lunedì 20 novembre 2017

Flessibile e biodegradabile L’elettronica diventa... green



Flessibile 
e biodegradabile 
L’elettronica 

diventa... green

 Un nuovo semiconduttore sviluppato dai ricercatori di Stanford potrebbe avere applicazioni in campo medico e ambientale senza aumentare i rifiuti elettronici


Imita il funzionamento della pelle umana in modo da sviluppare dispositivi che si possono allungare, auto riparare e che si decompongono

Ripensare l’elettronica, per un mondo migliore e meno inquinato. Un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente stima che quasi 50 milioni di tonnellate di elettronica diventeranno un rifiuto quest’anno, superando di oltre il 20% il valore del 2015. Per questo motivo è diventato impellente creare elettronica “eco friendly”. Ed è proprio questo l’obiettivo di Zhenan Bao, ricercatrice di Stanford, e del suo team, con un progetto che ha dell’incredibile: sono riusciti a creare elettronica che imita il funzionamento della pelle umana, in modo da sviluppare dispositivi che si possono allungare, auto riparare e che siano, allo stesso tempo, biodegradabili.
“Avevamo raggiunto i primi due obiettivi, flessibilità e capacità di auto ripararsi, quindi volevamo occuparci della biodegradabilità”, ha spiegato Zhenan Bao. Il team è così riuscito a creare un dispositivo elettronico flessibile che può degradarsi facilmente aggiungendo un acido debole come l’aceto. “Questo è il primo esempio di un polimero semiconduttivo che può decomporsi”, ha affermato il principale autore dello studio Ting Lei. Oltre al polimero, il team ha sviluppato un circuito elettronico degradabile e un nuovo substrato biodegradabile per il montaggio dei componenti. In questo modo quando il dispositivo elettronico non è più necessario, tutto l’insieme si può biodegradare in componenti non tossiche.


Il nuovo circuito elettronico non è basato sull’oro, bensì su componenti in acciaio. Zhenan Bao ha spiegato che l’acciaio è un prodotto molto ecologico e non è tossico per gli esseri umani. Il substrato è invece basato sulla cellulosa, la stessa sostanza di cui è fatta la carta. Il team ha alterato le fibre di cellulosa affinché diventasse trasparente e flessibile, conservandone le capacità di rottura e la possibilità di applicare l’elettronica alla pelle o impiantarla nel corpo.
Secondo i ricercatori questa nuova soluzione potrebbe essere usata per creare cerotti per misurare la pressione sanguigna, il valore del glucosio e il sudore. Una persona potrebbe indossare il cerotto per un giorno o una settimana, e poi scaricare i dati raccolti.
Per quanto riguarda gli impianti, per l’applicazione sarebbero necessari più studi a causa dell’invasività, ma c’è del potenziale. L’elettronica biodegradabile potrebbe essere usata anche per fare indagini su aree molto vaste in località remote. Per esempio si potrebbero lanciare da un aereo sensori biodegradabili per monitorare il paesaggio, come una foresta. Oggi, infatti, è difficile monitorare delle aree molto ampie con i sensori senza contaminare l’ambiente.

Stampato in 3D, questo nuovo materiale della NASA si presta a centinaia di utilizzi spaziali e apre la strada a un futuristico tipo di ingegneria
Tessuto metallico multiuso

Sembra la cotta di un cavaliere medievale, ma in realtà è l’ultimo super materiale messo a punto dalla NASA nei laboratori del JPL (Jet Propulsion Laboratory): è formato da tanti quadratini di metallo lucido uniti tra loro come in una catena e si presta agli utilizzi più svariati. Punto di forza di questo tessuto spaziale è che può essere realizzato a costi relativamente contenuti grazie alla stampa 3D: i singoli elementi che lo compongono non vengono infatti prodotti separatamente e poi assemblati, ma stampati direttamente nella loro configurazione definitiva.
Versatilità
Gli ingegneri della NASA pensano di utilizzare questo nuovo materiale per costruire antenne flessibili e leggere da dispiegare nel cosmo ma anche per realizzare schermature di nuova concezione per navicelle e tute spaziali.
Il super tessuto infatti ha due facce: una lucida in grado di riflettere luce e calore, e quindi ottima per evitare il surriscaldamento, e una opaca che trattiene il calore e può essere utilizzata per isolare i veicoli spaziali inviati su pianeti particolarmente freddi.
La forma che vuoi tu
Essendo modulare, questo materiale può essere realizzato in configurazioni diverse, ma può anche essere piegato in mille modi e assumere così le forme più varie a seconda dell’utilizzo che se ne vuole fare.
Secondo Polit Casillas, l’ingegnere del JPL di Pasadena a capo del progetto, in futuro gli astronauti potranno stampare direttamente nell’universo questo e altri materiali, o addirittura riciclarli quando non saranno più utilizzabili..
Il futuro è oggi
Nella visione dei ricercatori il nuovo tessuto apre la strada a scenari ai confini della fantascienza: i veicoli spaziali di dopodomani per esempio, invece che essere assemblati a partire da migliaia di pezzi, ciascuno dei quali soggetto a guasti e rotture, potrebbero essere realizzati in un unico processo di stampa, molto più sicuro e meno costoso. Questa tecnica viene chiamato stampa in 4D perché sono in grado di stampare sia la geometria che la funzione di questi materiali.

(Panorama Edit)

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