giovedì 27 maggio 2021

La leadership mondiale del vino italiano è a rischio senza il rilancio di Horeca e turismo

 

La leadership mondiale 

del vino italiano è a rischio senza il rilancio 

di Horeca e turismo


A margine dell'assemblea generale, Federvini ha fotografato le sfide del settore che spaziano dalla riapertura di bar, ristoranti e catering all'alleggerimento fiscale e burocratico. La presidente Pallini: «Serve un deciso supporto nel tutelare in sede comunitaria le produzioni Made in Italy, dove vediamo rischi di pericolose derive normative»

Lasciandosi alle spalle un anno difficile, a margine dell'assemblea generale, Federvini ha fatto il punto sulle sfide che attendo uno dei settori più trainanti del Made in Italy nel mondo. Un incontro fatto di numeri e trend a cui hanno partecipato anche il ministro al Turismo, Massimo Garavaglia e quello alle Politiche Agricole, Stefano Partuanelli e che tratteggia quale sarà il mercato del prossimo futuro per un comparto che conta 340mila aziende, oltre un milione di addetti e un fatturato che tra componendi dirette e indotte vale circa il 2% del Pil nazionale.
Innanzitutto, la pandemia. L'emergenza Covid ha impattato in modo drammatico sul settore, a causa delle chiusure imposte al canale Horeca e dell’andamento delle esportazioni. Nel 2020, rispetto al 2019, le vendite di spiriti e vini attraverso bar, ristoranti, catering e simili hanno registrato in Italia una riduzione di ricavi pari a circa 1,25 miliardi di euro. Per quanto riguarda l'export, sono diminuite le spedizioni fuori confine di circa 261 milioni di euro. Insieme, tutto ciò ha generato una perdita complessiva di ricavi pari a circa 1,5 miliardi di euro. Numeri che sono stati compensati solo in minima parte da altri canali (basti pensare all'exploit dell'eCommerce) e che per il 2021 dovrebbero rimanere ancora timidi rispetto alle tanto agognate riaperture. Scenari non del tutto promettenti per il nostro Paese che, secondo i dati della Fondazione Edison, nel periodo pre-pandemico aveva raggiunto il primo posto al mondo per produzione e il secondo per esportazione di vini e mosti.

Riaperture fondamentali, ma servono più facilitazioni: dal plateatico all'orario di apertura dei mini-market

Da qui la necessità di agire profondamente per rilanciare il settore dei vini, spirits e aceti attraverso iniziative mirate e, allo stesso tempo, trasversali rispetto ai vari canali di distribuzione. Punto di partenza, ovviamente, sono le varie riaperture. D'altronde, l’impatto determinato dalle chiusure dimostra quanto esercizi pubblici, ospitalità e turismo siano centrali per intere filiere produttive. Servono quindi maggiori misure a sostegno della ripresa di queste attività, come le facilitazioni per l'utilizzo degli spazi esterni oppure la cancellazione del divieto di vendita di alcolici dopo le 18.00 nei cosiddetti mini-market (tra i quali ricadono centinaia di punti vendita dei più noti marchi della grande distribuzione). «Il comparto dei vini, in questa lunga crisi, ha sofferto delle enormi difficoltà del canale Horeca e del blocco del turismo. Al turismo sono legate dimensioni di particolare rilevanza per i produttori e per la loro filiera: ospitalità, contatto diretto con il consumatore, cultura del prodotto. Per questo è per noi importante lavorare insieme al sistema italiano della promozione turistica, in modo coeso e coordinato e con una pianificazione di lungo periodo», ha ricordato Albiera Antinori, presidente del Gruppo Vini di Federvini.

Meno burocrazia per velocizzare l'arrivo dei prodotti sul mercato

Per quanto riguarda le aziende produttive, la richiesta è quella di ridurre e facilitare gli adempimenti e le competenze amministrative che colpiscono il settore; a partire dall’abolizione del contrassegno fiscale per gli spiriti. L'idea generale che sta alla base di questa richiesta è il fatto che l’impianto burocratico-amministrativo non dovrebbe ostacolare la vita di impresa. Si chiede quindi che la semplificazione si attui non solo attraverso minori adempimenti ma anche riducendo il tempo necessario a mettere d’accordo diversi ambiti amministrativi con aggravi di costi e di tempi. Federvini sollecita, inoltre, interventi fiscali quali la rimodulazione mirata dell’aliquota Iva. Per il settore degli spiriti la richiesta è quella di una riduzione del 5% delle accise, come segnale di attenzione per un settore particolarmente penalizzato dalle chiusure del 2020 e del 2021.

Sull'export pesa ancora il fantasma dei dazi

Detto del mercato interno, l'attenzione di Federvini si concentra anche sull'export di cui vini, distillati, liquori e aceti rappresentano la punta di diamante, nonché ambasciatori dello stile italiano nel mondo. In questo ambito il sostegno si deve tradurre sempre più nella difesa degli spazi commerciali, insidiati da tendenze proibizionistiche o dalla costruzione di barriere immateriali di carattere normativo che in realtà rappresentano grandi ostacoli alla libera concorrenza. Stiamo parlando dei dazi che da più di un anno ostacolano gli interscambi fra Stati Uniti e Europa. Altre forme di sostegno potranno provenire da misure di defiscalizzazione del fatturato realizzato con l’export e/o di detrazione fiscale per le spese legate alla comunicazione e alla promozione sui mercati esteri. «Il settore ha bisogno di sentire al proprio fianco l’impegno concreto delle istituzioni. Occorrono interventi di semplificazione amministrativa e di carattere fiscale, così come un deciso supporto nel tutelarci in sede comunitaria, dove vediamo rischi di pericolose derive normative che minacciano quello che è un patrimonio italiano nel mondo. Lo stesso impegno è necessario sull’arena del commercio internazionale, contro dazi e barriere protezionistiche spesso applicati per ragioni che nascono al di fuori del mondo enogastronomico e, infine, nella promozione del Paese all’estero, dove scontiamo la migliore organizzazione e continuità di concorrenti diretti come la Francia», ha commentato Micaela Pallini, presidente di Federvini.

In Europa la battaglia per la Dieta Mediterranea e lo stile di consumo del vino

Da superare c'è anche lo scoglio culturale e sociale sulle abitudini di consumo del vino promuovendo il trittico che lega consumo responsabile, sostenibilità ambientale e cultura enologica. Argomenti che calzano appieno alla Dieta Mediterranea. Ma non sembrano trovare molto ascolto in Europa dove il dibattito sulla salute dei cittadini rischia di tradursi in pulsioni proibizionistiche e demonizzatrici quali la minaccia di “health warning” sulle nostre etichette, le possibili restrizioni alla promozione e valorizzazione dei nostri prodotti, la spada di Damocle dell’uso dell’arma fiscale per fini cosiddetti “salutistici”.italiaatavola




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