giovedì 22 dicembre 2022

L'Europa dà ragione all'Italia: Airbnb dovrà riscuotere la cedolare secca

 

L'Europa dà ragione all'Italia: Airbnb 

dovrà riscuotere 

la cedolare secca

La Corte di Giustizia Europea ha rigettato le tesi del colosso statunitense, che dovrà ora riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi e comunicare informazioni e dati sulle locazioni. In Italia sono più di 440mila gli annunci di Airbnb, che paga soltanto un milione di euro di imposte, a fronte di introiti stimati a 180 milioni

di Gianluca Pirovano
L'Europa contro Airbnb: dovrà riscuotere la cedolare secca sugli affitti breviU

Una vittoria importante nell'ambito di una "guerra" che, sembra evidente, avrà ancora diverse battaglie. La Corte di Giustizia Europa si è espressa, ponendo fine a una vertenza iniziata nel 2017: Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi. Non solo: lo Stato potrà richiedere informazioni e dati relativi alle locazioni effettuate. Il tribunale ha, di contro, dato ragione ad Airbnb sulla parte relativa all'obbligo di designare un rappresentante fiscale, giudicata "una restrizione sproporzionata alla libera prestazione dei servizi". 

Un risultato accolto con gioia da Federalberghi, che si è schierata al fianco dell'Agenzia delle Entrare in queste vertenza a livello europeo contro il colosso statunitense degli affitti brevi. «L'evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza», ha sottolineato il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca. 

Come detto, però, si tratta soltanto di una prima vittoria. «La sentenza odierna segna un punto importante - ha aggiunto il presidente degli albergatori - ma resta del percorso da compiere. I prossimi passi toccano al Consiglio di Stato, che dovrà pronunciarsi recependo la sentenza europea, per consentire poi all’Agenzia delle Entrate di recuperare le imposte non pagate durante sei anni di sfacciata inadempienza, applicando le relative sanzioni». 

Bocca poi allarga lo sguardo e chiede un appoggio al Governo. «In parallelo - ha conclus Bocca - chiediamo al Governo e al Parlamento di mettere ordine nella giungla degli appartamenti ad uso turistico, che si nascondono dietro la foglia di fico della locazione, ma in realtà operano a tutti gli effetti come strutture ricettive e quindi devono essere soggetti alle medesime regole di base previste per alberghi, affittacamere e bed and breakfast». 

Bernabò Bocca  L'Europa contro Airbnb: dovrà riscuotere la cedolare secca sugli affitti brevi

Bernabò Bocca

Airbnb, i numeri dell'invasione 

La lotta della città turistiche italiane contro Airbnb è ormai in atto da tempo. Un primo punto a suo favore l'ha segnato Venezia a luglio, con l'inserimento da parte del Governo di un emendamento ad hoc per la città lagunare. In maniera formale parliamo di «Misure per favorire l’incremento dell’offerta di alloggi in locazione per uso residenziale di lunga durata nella città storica di Venezia». In maniera invece più semplice, si tratta, invece, di concedere al Comune di Venezia degli strumenti per limitare il numero di affitti brevi a tutela del centro storico e nel tentativo di ripopolarlo di residenti e non soltanto di turisti. Una misura che, a gran voce, hanno richiesto anche i sindaci di altri importanti città del Belpaese, impegnati come il capoluogo veneto nella lotta all'invasione degli affitti brevi.

Venezia, la prima città italiana ad avere un regolamento anti-Airbnb L'Europa contro Airbnb: dovrà riscuotere la cedolare secca sugli affitti brevi

Venezia, la prima città italiana ad avere un regolamento anti-Airbnb

Per comprendere la portata del fenomeno e del perché del termine "invasione", sono utili, come sempre, i numeri. In Italia, secondo i dati forniti da Federalberghi, sono 440.305 gli annunci pubblicati su Airbnb. Il comune con più alloggi disponibili su Airbnb è Roma, con 23.899 annunci, seguito da Milano (18.416), Firenze (10.576), Venezia (7.677), Napoli (7.313) e Palermo (5.561). Numeri importanti, che non possono non avere effetti sul tessuto urbano e sociale delle città coinvolte e che, quindi, non possono non essere regolamentati in maniera più stringente. 

Sharing economy? Insomma...

Sempre nei numeri di Federalberghi è possibile individuare alcune di quelle che la stessa associazione di categoria definisce "bugie della sharing economy"

  • Non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. Più di tre quarti degli annunci (l'81%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno.
  • Non è vero che si tratta di forme integrative del reddito. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Quasi due terzi degli annunci (il 64,9%) sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che ne gestiscono più di 6.000.
  • Non è vero che si tratta di attività occasionali. Più della metà degli annunci (il 57,8%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno.
  • Non è vero che le locazioni brevi tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.

 

 

Imposte e sanzioni: la situazione di Airbnb 

Ora che il quadro è definito, entriamo nel dettaglio della delicata questione fiscale. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Airbnb in tribunale, le somme da versare annualmente in Italia, rapportate ai ricavi del 2016, sarebbero state pari a circa 130 milioni di euro. Considerando che nel frattempo il numero di annunci pubblicato sul portale è cresciuto a dismisura, si può stimare che nei sei anni di (mancata) applicazione dell’imposta Airbnb abbia riscosso circa 7,5 miliardi di euro e abbia omesso di trattenere e versare al fisco italiano oltre 1,5 miliardi di euro. Una cifra a cui si potrebbero aggiungere anche le sanzioni per il mancato pagamento. Sanzioni che, per l'Agenzia delle Entrate, possono arrivare al 140% delle ritenute non effettuate, di cui il 20% per non aver effettuato la ritenuta e il 120% per omessa presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta.

Nell'ultimo bilancio pubblicato da Airbnb Italia, l'azienda parla di 1 milione di euro di imposte pagate in Italia nel 2021 a fronte di incassi stimati di circa 180 milioni di euro. In sostanza, Airbnb paga allo Stato italiano lo 0,5% dei ricavi realizzati in Italia. 

La tassa di soggiorno, altro "buco nero" 

Controversa e opaca anche la gestione della tassa di soggiorno. Airbnb si arroga il diritto di curarne la raccolta solo per i comuni che accettano di stipulare un accordo, facendosi beffe della legge che obbliga i portali ad effettuare sempre la riscossione.

Di recente, l'assessorato al turismo di Roma Capitale ha contestato formalmente le modalità di erogazione del servizio, perché il portale si limita a versare delle somme indistinte, senza fornire la rendicontazione necessaria per accertare la congruità del versamento e per individuare i contribuenti e gli immobili quali il gettito si riferisce.

La posizione di Airbnb 

«Airbnb ha sempre inteso prestare massima collaborazione in materia fiscale e supporta il corretto pagamento delle imposte degli host applicando il quadro europeo di riferimento sulla rendicontazione, noto come DAC7 - ha sottolineato Airbnb in una nota - L’azienda non è dotata di un rappresentante fiscale in Italia che possa svolgere da sostituto d’imposta. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che l’obbligo di designare un rappresentante fiscale in Italia è in contrasto con il diritto europeo. In attesa della decisione finale da parte del Consiglio di Stato, continueremo ad implementare la direttiva UE in materia». 

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