A Tavola con...
Edoardo Sylos Labini
«Servono nuove
leggi per la cultura»
Edoardo Sylos Labini, attore e regista sarà Gabriele D'Annunzio in teatro e lancia la nuova edizione di Manzoni Cultura nel teatro milanese. «Dovremmo vivere di cultura ma i governi non investono, serve una nuova legge»
Edoardo Sylos Labini attore, regista, autore e ideatore della rassegna Manzoni Cultura, quattro appuntamenti al teatro milanese con personaggi dello spettacolo, della musica e del teatro, prima data il 2 ottobre con Davide van De Sfross. A febbraio 2018 sarà in teatro sempre a Milano con uno spettacolo sulla vita di Gabriele D'Annunzio nel quale interpreta il vate.
Abbiamo incontrato Sylos Labini a tavola, dove si sente a suo agio quanto sul palcoscenico. «Anche l'estetica è importante nella realizzazione di un piatto, è giusto prestarvi attenzione, dietro alla forma c'è anche il contenuto», sottolinea seduto al bancone che, come un palco di teatro guarda la cucina "aperta" di Daniel Canzian.
L'attore e regista è romano, ma vive a Milano da sette anni: «A Milano mi trovo benissimo e a Roma non tornerò, anche perché mia figlia vive qui è il posto dove sta lei. Sono un estimatore di Milano da tempo, è cresciuta in questi ultimi anni, mentre Roma, bisogna dirlo, è crollata».
Expo ha portato qualcosa di buono?
Ma Expo non era a Milano, bensì a Rho. Sfatiamo un luogo comune, l'Expo ha fatto bene all'immagine della città, ma i milanesi in quel periodo erano tutti a Rho, così come i visitatori stranieri. Noi abbiamo tenuto aperto il Teatro Manzoni, come molti altri teatri milanesi, ma non è venuto nessuno. Poi è vero che grazie a Expo i servizi sono migliorati e alcuni lavori importanti sono stati completati.
Cosa le manca di Roma?
Le passeggiate con il Ponentino, mi prende un po' di "saudade brasileira" anche se mi spiace per come Roma è stata ridotta, dobbiamo farla risorgere e tornare quella che era, il degrado e la sporcizia di oggi non si vedevano da un secolo. È una questione di responsabilità politica e civile, ma la politica è quella che noi cittadini abbiamo scelto, democraticamente. Roma è difficile da governare, ci vorrebbe un pugno forte illuminato verso l'arte e la cultura.
Sorseggia un Franciacorta e racconta: «Quando vado al Vittoriale, passo sempre dal Relais Albereta per una pausa rigenerante».
Le città riescono a sviluppare la cultura?
I nostri governi, negli ultimi dieci anni almeno, non hanno investito nel settore della cultura, che invece dovrebbe farci vivere. Un settore che genera in Italia più di 80 miliardi di Pil, senza contare l'indotto ulteriore. Noi dovremmo puntare su questo e farla crescere.
Ma i teatri non sono molti e sono frequentati da pubblico in là con gli anni
Non è vero, i teatri sono molti, anche i piccoli centri hanno grande tradizione teatrale, i teatri all'italiana, luoghi meravigliosi con affreschi stupendi, delle vere bomboniere. La nostra grande tradizione del teatro è proprio quella delle province, si andava a debuttare in provincia e si faceva il tutto esaurito. Serve una nuova legge che consenta di detassare chi, davvero, investe in cultura.
Qual è il suo rapporto con il cibo?
Premetto che non so cucinare e da attore e teatrante, passo la mia vita nei ristoranti. Per un artista è un luogo importante di relazioni, di idee, anche lo spettacolo che farò su D'Annunzio è nato durante un pranzo con Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale, che a tavola mi chiese di interpretare il grande poeta e personaggio storico. Se riusciremo, in occasione degli ottanta anni dalla morte, porteremo lo spettacolo anche al Vittoriale e alla Versiliana i due luoghi dove visse Gabriele D'Annunzio e dove, in Versilia, si consumò la sua storia d'amore con Eleonora Duse.
Cosa le è entrato nel cuore dall'interpretazione di D'Annunzio?
Ho studiato tutto di lui, opere, scritti, posture, espressioni, è stato un grande personaggio, affascinante. Un grande anticipatore della comunicazione del '900, i tweet li ha inventati lui "ricordati di osare sempre" oppure "io ho quel che ho donato" sono tweet, è l'uomo che inventa il marketing culturale per vendere le sue opere e che ha fatto della sua vita un'opera d'arte. Poesie che hanno fatto la storia del secolo. Mi sono appassionato tanto che ho anche tenuto il look "pelato".
D'Annunzio e il cibo?
