B&B, spa fai da te
e pasti “artigianali”: l'ospitalità è diventata un far west
Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, denuncia la concorrenza sleale da parte di piattaforme come Airbnb: strutture nate come appartamenti privati offrono ora pasti, massaggi, convenzioni e percorsi benessere senza sottostare alle regole che gravano sugli albergatori
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La stagione turistica estiva è ormai cominciata senza che sia stato in alcun modo risolto il problema del rapporto fra i B&B e gli alberghi. In assenza di quelle normative più rigorose inutilmente promesse dalla ministra Daniela Santanchè, e nonostante l’adozione del CIN (il codice di registrazione che ancora segnala un margine del 15% di evasione fiscale), gli affitti brevi continuano di fatto a costituire un tema di scontro. Al punto che il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, torna a parlare di agguerrita concorrenza sleale da parte di chi gestisce gli affitti brevi.
Le piattaforme dei B&B sono fuori controllo
Nel mirino di Bocca non potevano non esserci piattaforme come Airbnb (recentemente "silurata" dal Governo spagnolo) che, in assenza di norme chiare (peraltro molto ferree per albergatori e ristoratori), ora propongono servizi aggiuntivi per chi affitta appartamenti destinati a civile abitazione. «Servono regole e tracciamenti - secondo il presidente di Federalberghi - perché queste realtà ormai offrono pasti, convenzioni, massaggi e percorsi benessere esattamente come gli hotel. Non sono più una soluzione alternativa, quindi per me questa è concorrenza scorretta».
Una concorrenza che cambia il volto delle città
A ben guardare, già il fatto che si possano adibire ad ospitalità temporanea appartamenti e locali nati per essere affittati in maniera stabile è fonte di non pochi problemi: dai disagi causati a condomini e vicini, fino alla trasformazione di interi quartieri (da Roma a Firenze, da Napoli a Venezia) che si spopolano per via dell’impennata degli affitti. Le città perdono residenti, identità e servizi, mentre si gonfiano di turisti mordi e fuggi e si riempiono di oscene cassette per le chiavi ...
A farne le spese è stata ovviamente anche la rete di alberghi, hotel e locande che sono da sempre la vera struttura portante del turismo italiano. Strutture con regole precise, costi fissi e standard qualitativi da mantenere, che si trovano ora a fronteggiare un sistema parallelo privo di obblighi ma in grado di offrire servizi simili - e a volte perfino superiori in termini di percezione da parte del turista.
La stagione turistica estiva è ormai cominciata senza che sia stato in alcun modo risolto il problema del rapporto fra i B&B e gli alberghi. In assenza di quelle normative più rigorose inutilmente promesse dalla ministra Daniela Santanchè, e nonostante l’adozione del CIN (il codice di registrazione che ancora segnala un margine del 15% di evasione fiscale), gli affitti brevi continuano di fatto a costituire un tema di scontro. Al punto che il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, torna a parlare di agguerrita concorrenza sleale da parte di chi gestisce gli affitti brevi.
Gli hotel sotto pressione chiedono
almeno tasse uguali: è tempo di rivedere Imu e Tari
Il mercato degli affitti brevi ha fatto leva su un presunto costo inferiore per posto letto. Presunto, perché a parità di servizi l’equivalenza economica è tutta da dimostrare. Se però ora si aggiunge anche la possibilità di offrire esperienze come spa, trattamenti benessere o persino cibo d’asporto, è comprensibile che dal mondo alberghiero non arrivi solo un grido di allarme, ma una vera e propria levata di scudi.
Non a caso Bocca lancia una provocazione: rivedere l’intera tassazione del comparto. La sua posizione, condivisa anche da Confindustria Alberghi, è chiara: «Oggi chi sceglie l'hotel non cerca solo un letto, ma un'esperienza. Se il mercato è lo stesso, servono regole uguali. Cambino la destinazione d'uso delle case e paghino Imu e Tari come gli alberghi».
Un comparto troppo spesso dimenticato: gli hotel
L’insoddisfazione è profonda, e se finora è stata mitigata dalla crescita costante del numero di turisti, ora che all’orizzonte si profilano flessioni (complice il contesto internazionale, i dazi, le guerre e il calo del potere d’acquisto), diventa urgente un intervento del Governo. Non solo per salvare l’equilibrio del settore, ma per riconoscere a chi ha tenuto in piedi il turismo anche nei momenti peggiori - come dopo la pandemia - un minimo di equità.
Parliamo di oltre 283 milioni di pernottamenti nel 2024, con un +7% a febbraio 2025 e oltre 32mila hotel operativi in Italia, con più di un milione di camere. Di queste strutture, più del 20% sono a 4 o 5 stelle. Complessivamente il comparto rappresenta il 13% del Pil nazionale. Può davvero l’Italia permettersi di vedere andare in crisi questo settore per il lassismo con cui si permette di aprire continue falle nel sistema normativo?
B&B e piccoli centri, tutto un altro discorso
Eppure, esiste una strada che non penalizza nessuno: favorire gli affitti brevi e i B&B non dove il turismo ha già saturato le città, ma nelle aree interne, dove un hotel avrebbe difficoltà a operare e dove invece l’ospitalità diffusa può garantire reddito, presidio del territorio e lotta allo spopolamento.
Non a caso, girando per l’Italia, ci sono molte località dove proprio la presenza di B&B costituisce l’unica occasione di ospitalità, e spesso anche la base per tenere in vita attività artigianali e commerciali. Un’opportunità reale per destagionalizzare, decentrare e rendere sostenibile un turismo che altrove - anche per colpa dei B&B cresciuti in maniera selvaggia - è diventato assolutamente ingestibile.
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