Negli Usa è guerra
alle false recensioni
In Italia tutto fermo
per TripAdvisor
L’ordinamento giuridico italiano non disciplina il fenomeno della pubblicità occulta
diffusa in rete da soggetti che si nascondono tra lo stesso pubblico di consumatori. Perciò emerge una lacuna nel sistema interno. Al contrario negli Stati Uniti Amazon ha denunciato vari siti venditori di pacchetti di recensioni false Amazon sta portando in tribunale i siti venditori di pacchetti di recensioni false. Intelligentemente la net company ha capito che la pubblicità occulta sotto forma di recensioni fasulle non può che inquinare il mercato e recare danno alla propria reputazione e credibilità. TripAdvisor invece va in tribunale per negare l'esistenza della pubblicità occulta (pensiamo al Tar Lazio) profittando delle lacune del nostro sistema giuridico in materia.
diffusa in rete da soggetti che si nascondono tra lo stesso pubblico di consumatori. Perciò emerge una lacuna nel sistema interno. Al contrario negli Stati Uniti Amazon ha denunciato vari siti venditori di pacchetti di recensioni false Amazon sta portando in tribunale i siti venditori di pacchetti di recensioni false. Intelligentemente la net company ha capito che la pubblicità occulta sotto forma di recensioni fasulle non può che inquinare il mercato e recare danno alla propria reputazione e credibilità. TripAdvisor invece va in tribunale per negare l'esistenza della pubblicità occulta (pensiamo al Tar Lazio) profittando delle lacune del nostro sistema giuridico in materia.
Nell'e-commerce il detto “la pubblicità è l'anima del commercio” risulta ancor più vero. Deve trattarsi tuttavia di una pratica virtuosa altrimenti assume la dimensione di un morbo velenoso che inquina tutto il mercato presente sulla piattaforma online in cui alligna. Lo sanno bene gli albergatori e ristoratori,protagonisti involontari di TripAdvisor, assediati da forme di pubblicità occulta insita nelle sedicenti recensioni dei viaggiatori.
Esistono siti web come fiverr.com o buyazonreviews.com dai quali è possibile acquistare pacchetti di recensioni a cinque stelle a una ventina di dollari cadauna. Amazon ha dichiarato guerra a queste forme di pubblicità illecita sulla propria piattaforma: «una piccola minoranza di produttori e venditori tenta di ottenere ingiusti vantaggi competitivi creando recensioni false e ingannevoli per i loro prodotti su amazon.com. Sebbene in piccolo numero, queste recensioni rischiano di minare la fiducia che i clienti e la stragrande maggioranza di venditori e produttori ripongono in Amazon, offuscando in questo modo il marchio della società».
Da aprile scorso il big dell'e-commerce ha attivato una serie di azioni legali nei confronti dei provider venditori di false recensioni portando in tribunale buyamazonreviews.com, bayreviews.net e buyreviewsnow.com. Il titolare di buyamazonreviews.com ha dichiarato che non fa nulla di male: i suoi utenti ricevono sconti o prodotti gratis ma si impegnano a fornire recensioni "oneste".
Il nostro ordinamento giuridico non risulta pronto a disciplinare il fenomeno della pubblicità occulta diffusa in rete da soggetti che si nascondono tra lo stesso pubblico a cui questa promozione si offre. Il D.lgs. 146/07 in recepimento della Direttiva 29/2005/CE sulle pratiche commerciali scorrette contempla unicamente il rapporto tra professionista e consumatore. Non ha previsto anche la fattispecie in cui a compiere l'illecito sia un terzo pagato dal professionista. In questo senso emerge una lacuna nel nostro sistema interno.
Lacuna in cui si è incagliato al Tar Lazio il provvedimento dell'Antitrust con cui era stata inflitta a Tripadivisor una multa di mezzo milione di euro. In che senso? Il cuore della questione è stata l'interpretazione del concetto di “consumatore medio dell'Internet” sufficientemente informato a tal punto da essere in grado di discernere tra recensioni false e recensioni vere. Se la nostra legge sulle pratiche commerciali scorrette fosse stata maggiormente esaustiva e avesse contemplato anche l'ipotesi dell'illecito del terzo, la giusta istruttoria intrapresa di fronte a Agcm non si sarebbe arenata sull’evanescente concetto di “consumatore medio dell’Internet”.
In Francia, dove esiste la legge per la fiducia nel commercio online, tutelare le imprese virtuose è possibile. Qui è stata adottata una normativa ad hoc per contenere il fenomeno con la legge per la fiducia nell’economia digitale (Lcen) in cui si stabilisce che «tutta la pubblicità accessibile come servizio di comunicazione al pubblico online deve rendere chiaramente identificabile la persona fisica o giuridica per conto della quale è realizzata». In caso di trasgressione, si prevede un’ammenda che può arrivare fino a € 37.500, oltre la possibilità di comminare anche due anni di prigione.
