L’extravergine
di qualità nasce
dal produttore
consapevole
Attenzione nella raccolta e nella lavorazione, cura nei contenitori prescelti, amore e passione per il proprio lavoro: la qualità di un olio extravergine d'oliva è possibile se il produttore la persegue.
La filiera dell'olio evo deve rispettare delle regole severe e strettissime.
Anche l’annata olivicola appena passata non è stata delle migliori, tutt’altro. Ovviamente parlo per le regioni che detengono il 70% della produzione olivicola nazionale come Puglia, Calabria e Sicilia. Magari ci sono state zone come il Veneto e parte della Toscana che hanno avuto una buona produzione e si sono salvati dal famoso “Burian”, che ha gelato i fiori durante la scorsa primavera; ma si parla del 3% della produzione nazionale.Mi sto accorgendo che per fare un buon olio, la responsabilità principale spetta al proprietario olivicolo, sia che abbia 300 piante sia che ne abbia 30mila, come accade in latifondi del sud Italia. Come ogni anno famiglie, appassionati e professionisti mi portano ad assaggiare il loro olio per avere un parere, anticipando sempre che per loro è un hobby. Peccato che quell’olio, nove volte su dieci sia sempre difettoso e venga consumato nelle loro tavole, perché guai a sprecarlo o a usarlo per friggere; sarebbe un sacrilegio.
La filiera dell’olio extravergine, sì artigianale ma di assoluta qualità, deve rispettare delle regole severe e strettissime per avere per oltre un anno un olio sempre al massimo delle sue prestazioni, profumato, intenso, amaro e piccante al gusto. Raccolta tra ottobre e novembre, spremitura con mezzi meccanici, sempre più moderni e tecnologici; immediata filtrazione, per togliere tutte le impurità presenti dopo la separazione dell’olio, e stoccaggio in silos di acciaio inox sotto gas inerte, come l’azoto o l’argon. Questi sono i passaggi fondamentali, nell’immediata stagione della raccolta e lavorazione.
Ovviamente l’olivo ha bisogno durante la fine dell’inverno di essere potato adeguatamente; soprattutto in estate - anche se si è a regime biologico - deve essere protetto dagli attacchi della mosca olearia, che deteriora e difetta inesorabilmente l’olio che dovrebbe esaltare le nostre pietanze.
Credo sia fondamentale comprendere che dev'essere il proprietario terriero, il produttore olivicolo di qualsiasi latitudine e ceto sociale, a sobbalzare dalla sedia e comprendere che l’olio che va a creare in autunno deve essere di eccellenza: non deve accontentarsi di quel contenitore di olio che gli viene consegnato a fine frangitura dal frantoiano.
Non si può aspettare che le olive maturino troppo sugli alberi, perché perdono delle loro peculiarità. È impensabile, una volta raccolto il frutto, aspettare più di 24 ore prima della frangitura perché partirebbe la fermentazione e l’ossidazione della drupa. Non è corretto utilizzare contenitori non lavati o in plastica, che trasmetterebbero all’olio uno sgradevole sapore. I contenitori dell’olio devono essere in vetro scuro per non far entrare luce e raggi ultravioletti. È un piccolo vademecum che deve servire per far comprendere ai possessori di oliveti, che l’olio è una cosa seria e che deve essere prodotto con giudizio e amore. Non solo diventa il principe dei condimenti in tutti i piatti della Cucina italiana, ma se prodotto bene conserva quelle note amare e piccanti che lo rendono ricco di polifenoli e quindi un toccasana per la nostra salute. Più consapevolezza da parte del produttore, vuol dire senz’altro un miglior olio in futuro.
di Fausto Borella
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