Era un grande appassionato di cucina. Nello spettacolo ho introdotto il personaggio di Suor Intingola, la cuoca del Vittoriale. A lei D'Annunzio era solito scrivere le comande per piatti abbinati all'amante che sarebbe venuta in visita, una delle "Badesse" come le definiva lui. Nelle comende si legge "Suor indulgenza plenaria, sta arrivando una donna rustica, per lei ci vorrebbe il tuo polpettone magistrale".
Il cibo è un anche ricordo, tornare a quando si era bambini, qual è il profumo della sua infanzia?
Ricordo da bambino, a Pomezia dove sono nato e cresciuto, che non amavo fare colazione con il latte e le cose dolci, ma con le pizzette salate. Poi crescendo caffè e the con le fette biscottate. Mia mamma è una grande cuoca, ho sempre mangiato benissimo, era molto attenta come mamma e lo è ora, come nonna, alla sana alimentazione, agli alimenti biologici ad esempio. Una cucina sana, ma rustica e familiare. Come quando si va in trattoria, la scegli perché ricorda la cucina di casa. Preferisco quei sapori, quel senso della tavola che aggrega, che è luogo di conoscenza. Ecco questo deve essere alla portata di tutti.
Qual è la cena o il pranzo che non dimenticherà mai?
Il successo teatrale si festeggia sempre a tavola. Dopo le "Prime" sempre grandi tavolate. Ho avuto la fortuna di iniziare la mia carriera con una parte in "Questa sera si recita a soggetto" di Pirandello con la regia di Giuseppe Patroni Griffi e in scena Alida Valli, una grande icona del teatro italiano. Era magnifico andare a cena con loro, anche con Franca Valeri, a quei tempi la tavola era il luogo dove si decidevano soggetti, regie, cast delle compagnie teatrali, seduti al ristorante. Poi magari entrava Luchino Visconti e si univa al gruppo. Una tavola sempre unita alle tavole del palcoscenico.
Edoardo Sylos Labini e i social
L'unico che fa un tweet e perde followers (ride ndr.). I social, sono uno strumento per comunicare e promuovere le nostre attività. Sono anche pericolosi, tolgono spazio al rapporto umano, ci sono persone che si lasciano via social network. C'è un galateo da rispettare anche in rete, c'è lo stile cafonal e l'elegante.
La famiglia di oggi quali valori ha perso e quali ha preservato
Pare ci sia un disegno per distruggere la famiglia, che invece è un valore importante. Ad esempio il piacere della donna di cucinare per il proprio uomo è un gesto perduto, non si capisce più niente. Si è perso il momento della tavola come luogo di riunione familiare dove ciascuno raccontava ciò che aveva vissuto durante il giorno. Un momento importantissimo che andrebbe recuperato.
Lei è un tradizionalista o un innovatore?
La vera innovazione è recuperare la basi della cultura e dell'identità. Questa è la vera trasgressione, l'arte, il resto è omologazione in un'Italia che ha perso le proprie radici.
Edoardo Sylos Labini
Abbiamo incontrato Sylos Labini a tavola, dove si sente a suo agio quanto sul palcoscenico. «Anche l'estetica è importante nella realizzazione di un piatto, è giusto prestarvi attenzione, dietro alla forma c'è anche il contenuto», sottolinea seduto al bancone che, come un palco di teatro guarda la cucina "aperta" di Daniel Canzian.
L'attore e regista è romano, ma vive a Milano da sette anni: «A Milano mi trovo benissimo e a Roma non tornerò, anche perché mia figlia vive qui è il posto dove sta lei. Sono un estimatore di Milano da tempo, è cresciuta in questi ultimi anni, mentre Roma, bisogna dirlo, è crollata».
Expo ha portato qualcosa di buono?
Ma Expo non era a Milano, bensì a Rho. Sfatiamo un luogo comune, l'Expo ha fatto bene all'immagine della città, ma i milanesi in quel periodo erano tutti a Rho, così come i visitatori stranieri. Noi abbiamo tenuto aperto il Teatro Manzoni, come molti altri teatri milanesi, ma non è venuto nessuno. Poi è vero che grazie a Expo i servizi sono migliorati e alcuni lavori importanti sono stati completati.
Cosa le manca di Roma?
Le passeggiate con il Ponentino, mi prende un po' di "saudade brasileira" anche se mi spiace per come Roma è stata ridotta, dobbiamo farla risorgere e tornare quella che era, il degrado e la sporcizia di oggi non si vedevano da un secolo. È una questione di responsabilità politica e civile, ma la politica è quella che noi cittadini abbiamo scelto, democraticamente. Roma è difficile da governare, ci vorrebbe un pugno forte illuminato verso l'arte e la cultura.
Sorseggia un Franciacorta e racconta: «Quando vado al Vittoriale, passo sempre dal Relais Albereta per una pausa rigenerante».
Le città riescono a sviluppare la cultura?
I nostri governi, negli ultimi dieci anni almeno, non hanno investito nel settore della cultura, che invece dovrebbe farci vivere. Un settore che genera in Italia più di 80 miliardi di Pil, senza contare l'indotto ulteriore. Noi dovremmo puntare su questo e farla crescere.
