Le cantine a conduzione familiare sono sempre più al centro dell’interesse dei viaggiatori stranieri che scelgono l’Italia per un’esperienza enogastronomica. Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania guidano la classifica dei Paesi da cui arrivano i turisti più curiosi di varcare le soglie di aziende vitivinicole dove a riceverli è direttamente chi ci lavora ogni giorno, con il proprio nome a garanzia della qualità. È un trend che emerge con chiarezza dalle anticipazioni del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano curato da Roberta Garibaldi, presidente di Aite (Associazione italiana turismo enogastronomico) e docente universitaria.
Lo scenario italiano, va sottolineato, offre il terreno ideale a questo tipo di esperienza. Infatti, secondo i dati Ismea contenuti nel report “L’Italia del vino 2025”, il nostro Paese conta oltre 240mila aziende agricole dedicate alla coltivazione dei vigneti e circa 30mila realtà vinificatrici, con una presenza industriale decisamente minoritaria (1.883 aziende). È dunque un comparto diffuso e frammentato, dove il modello dell’impresa familiare è, in poche parole, la norma.
Le preferenze dei turisti e le generazioni a confronto
E i numeri sulle preferenze dei turisti lo confermano. Negli ultimi tre anni, le visite in cantina sono risultate l’esperienza enogastronomica più apprezzata dai viaggiatori provenienti, come detto in apertura, da Usa, Regno Unito e Germania: il 22% degli americani ha dichiarato di averle praticate, il 18% dei britannici e il 17% dei tedeschi. Guardando però alle intenzioni future, la percentuale sale vertiginosamente. Ben il 78% dei turisti statunitensi prevede di includere la visita a una cantina nei prossimi viaggi in Italia, insieme al 74% dei britannici e al 61% dei tedeschi. Se poi si guarda nello specifico ai luoghi di produzione del vino, i dati sono ancora più significativi: li indicano come obiettivo prioritario il 42% degli americani, il 36% dei britannici e il 30% dei tedeschi. Una preferenza che mette le cantine davanti a frantoi, aziende olivicole e caseifici.
Ancora più netta è la spinta verso le realtà a conduzione familiare. Negli Stati Uniti il 68% degli intervistati le mette al primo posto, seguiti dai britannici con il 57% e dai tedeschi con il 49%. E se si entra nel dettaglio generazionale, i dati raccontano sfumature interessanti. La GenZ americana raggiunge addirittura l’82% di preferenze, mentre i giovani britannici si fermano al 67% e i tedeschi al 33%. In Germania, l’interesse cresce con l’età e tocca il picco massimo tra la GenX (45-54 anni). Nel Regno Unito, invece, sono i Millennials a trainare il fenomeno: nella fascia 25-34 anni il 78% indica la cantina familiare come meta preferita.
L’autenticità come valore aggiunto
«Entrare in una cantina familiare - spiega Roberta Garibaldi - è una delle esperienze enogastronomiche più gradite dai turisti internazionali. I dati del Rapporto evidenziano che superano, per gradimento, le visite alle aziende dei brand più conosciuti e sono precedute soltanto dalla scoperta delle dimore storiche italiane. A emozionare chi visita il nostro Paese è il fatto di essere accolti direttamente dalla proprietà, che poi gestisce in toto o in parte le visite guidate, con il necessario supporto di figure professionali specializzate nell’incoming».
«Questo valore aggiunto assicurato dall’autenticità deve essere accompagnato dai necessari investimenti in comunicazione digitale, promozione multicanale e dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale per acquisire visibilità nella rete ed entrare così non solo all’interno dei pacchetti dei tour operator di riferimento nei Paesi di origine dei turisti internazionali, ma anche nei radar dei turisti stessi che si creano autonomamente il proprio viaggio in Italia» conclude Garibaldi.
Le nuove competenze per il turismo del vino
Una prospettiva che, come detto, chiama così in causa nuove figure professionali. Le aziende familiari, secondo Garibaldi, dovrebbero infatti considerare il supporto del consulente di turismo enogastronomico, una professione individuata dal "Libro bianco sulle professioni del turismo enogastronomico", frutto di un lavoro congiunto tra Aite, UnionCamere, Associazione nazionale Città dell’Olio, Associazione nazionale Città del Vino, Cna turismo e commercio, Coldiretti, Confartigianato Turismo, Consulta nazionale Distretti del Cibo, Federazione nazionale delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori e Unione italiana vini.
Si delinea così un futuro in cui la forza delle cantine familiari potrà continuare a essere l’autenticità del racconto e dell’accoglienza, ma con il sostegno di competenze professionali capaci di valorizzarne il potenziale e di renderle sempre più visibili a un pubblico internazionale. Perché il desiderio dei turisti c’è già, ora tocca alle aziende mettersi nelle condizioni di intercettarlo.
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