In sala con...
Gabriele Naso
«Sensibilità,
psicologia
ed empatia»
Gabriele Naso |
Ha frequentato il liceo classico, ma tra Omero e Virgilio ha scelto il mondo del beverage. A collezionare bottiglie (di birra) ha iniziato a 15 anni, per gioco. Poi il vino si è aperto un varco nella sua vita.
Gabriele Naso (nomen omen), 35 anni, di Roma, da inizio 2018 è il sommelier de La Rosetta, capostipite dei ristoranti di pesce nella Capitale, dal 1966 a un passo dal Pantheon. Naso è associato a Noi di Sala, l’associazione che dal 2012 è in prima linea per promuovere e valorizzare l’identità della sala e del servizio.
Una carriera che inizia con la frequenza di alcuni corsi di avvicinamento al mondo del vino, subito dopo il liceo. A 25 anni è sommelier professionista. Ma guarda avanti e frequenta per due anni un master per approfondire la materia. L’incontro con lo chef patron Massimo Riccioli, autorità in fatto di pescato, lo porta in sala a La Rosetta.
Gabriele, cosa rappresenta per lei la sala?
Nella ristorazione riveste un aspetto fondamentale di cui purtroppo si è parlato sempre troppo poco. La sala è un palcoscenico, è la prima linea che interagisce con l’ospite, a tu per tu. In alcuni momenti può anche essere un’ancora di salvezza. Un sorriso è in grado di stemperare la tensione dovuta a un’imperfezione in uscita dalla cucina. Far vivere una bella esperienza a chi ha scelto di venirti a trovare, farlo sentire a casa, a proprio agio, è l’essenza dell’ospitalità. Si deve però capire in un baleno chi si ha davanti. Sensibilità, psicologia ed empatia sono attitudini che il professionista deve saper coltivare ed esprimere con naturalezza.
Clientela e vino, mondi a confronto. La sua esperienza.
Non sempre il cliente bada all’abbinamento gastronomico. C’è chi sceglie prima il vino e poi pensa alla cucina. In linea di massima gli ospiti stranieri sono molto preparati, gli inglesi in particolare. Studiano e approfondiscono il vino, non lo danno per scontato come spesso si fa nel nostro Paese. La cantina de La Rosetta accoglie circa 600 etichette, bottiglie italiane e francesi, tra cui un’importante selezione di Champagne.
La Rosetta è vicina al Pantheon. Una calamita per i turisti?
Certo. Abbiamo ospiti di ogni nazionalità. Ci sono momenti in cui la sala accoglie tavoli neozelandesi, cinesi, statunitensi o di cittadini europei. Culture, stili, abitudini anche molto differenti che vanno sapute gestire in contemporanea. L’accoglienza è ad personam.
Il lavoro di squadra risulta quindi fondamentale. Come si organizza?
Il team è composto da individualità e singole professionalità che devono però essere intercambiabili. Questo per avere una visione completa del servizio e, in caso di bisogno, per essere in grado di supportarci con competenza e autorevolezza. Il nostro è un lavoro che richiede impegno, concentrazione e abnegazione. Dobbiamo essere un gruppo affiatato.
Che consiglio si sente di dare ai futuri professionisti della sala?
Di studiare le lingue e di non dare nulla per scontato. Non si finisce mai di imparare. A maggior ragione se pensiamo al vino, in perenne evoluzione. L’aggiornamento deve essere costante. I gusti e le tendenze non sono statici. Vanno anticipati, intercettati, capiti e metabolizzati. In questo modo il servizio sarà sempre puntuale.
PER APPROFONDIRE
Non scivoliamo... sul ghiaccio
«Mi piace contribuire a soddisfare gli ospiti e rendere la loro esperienza unica. Ma bisogna stare attenti a non commettere errori che possono rovinare tutto», spiega il sommelier Gabriele Naso. «Dobbiamo mettere in gioco una sorta di umiltà professionale che ci renda disponibili e permeabili alle esigenze di chi ci viene a trovare. Un errore da non commettere, purtroppo frequente, è quello di non riempire a sufficienza il secchiello del ghiaccio: mezza bottiglia non sarà alla temperatura adeguata. Stop anche ai calici con gli aloni; basta asciugarli con precisione. Facilonerie invalidanti. I dettagli fanno davvero la differenza».