Ma i teatri non sono molti e sono frequentati da pubblico in là con gli anni
Non è vero, i teatri sono molti, anche i piccoli centri hanno grande tradizione teatrale, i teatri all'italiana, luoghi meravigliosi con affreschi stupendi, delle vere bomboniere. La nostra grande tradizione del teatro è proprio quella delle province, si andava a debuttare in provincia e si faceva il tutto esaurito. Serve una nuova legge che consenta di detassare chi, davvero, investe in cultura.
Qual è il suo rapporto con il cibo?
Premetto che non so cucinare e da attore e teatrante, passo la mia vita nei ristoranti. Per un artista è un luogo importante di relazioni, di idee, anche lo spettacolo che farò su D'Annunzio è nato durante un pranzo con Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale, che a tavola mi chiese di interpretare il grande poeta e personaggio storico. Se riusciremo, in occasione degli ottanta anni dalla morte, porteremo lo spettacolo anche al Vittoriale e alla Versiliana i due luoghi dove visse Gabriele D'Annunzio e dove, in Versilia, si consumò la sua storia d'amore con Eleonora Duse.
Cosa le è entrato nel cuore dall'interpretazione di D'Annunzio?
Ho studiato tutto di lui, opere, scritti, posture, espressioni, è stato un grande personaggio, affascinante. Un grande anticipatore della comunicazione del '900, i tweet li ha inventati lui "ricordati di osare sempre" oppure "io ho quel che ho donato" sono tweet, è l'uomo che inventa il marketing culturale per vendere le sue opere e che ha fatto della sua vita un'opera d'arte. Poesie che hanno fatto la storia del secolo. Mi sono appassionato tanto che ho anche tenuto il look "pelato".
D'Annunzio e il cibo?
Era un grande appassionato di cucina. Nello spettacolo ho introdotto il personaggio di Suor Intingola, la cuoca del Vittoriale. A lei D'Annunzio era solito scrivere le comande per piatti abbinati all'amante che sarebbe venuta in visita, una delle "Badesse" come le definiva lui. Nelle comende si legge "Suor indulgenza plenaria, sta arrivando una donna rustica, per lei ci vorrebbe il tuo polpettone magistrale".
Il cibo è un anche ricordo, tornare a quando si era bambini, qual è il profumo della sua infanzia?
Ricordo da bambino, a Pomezia dove sono nato e cresciuto, che non amavo fare colazione con il latte e le cose dolci, ma con le pizzette salate. Poi crescendo caffè e the con le fette biscottate. Mia mamma è una grande cuoca, ho sempre mangiato benissimo, era molto attenta come mamma e lo è ora, come nonna, alla sana alimentazione, agli alimenti biologici ad esempio. Una cucina sana, ma rustica e familiare. Come quando si va in trattoria, la scegli perché ricorda la cucina di casa. Preferisco quei sapori, quel senso della tavola che aggrega, che è luogo di conoscenza. Ecco questo deve essere alla portata di tutti.
Qual è la cena o il pranzo che non dimenticherà mai?
Il successo teatrale si festeggia sempre a tavola. Dopo le "Prime" sempre grandi tavolate. Ho avuto la fortuna di iniziare la mia carriera con una parte in "Questa sera si recita a soggetto" di Pirandello con la regia di Giuseppe Patroni Griffi e in scena Alida Valli, una grande icona del teatro italiano. Era magnifico andare a cena con loro, anche con Franca Valeri, a quei tempi la tavola era il luogo dove si decidevano soggetti, regie, cast delle compagnie teatrali, seduti al ristorante. Poi magari entrava Luchino Visconti e si univa al gruppo. Una tavola sempre unita alle tavole del palcoscenico.
Edoardo Sylos Labini e i social
L'unico che fa un tweet e perde followers (ride ndr.). I social, sono uno strumento per comunicare e promuovere le nostre attività. Sono anche pericolosi, tolgono spazio al rapporto umano, ci sono persone che si lasciano via social network. C'è un galateo da rispettare anche in rete, c'è lo stile cafonal e l'elegante.
La famiglia di oggi quali valori ha perso e quali ha preservato
Pare ci sia un disegno per distruggere la famiglia, che invece è un valore importante. Ad esempio il piacere della donna di cucinare per il proprio uomo è un gesto perduto, non si capisce più niente. Si è perso il momento della tavola come luogo di riunione familiare dove ciascuno raccontava ciò che aveva vissuto durante il giorno. Un momento importantissimo che andrebbe recuperato.
Lei è un tradizionalista o un innovatore?
La vera innovazione è recuperare la basi della cultura e dell'identità. Questa è la vera trasgressione, l'arte, il resto è omologazione in un'Italia che ha perso le proprie radici.
di Andrea Radic
vicedirettore
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