Il Merano WineFestival
sbarca in Georgia
La Georgia caucasica vanta una storia vitivinicola millenaria. Già Omero nell’Odissea parlava dei vini profumati e frizzanti della Colchide (oggi Georgia occidentale). Apollonio Rodio nelle "Argonautiche" racconta l’episodio legato ad una fontana ricolma di vino all’ombra di una vite che avrebbe dissetato gli argonauti di vino nelle adiacenze di un palazzo di Aieti (sempre nella Colchide). L’importanza della coltura della vite è messa in risalto anche dalla figura simbolo del cristianesimo in Georgia: Santa Nino. La croce utilizzata dalla santa che convertì il re d’Iberia al cristianesimo nel 327 dopo Cristo, infatti, è fatta di tralci di vite, oggi simbolo della cristianità georgiana. La vite e la croce di Santa Nino sono presenti negli affreschi, sui bassorilievi di centinaia di monasteri e chiese disseminate sul territorio georgiano.
Crocevia di popoli, la Georgia è incastonata
tra il Mar Nero e il Mar Caspio
Da millenni crocevia di popoli, incastonata nel Caucaso tra il Mar Nero e il Mar Caspio. La Georgia presenta una mappa composita dal punto di vista ampelografico, con quasi tutta la fascia centrale del Paese coltivata a vigne. Con una varietà di 525 vitigni indigeni – di cui solo una trentina utilizzati per la coltivazione –. La Georgia si può suddividere in una decina di aree: Abkhazia, Samegrelo, Guria, Adjara, Lechkhumi, Racha, Imereti, Meshketi, Kartli e Kakheti. Proprio quest’ultima regione, Kakheti, è il fulcro della produzione vinicola georgiana e per questo è chiamata la "terra del vino".
Quei semi di vite trovati nelle anfore
di un villaggio neolitico della Georgia
David Magradze, dell’università di Tbilisi, ritiene che secondo i recenti studi archeologici, la domesticazione della vite risalga nel Caucaso meridionale tra il VI ed il V millennio avanti Cristo. In pratica nello stesso periodo in cui avrebbe preso forma la Mesopotamia.
È in questa epoca che ebbe inizio lo sviluppo nella parte centrale della regione transcaucasica della cultura di Shulaveri-Shomu, la più antica cultura del Neolitico nel Caucaso. E proprio a questo periodo risalgono alcuni semi di vite ritrovati in una cantina di Gadachrili Gora, villaggio neolitico della Georgia ad una trentina di chilometri da Tbilisi. In questa cantina gli archeologi della Hebrew University of Jerusalem hanno trovato dei vasellami interrati nei pavimenti delle abitazioni, alcune anfore decorate con dei grappoli, ma anche polline di vite e vinaccioli.
La più antica bevanda fermentata al mondo nota ai ricercatori, una sorta di cocktail di riso, miele e frutta, fu realizzata in Cina circa 9 mila anni fa. Ma quello scoperto a Gadachrili Gora è indubbiamente il vino più antico. Supera di duemila anni anche il vino più antico d’Italia, le cui tracce sono state scoperte recentemente in giare recuperate in due siti siciliani. Uno sul monte San Calogero a pochi chilometri da Sciacca, in provincia di Agrigento, e l’altro a San’Ippolito di Caltagirone, in provincia di Catania.
La Georgia è famosa per un'antica tecnica
di vinificazione: le anfore di terracotta
La Georgia è famosa nel mondo per un’antica tecnica di vinificazione: le anfore, enormi vasi di argilla, chiamati kvevris, ancora in uso tra i contadini per la fermentazione e l’affinamento del vino. Il kvevri viene sotterrato lasciando aperta solo la sommità, viene riempito con l’uva già schiacciata e non filtrata, quindi nell’anfora viene messo a fermentare. Sia il mosto sia la vinaccia, pratica che rende i vini georgiani particolarmente tannici e di gradazione alcolica più alta di quella europea.
Una tecnica ancestrale che in Italia alla fine del secolo scorso ha trovato proseliti in Friuli Venezia Giulia (Josko Gravner, pioniere degli “Orange wine”). In Croazia (Marino Kabola Markezic) e in Trentino (Elisabetta Foradori). Oggi è utlizzata da molte cantine.
Ai tempi dell’Unione Sovietica questa tradizione ha rischiato di scomparire. La Georgia, infatti, era diventata il vigneto dell’impero sovietico e per soddisfare la sete della Grande Madre Russia. Vennero costruiti enormi stabilimenti per produrre vini semidolci con l’aggiunta al mosto di acqua e zucchero. Oggi queste fabbriche arrugginiscono abbandonate ai lati delle strade. Per questo la Georgia guarda a noi per rinverdire con tecnologie moderne una tradizione millenaria.Il legame tra la Georgia e alcuni territori
della Campania: Iripinia e Campi Flegrei
Seminari e talk show sulla storia
Spazio a seminari e talk show nella Palace Ball Room, dove esperti del panorama vitivinicolo georgiano parleranno della storia enologica di questa terra, dalle orgini ad oggi. Akaki Gelashvili, TV Division Head, e Eldar Nadiradze, professore di Etnografia e membro del Parlamento georgiano guiderà il panel di discussione e parlerà di 8.000 annate di vini della Georgia. Il tema "Revival di vitigni endemici georgiani" avrà invece come relatori: Davit Chichua, Director at Institute for Viticulture and Oenology, Agricultural University of Georgia, Levan Ujmajuridze Director of the Scientific-Research Center of Georgian Academy of Agriculture, Levan Mekhuzla, Chairman of National Wine Agency of Georgia. "Viticoltura biologica e fermentazione naturale" sarà il tema del seminario curato da Patrick Honnef, CEO e direttore tecnico Chateau Mukhrani. Infine sarà la volta di "Wessel”, un vino georgiano, con un seminario e la mostra Azarpesha di Luarsab Togonidze, maestro di cerimonie (tamadà) ed esperto di turismo enogastronomico.
La Masterclass Vini d'Italia sarà dedicata
Nel Palace Winter Garden, la “Masterclass Vini d’Italia” diretta da Helmuth Köcher sarà dedicata ai vini campani e piemontesi. Seyit Karagözoğlu, proprietario Paşaeli Wines curerà la degustazione di rare varietà turche, mentre Giorgi Samanishvili, Presidente della National Wine Agency of Georgia guiderà il Tasting di vini rossi di differenti regioni della Georiga. E ancora Irakli Mgaloblishvili, MKD Georgia, il Tasting di vini sudafricani. Al Palace Restaurant, inoltre, due showcooking porteranno in scena specialità della cucina georgiana preparate dallo chef georgiano Aleksandre Tatishvili (Restaurant Chateau Mukhrani) e della cucina turca a cura dello chef olandese Rudolf Van Nunen (Ristorante Sans di Istanbul).
Un’iniziativa importante che, oltre a consolidare il legame tra Merano WineFestival e la Georgia, da sempre considerata culla della tradizione vitivinicola, apre le porte all’internazionalità e aumenta il prestigio di un evento già punto di riferimento nel settore wine&food non solo in Italia, ma anche in Europa, per professionisti e appassionati del settore. Giuseppe Casagrande
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