Sulla base di queste norme il Tribunale di Parigi ha condannato Expedia, TripAdvisor e Hotels.com a pagare una multa da 430mila euro per aver messo in atto pratiche sleali e ingannevoli. Expedia è stata accusata di aver generato confusione tra siti d'opinione (TripAdvisor, all'epoca di proprietà dello stesso Expedia) e siti commerciali, fornendo informazioni sbagliate. Di fatto, Expedia si è servita di TripAdvisor per ingenerare nell'utenza mediante i post di commento dell'utenza stessa (ovvero di quella prezzolata) la falsa informazione che tutta una serie di alberghi erano già al completo. In questo modo una rilevante massa di internauti ha cercato e trovato posto presso altri alberghi. Alberghi che guarda caso si pubblicizzavano su hotels.com altra piattaforma digitale controllata da Expedia. Gli albergatori francesi una volta avvertito l'inganno si sono rivolti al Tribunale commerciale di Parigi trovando soddisfazione alle loro ragioni.
Negli Stati Uniti la Federal Trade Commission ha previsto sanzioni molto alte per i blogger e per le agenzie nonché per le imprese committenti in caso di buzz marketing o di astroturfing. Il nostro legislatore potrebbe colmare la lacuna sulle recensioni false introducendo delle specificazioni su questo tema ad esempio nel Codice del Consumo.
ITALIAATAVOLA
Esistono siti web come fiverr.com o buyazonreviews.com dai quali è possibile acquistare pacchetti di recensioni a cinque stelle a una ventina di dollari cadauna. Amazon ha dichiarato guerra a queste forme di pubblicità illecita sulla propria piattaforma: «una piccola minoranza di produttori e venditori tenta di ottenere ingiusti vantaggi competitivi creando recensioni false e ingannevoli per i loro prodotti su amazon.com. Sebbene in piccolo numero, queste recensioni rischiano di minare la fiducia che i clienti e la stragrande maggioranza di venditori e produttori ripongono in Amazon, offuscando in questo modo il marchio della società».
Da aprile scorso il big dell'e-commerce ha attivato una serie di azioni legali nei confronti dei provider venditori di false recensioni portando in tribunale buyamazonreviews.com, bayreviews.net e buyreviewsnow.com. Il titolare di buyamazonreviews.com ha dichiarato che non fa nulla di male: i suoi utenti ricevono sconti o prodotti gratis ma si impegnano a fornire recensioni "oneste".
Il nostro ordinamento giuridico non risulta pronto a disciplinare il fenomeno della pubblicità occulta diffusa in rete da soggetti che si nascondono tra lo stesso pubblico a cui questa promozione si offre. Il D.lgs. 146/07 in recepimento della Direttiva 29/2005/CE sulle pratiche commerciali scorrette contempla unicamente il rapporto tra professionista e consumatore. Non ha previsto anche la fattispecie in cui a compiere l'illecito sia un terzo pagato dal professionista. In questo senso emerge una lacuna nel nostro sistema interno.
Lacuna in cui si è incagliato al Tar Lazio il provvedimento dell'Antitrust con cui era stata inflitta a Tripadivisor una multa di mezzo milione di euro. In che senso? Il cuore della questione è stata l'interpretazione del concetto di “consumatore medio dell'Internet” sufficientemente informato a tal punto da essere in grado di discernere tra recensioni false e recensioni vere. Se la nostra legge sulle pratiche commerciali scorrette fosse stata maggiormente esaustiva e avesse contemplato anche l'ipotesi dell'illecito del terzo, la giusta istruttoria intrapresa di fronte a Agcm non si sarebbe arenata sull’evanescente concetto di “consumatore medio dell’Internet”.
In Francia, dove esiste la legge per la fiducia nel commercio online, tutelare le imprese virtuose è possibile. Qui è stata adottata una normativa ad hoc per contenere il fenomeno con la legge per la fiducia nell’economia digitale (Lcen) in cui si stabilisce che «tutta la pubblicità accessibile come servizio di comunicazione al pubblico online deve rendere chiaramente identificabile la persona fisica o giuridica per conto della quale è realizzata». In caso di trasgressione, si prevede un’ammenda che può arrivare fino a € 37.500, oltre la possibilità di comminare anche due anni di prigione.
Sulla base di queste norme il Tribunale di Parigi ha condannato Expedia, TripAdvisor e Hotels.com a pagare una multa da 430mila euro per aver messo in atto pratiche sleali e ingannevoli. Expedia è stata accusata di aver generato confusione tra siti d'opinione (TripAdvisor, all'epoca di proprietà dello stesso Expedia) e siti commerciali, fornendo informazioni sbagliate. Di fatto, Expedia si è servita di TripAdvisor per ingenerare nell'utenza mediante i post di commento dell'utenza stessa (ovvero di quella prezzolata) la falsa informazione che tutta una serie di alberghi erano già al completo. In questo modo una rilevante massa di internauti ha cercato e trovato posto presso altri alberghi. Alberghi che guarda caso si pubblicizzavano su hotels.com altra piattaforma digitale controllata da Expedia. Gli albergatori francesi una volta avvertito l'inganno si sono rivolti al Tribunale commerciale di Parigi trovando soddisfazione alle loro ragioni.
Negli Stati Uniti la Federal Trade Commission ha previsto sanzioni molto alte per i blogger e per le agenzie nonché per le imprese committenti in caso di buzz marketing o di astroturfing. Il nostro legislatore potrebbe colmare la lacuna sulle recensioni false introducendo delle specificazioni su questo tema ad esempio nel Codice del Consumo.
ITALIAATAVOLA
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