Palazzo Branciforte
dal banco dei pegni
alla cucina gourmet
Cento coperti e una location storica: a Palazzo Branciforte a Palermo Gaetano Bellici propone una cucina gourmet per tutti i palati. Un ristorante curato in quello che era un banco dei pegni.
La succursale dell’antico banco dei pegni della città, intitolata a Santa Rosalia, fu destinata all’inizio dell‘800 ad accogliere i beni non preziosi dati in pegno dai non abbienti: sete, biancherie, oggetti in rame e bronzo. A metà del XIX secolo si montarono le impalcature di legno per sostituire i magazzini distrutti; l’ardito labirinto di legni e ombre si può visitare e intimidisce l’osservatore. La recente proprietà della Fondazione Sicilia ha portato al restauro di Gae Aulenti nel 2012.
Basta un aggettivo per definire il Palazzo: stupendo. Grazie anche alla collezione archeologica (proveniente da Selinunte), di ceramiche, francobolli e monete. La biblioteca diretta da Evelyn Messina raccoglie utili collezioni dedicate alla storia. Al piano terra si trovano la scuola di cucina del Gambero Rosso e il rinomato Ristorante Palazzo Branciforte. Il cuoco Gaetano Billeci, che aveva già lavorato nel ristorante, lo gestisce in società con Teresa Dawidowska dal 2014. Fin dall’inizio rimasero entrambi colpiti dal fascino delle antiche mura e dalla contiguità con le opere d’arte. Il primo impegno fu la valorizzazione della sala ristorante e dei dettagli, dai tavoli alle tovaglie. Altrettanta cura per il chiostro, con la fontana a pelo d’acqua e l’angolo bar. Con cento coperti e 13 professionisti in sala e cucina, il locale garantisce accoglienza confortevole a tutte le ore, a pranzo e a cena, compresi aperitivo e tè. È un luogo ideale per una sosta gastronomica dei visitatori del museo archeologico e delle mostre temporanee, degli studiosi in biblioteca, di cittadini e viaggiatori, di chi desidera organizzare convegni o festeggiare ricorrenze.
«Una cucina gourmet per tutti i palati»: così il giovane cuoco definisce il suo menu; è equilibrato tra tradizione e novità e lo si nota dai piatti che segnaliamo, a titolo d’esempio, dall’antipasto al dolce: Soufflé di cacio ragusano con brioche al pomodoro secco e capperi; Risotto, triglie e carciofi, mousse di ricotta e mandorle tostate; Carbonara di gambero rosso e guanciale; Filetto di manzo a lenta cottura con crema di caciotta, sparacelli e patata al crudo di Parma; Salame di spada e salsiccia di gambero rosso con crema di finocchi e arance; Parfait di mandorla in tre consistenze.
La lettura del menu è davvero stimolante, si comprende la filosofia e la pratica del cuoco Billeci che raccoglie le opinioni dei commensali e dei gourmand. S’impegna per migliorare i tagli e le presentazioni, senza esagerare. Definisce volentieri i piatti con termini francesi e pensa, controcorrente, che sia errato appiattirsi sul concetto di Km 0. I suoi fornitori provengono da località che hanno fatto la storia della cucina palermitana: il pesce da Porticello, la carne da Bagheria. Ama ortaggi, legumi e frutta che sceglie dalla campagna palermitana.
Per non dimenticare la cucina classica, talvolta immagina gli odori della rosticceria, gli aromi di erbe, l’olio genuino, tanto da proporre un cappone allo spiedo. Infine si affida alla semplicità dei piatti della cucina regionale italiana che ormai è diventata un valore internazionale, come il semplice cacio e pepe o il risotto ai frutti di mare. La carta dei vini è organizzata con intelligenza e propone più di 200 etichette, una serie anche al bicchiere.
Per informazioni:
www.ristorantepalazzobranciforte.it
Gaetano Billeci e Teresa Dawidowska
Basta un aggettivo per definire il Palazzo: stupendo. Grazie anche alla collezione archeologica (proveniente da Selinunte), di ceramiche, francobolli e monete. La biblioteca diretta da Evelyn Messina raccoglie utili collezioni dedicate alla storia. Al piano terra si trovano la scuola di cucina del Gambero Rosso e il rinomato Ristorante Palazzo Branciforte. Il cuoco Gaetano Billeci, che aveva già lavorato nel ristorante, lo gestisce in società con Teresa Dawidowska dal 2014. Fin dall’inizio rimasero entrambi colpiti dal fascino delle antiche mura e dalla contiguità con le opere d’arte. Il primo impegno fu la valorizzazione della sala ristorante e dei dettagli, dai tavoli alle tovaglie. Altrettanta cura per il chiostro, con la fontana a pelo d’acqua e l’angolo bar. Con cento coperti e 13 professionisti in sala e cucina, il locale garantisce accoglienza confortevole a tutte le ore, a pranzo e a cena, compresi aperitivo e tè. È un luogo ideale per una sosta gastronomica dei visitatori del museo archeologico e delle mostre temporanee, degli studiosi in biblioteca, di cittadini e viaggiatori, di chi desidera organizzare convegni o festeggiare ricorrenze.
«Una cucina gourmet per tutti i palati»: così il giovane cuoco definisce il suo menu; è equilibrato tra tradizione e novità e lo si nota dai piatti che segnaliamo, a titolo d’esempio, dall’antipasto al dolce: Soufflé di cacio ragusano con brioche al pomodoro secco e capperi; Risotto, triglie e carciofi, mousse di ricotta e mandorle tostate; Carbonara di gambero rosso e guanciale; Filetto di manzo a lenta cottura con crema di caciotta, sparacelli e patata al crudo di Parma; Salame di spada e salsiccia di gambero rosso con crema di finocchi e arance; Parfait di mandorla in tre consistenze.
La lettura del menu è davvero stimolante, si comprende la filosofia e la pratica del cuoco Billeci che raccoglie le opinioni dei commensali e dei gourmand. S’impegna per migliorare i tagli e le presentazioni, senza esagerare. Definisce volentieri i piatti con termini francesi e pensa, controcorrente, che sia errato appiattirsi sul concetto di Km 0. I suoi fornitori provengono da località che hanno fatto la storia della cucina palermitana: il pesce da Porticello, la carne da Bagheria. Ama ortaggi, legumi e frutta che sceglie dalla campagna palermitana.
Per non dimenticare la cucina classica, talvolta immagina gli odori della rosticceria, gli aromi di erbe, l’olio genuino, tanto da proporre un cappone allo spiedo. Infine si affida alla semplicità dei piatti della cucina regionale italiana che ormai è diventata un valore internazionale, come il semplice cacio e pepe o il risotto ai frutti di mare. La carta dei vini è organizzata con intelligenza e propone più di 200 etichette, una serie anche al bicchiere.
di Claudio Riolo
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