Un disciplinare a livello nazionale per il vino dealcolato, anche se per il Governo è meglio non parlare di "vino", ma di "bevanda". Luigi D'Eramo, sottosegretario all'Agricoltura, alla Sovranità alimentare e alle Foreste, ha risposto in Parlamento a un'interrogazione sul tema, tracciando la linea dell'Esecutivo. L'Europa, in questo senso, ha già dato il suo via libera alla produzione dei vini dealcolati e parzialmente dealcolati.
«Il ministero è da tempo impegnato nella elaborazione di una disciplina chiara ed efficace sulla loro produzione e la commercializzazione - ha specificato il sottosegretario - Sono stati costituiti due gruppi di lavoro - ha precisato il sottosegretario D'Eramo - per individuare quali modifiche introdurre alla vigente normativa di settore per consentire agli operatori interessati di disporre di norme coerenti e comuni. Al termine di tale fondamentale fase di confronto saranno definite le inizative più opportune da intraprendere per valorizzare al meglio una filiera produttiva di grande importanza per il made in Italy, e non solo del comparto agroalimentare».
Vino dealcolato: il Governo non vuole chiamarlo vino
D'Eramo ha poi ribadito la posizione del Governo sulla questione "nominativa". «Non siamo contrari alla bevanda - ha precisato il sottosegretario - ma alla attribuzione ad essa della denominazione di "vino"».
Frasi in linea con quanto già dichiarato dal ministro Francesco Lollobrigida.
«Ora, se il vino è fatto con l'alcol, lo chiami vino - aveva evidenziato nelle scorse settimane - Se vuoi fare il succo d'uva, il mosto e lo vuoi distribuire a tutti, lo chiami semplicemente in un altro modo. Questo è un invito difendere anche la tipicità e la tipologia di alcune produzioni e il loro nome. Andremo in Europa come è normale, a ragionare insieme per difendere la qualità».
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