martedì 25 settembre 2018

Case vacanze ed evasione fiscale È tempo di punire i furbetti

Case vacanze 

ed evasione 

fiscale 
È tempo 

di punire 

i furbetti


Tra case vacanze irregolari e pubblici esercizi abusivi, non è accettabile che chi froda lo Stato, creando problemi di concorrenza sleale a chi gestisce alberghi o negozi regolari, possa farla franca ancora una volta




Un tempo, girando in qualche località turistica non era difficile trovare cartelli con scritto “camere in affitto”. Non c’era Internet, bisognava cercare e ci si accordava al momento. Avere una ricevuta era una rarità, anche se tutti in paese sapevano di quei cartelli, a partire dai vigili, che magari ti sapevano indirizzare con precisione dove andare a bussare.

(Case vacanze ed evasione fiscale È tempo di punire i furbetti)

Ora col web si parte da casa sapendo già dove si può dormire. Tutti sanno che certe abitazioni sono diventate B&B (ci sono addirittura cartelli lungo le strade) e il numero delle stanze disponibili per residenze temporanee è cresciuto a dismisura in tutta Italia. Un dato però è rimasto costante: la tendenza ad evadere l’Iva e a non pagare le tasse.

Sono note le polemiche dei mesi scorsi sull’attività di Airbnb e sulle mancate regolamentazioni della parte fiscale. Ora si aggiunge un altro tassello che la dice lunga su un andazzo che deve essere assolutamente regolato. Secondo la Guardia di Finanza, il 50% delle case affittate quest’estate era irregolare e completamente sconosciuto al fisco. Fra giugno e settembre almeno un proprietario su due di seconde o terze case (e in molti casi anche molte di più) al mare, in montagna e nelle città d’arte, avrebbe fatto affitti in nero. Puglia, Lazio e Toscana le regioni dove si evade di più.

Ciò che dovrebbe fare suonare un campanello d’allarme non è l’affitto di una porzione di casa da parte di privati cittadini che magari arrotondano un po’ le loro scarse entrate. L’affitto irregolare delle cosiddette case vacanze è un fenomeno che riguarda anche e forse soprattutto società immobiliari. Ed è sempre nelle località turistiche che abbonda anche il fenomeno di attività commerciali abusive, senza licenze e senza registratori di cassa, spesso svolte sotto l’occhio complice (o quanto meno chiuso...) delle amministrazioni comunali, che non possono non sapere cosa avviene sul territorio.

In vista della manovra economica del Governo si fa un gran parlare di possibili condoni, o almeno di una “pulizia” per migliorare il rapporto con il fisco da parte di imprenditori che sono stati in difficoltà per la crisi. Francamente non ci convincono iniziative di questo tipo, ma sicuramente riteniamo che non sia accettabile che chi ha frodato in maniera così evidente lo Stato, creando problemi di concorrenza sleale a chi gestisce alberghi o negozi regolari, possa farla franca ancora una volta. Non c'è "pace fiscale" che tenga.

Se davvero qualcuno vuole mettere una pietra sopra ai debiti di chi non ha potuto pagare le tasse, non possiamo pensare che gli evasori fiscali che non hanno “voluto” pagare le tasse non siano colpiti come è giusto che sia.

E questo non per un astratto richiamo ai principi che regolano una convivenza civile, ma perché dobbiamo fare i conti con una realtà che brucia: l’Italia resta il primo Paese europeo per l’Iva evasa. Mancano all’appello, secondo la Commissione europea, circa 36 miliardi di euro, valore più che doppio rispetto alla media. Lasciare aperto il settore dei B&B e delle case vacanze non è certo un bel modo per rendere più responsabili gli italiani e più efficiente il nostro sistema di accoglienza turistica.
di Alberto Lupini
direttore Italiaatavola

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