Cucina mantovana
“come un tempo”
da 41 anni
al ristorante
Ambasciata
Quella dello stellato Romano Tamani è vera cucina italiana, tramandata nei secoli e rinata ogni giorno all’Ambasciata.
41 anni non sono pochi. Cambiano mode e cambiano tendenze, «cambia l'ospite - spiega Romano Tamani - e cambiano le cucine. Con l'attuale filosofia del mondo della ristorazione, noi alleggeriamo e veniamo incontro al cliente», ma rispettando il valore di uno stile italiano. Una grande passione quella di Romano per il proprio mestiere, che continua anche dopo un'esperienza traumatica come la recente aggressione subita da quattro malviventi all'interno del suo stesso locale. Un impegno tra i fornelli che ne ha fatto uno dei custodi più autentici dell’alta cucina italiana.Nonostante le cose possano essere diverse tra i fornelli dopo quasi mezzo secolo, nonostante esistano novità come ad esempio i vegani, «che 40 anni fa non esistevano», ma che comunque sono da soddisfare, per Romano Tamani «è sempre bello cucinare, anche con il tempo che passa». Il segreto di tutto questo amore per il mestiere e per la cucina in generale sta in una presa di coscienza inalienabile: «La tradizione rimarrà sempre la stessa». È questo un principio cardine dell'Ambasciata: piatti alleggeriti, certo, rielaborati e, perché no, nobilitati, ma tutti figli di una tradizione emiliano-mantovana ancora viva nelle mani di Romano Tamani, che ancora ricorda «quando la stufa si doveva accendere con la legna verde».
Romano può essere considerato uno dei pilastri di una tradizione a tavola che è fatta anche di un’accoglienza che si rifà alla nostra cultura e per questo non disdegna tappeti, fiori o argenti per dare più valore al rito di un pranzo o di una cena con amici o parenti. Per molti versi l’Ambasciata è quasi un tempio della cucina italiana in cui la faraona, le lumache o il coniglio restano centrali, e Romano ne è il gran sacerdote o l’abate che vigila sulla tradizione. E con l’aria serena e rassicurante parla dei suoi piatti un nonno affezionato ai suoi nipoti.
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E se la cucina rimanda con la giusta dose di nostalgia alla genuinità dei piatti del passato, anche la sala come detto non si slega dalla tradizione. Partendo dal presupposto che «quello che mangiavano una volta - dice Carlo Tamani - mangiano anche adesso e quello che bevevano una volta bevono anche adesso», il maitre sommelier dell'Ambasciata porta avanti, per quanto possibile, il servizio com'era inteso nei decenni passati, vale a dire «servire le frittate con le padelle, tagliare noi le anatre, i vitelli...», insomma, sporzionare in sala. «Perché altrimenti cos'è il cameriere? - si domanda retoricamente Romano - soltanto un porta-piatti?». Usi e costumi di un tempo per i camerieri di oggi sopravvivono, quindi, con la differenza che «una volta quando si serviva - specifica Carlo - c'era più calma». E in questo Carlo è un interprete, come il fratello Romano, di una sorta di ortodossia senza la quale non si potrebbe parlare di stile italiano a tavola.
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Cosa, oggi come allora, viene servito in tavola all'Ambasciata? «I piatti della tradizione». Li cita uno ad uno, Romano Tamani: «Dalla Frittata con le cipolle alla Faraona con l'uva fino all'Anatra con le ciliegie, dal Pavone al cotechino coi fagioli alla polenta». Tutto a portata di mano, tutti prodotti di cui la Food Valley è ricca, un luogo dove «c'è praticamente tutto».
Per provare questa tradizione vengono da tutta Italia, così come dall'estero, «americani e tedeschi, passa un po' di tutto qui», racconta Romano. Tanti vengono appositamente per l'Ambasciata. E tutti coloro che si siedono ai tavoli dell'Ambasciata «non sono solo clienti che spendono - chiarisce Carlo - ma ospiti che come tali vanno coccolati».
Italiaatavola Alberto Lupini
direttore
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