Per informazoni:
www.larosettaristorante.it
Una carriera che inizia con la frequenza di alcuni corsi di avvicinamento al mondo del vino, subito dopo il liceo. A 25 anni è sommelier professionista. Ma guarda avanti e frequenta per due anni un master per approfondire la materia. L’incontro con lo chef patron Massimo Riccioli, autorità in fatto di pescato, lo porta in sala a La Rosetta.
Gabriele, cosa rappresenta per lei la sala?
Nella ristorazione riveste un aspetto fondamentale di cui purtroppo si è parlato sempre troppo poco. La sala è un palcoscenico, è la prima linea che interagisce con l’ospite, a tu per tu. In alcuni momenti può anche essere un’ancora di salvezza. Un sorriso è in grado di stemperare la tensione dovuta a un’imperfezione in uscita dalla cucina. Far vivere una bella esperienza a chi ha scelto di venirti a trovare, farlo sentire a casa, a proprio agio, è l’essenza dell’ospitalità. Si deve però capire in un baleno chi si ha davanti. Sensibilità, psicologia ed empatia sono attitudini che il professionista deve saper coltivare ed esprimere con naturalezza.
Clientela e vino, mondi a confronto. La sua esperienza.
Non sempre il cliente bada all’abbinamento gastronomico. C’è chi sceglie prima il vino e poi pensa alla cucina. In linea di massima gli ospiti stranieri sono molto preparati, gli inglesi in particolare. Studiano e approfondiscono il vino, non lo danno per scontato come spesso si fa nel nostro Paese. La cantina de La Rosetta accoglie circa 600 etichette, bottiglie italiane e francesi, tra cui un’importante selezione di Champagne.
La Rosetta è vicina al Pantheon. Una calamita per i turisti?
Certo. Abbiamo ospiti di ogni nazionalità. Ci sono momenti in cui la sala accoglie tavoli neozelandesi, cinesi, statunitensi o di cittadini europei. Culture, stili, abitudini anche molto differenti che vanno sapute gestire in contemporanea. L’accoglienza è ad personam.
L'arte del servizio interpretata da Gabriele Naso
Il lavoro di squadra risulta quindi fondamentale. Come si organizza?
Il team è composto da individualità e singole professionalità che devono però essere intercambiabili. Questo per avere una visione completa del servizio e, in caso di bisogno, per essere in grado di supportarci con competenza e autorevolezza. Il nostro è un lavoro che richiede impegno, concentrazione e abnegazione. Dobbiamo essere un gruppo affiatato.
Che consiglio si sente di dare ai futuri professionisti della sala?
Di studiare le lingue e di non dare nulla per scontato. Non si finisce mai di imparare. A maggior ragione se pensiamo al vino, in perenne evoluzione. L’aggiornamento deve essere costante. I gusti e le tendenze non sono statici. Vanno anticipati, intercettati, capiti e metabolizzati. In questo modo il servizio sarà sempre puntuale.
PER APPROFONDIRE
Non scivoliamo... sul ghiaccio
«Mi piace contribuire a soddisfare gli ospiti e rendere la loro esperienza unica. Ma bisogna stare attenti a non commettere errori che possono rovinare tutto», spiega il sommelier Gabriele Naso. «Dobbiamo mettere in gioco una sorta di umiltà professionale che ci renda disponibili e permeabili alle esigenze di chi ci viene a trovare. Un errore da non commettere, purtroppo frequente, è quello di non riempire a sufficienza il secchiello del ghiaccio: mezza bottiglia non sarà alla temperatura adeguata. Stop anche ai calici con gli aloni; basta asciugarli con precisione. Facilonerie invalidanti. I dettagli fanno davvero la differenza».
di Gabriele Ancona
vicedirettore
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