte di lavoratori dipendenti espulsi dal mercato del lavoro».
«Oltre 8 imprenditori su 10, (82%), dichiarano di non aver intercettato l’inversione di tendenza nei primi sei mesi dell’anno: più di uno su due (51%) non rileva miglioramenti rispetto al 2014, mentre il 31% sostiene di avere subito un nuovo calo. Solo il 17% delle imprese vede segnali di miglioramento. Bisogna agire subito per tutelare due settori che garantiscono oltre 6 milioni di posti di lavoro. Per questo chiediamo la creazione di un Testo Unico del Lavoro Indipendente, che preveda fra gli interventi più urgenti tassazione e contribuzione agevolata per i primi tre anni di attività delle nuove imprese, formazione continua per gli imprenditori, tutele del reddito in caso di inattività temporanea o di cessazione di attività per crisi di mercato, e un particolare sostegno dell’imprenditoria giovanile e femminile, necessario per favorire l’avvio di attività in proprio da parte di lavoratori dipendenti espulsi dal mercato del lavoro».
Italiaatavola
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