L’alimentazione può aiutare
a migliorare le capacità
intellettive? (2. parte)
Come ho sottolineato nel pezzo precedente, le persone dalle
elevate capacità intellettive sono sempre state molto apprezzate nelle società
del passato e del presente e in fin dei conti dobbiamo proprio a queste ed al
loro intelletto le grandi scoperte scientifiche, le grandi opere letterarie ed
artistiche ed il progresso tecnologico e culturale in generale.
Sappiamo però che dall’altra parte esistono delle persone che
hanno delle capacità intellettive scarse, come pure che diverse patologie di
tipo degenerativo portano ad una progressiva perdita delle facoltà intellettive
quali memoria ed intelligenza.
Se in un passato non lontano poteva sembrare fantascienza,
oggi, oltre alle classiche sostanze stimolanti contenute in diverse piante e
note per la loro capacità di renderci più svegli e più capaci di mantenere la
concentrazione per tempi più lunghi, come le diffusissime caffeina e
teobromina, perfettamente legali ed onnipresenti, o l’illegale cocaina, abbiamo
veramente a disposizione delle sostanze farmaceutiche capaci di potenziare le
attività cerebrali.
Restare svegli e concentrati per ore e ore, giorno e notte,
migliorare le proprie capacità di memoria e non sentire la fatica non è più
soltanto un desiderio, ma è ormai una realtà.
È il neuroenhancement, o potenziamento cognitivo. Si
definisce come un aumento delle prestazioni intellettive principalmente grazie
all’assunzione di alcuni farmaci oppure a stimolazioni transcraniche
(elettriche o magnetiche).
Droghe intelligenti
Alcuni chiamano questi farmaci smart drugs (droghe
intelligenti), ma in effetti si tratta di farmaci perfettamente legali studiati
ed usati per attenuare gli effetti sulle capacità intellettive di disturbi o
malattie come la sindrome da deficit attenzionale ed iperattività oppure il
morbo di Alzheimer o di Parkinson o problemi del sonno, che se somministrati
alle persone sane possono ottenere come effetto un potenziamento delle capacità
intellettive più o meno lungo. Tali farmaci sono chiamati
anche nootropi. “Nel mondo anglosassone l’utilizzo di questo genere di farmaci
da parte di studenti è risaputo e i giornali ne parlano spesso. Nell’Europa
continentale, invece, l’impressione nell’opinione pubblica è che si tratti di
uno scenario futuribile. Non è così”, dice Agnes Allansdottir, psicologa
sociale che lavora al progetto europeo NERRI (Neuro-Enhancement Responsible
Research and Innovation), il cui obiettivo è facilitare il dialogo sociale sul
potenziamento cognitivo e elaborare una serie di linee guida per i legislatori
europei. Sono stati proprio numerosi scienziati, interpellati dalla prestigiosa
rivista “Nature”, ad ammettere, in un sondaggio anonimo online, che non solo
ritengono lecite queste sostanze (l’80% dei quasi 1500 che hanno risposto), ma
di farne
personalmente uso (il 20%). Questi farmaci agiscono sui
processi di eurotrasmissione, ovvero nel passaggio degi impulsi nervosi da un
neurone all’altro. Il farmaco più usato a questo scopo è il metilfenidato,
indicato solo per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività dei
bambini, ma in realtà diffuso nei college americani per facilitare gli studi.
Ci sono, poi, il modafinil (approvato per alcuni disturbi del sonno, assunto
invece per restare svegli notti intere), o i classici beta bloccanti,
prescritti comunemente per patologie cardiovascolari, ma ai quali si ricorre
per tenere a bada il batticuore scatenato da una prestazione importante o da un
esame.
Oltre a migliorare la memoria, si cerca anche come poterla
modificare, a esempio cancellando ricordi spiacevoli, il che potrebbe servire a
prevenire sindromi post traumatiche.Ma oggi i farmaci sembrano non essere l’unica
possibilità. Esiste, ad esempio, una mole sempre più considerevole di studi
(circa 200 fino ad oggi) che suggerisce l’efficacia della stimolazione
cerebrale transcranica (attraverso elettrodi posti sul cuoio capelluto che
danno un impulso magnetico o elettrico) per migliorare le capacità cognitive.
Anche il
mercato sembra non aver tardato ad approfittarne producendo
stimolatori “casalinghi” di dubbia efficacia.
Questa metodologia, utilizzata a fini terapeutici in casi di
depressione, Adhd, e
riabilitazione di deficit motori o cognitivi dopo un ictus,
nei soggetti sani sembra determinare un miglioramento della memoria verbale e
visivo-spaziale, dell’attenzione, delle abilità numeriche. Ma le previsioni si
spingono ancora più in là. C’è chi valuta (per ora a livello teorico) l’impiego
cerebrale delle cellule staminali per accrescere capacità e velocità delle
funzioni mnemoniche e di apprendimento e chi, in futuro, vede la possibilità di
far ricorso anche alla chirurgia ed agli impianti.
Ma c’è un limite?
Dov’è il limite, dunque? Qual è la differenza con il
comunissimo caffè che beviamo quotidianamente? Problemi etici (e giuridici)
sollevati dall’uso di potenziatori riguardano fondamentalmente la sicurezza, la
libertà personale e l’equità. Nel primo caso è una questione di rapporto tra
rischi e benefici. Gli effetti collaterali o la possibilità di gravi reazioni
avverse a questi farmaci possono essere giustificati per curare una malattia,
ma non per migliorare le proprie prestazioni. Ben vengano questi farmaci se
riescono a sopperire a deficit cognitivi per aiutare le persone che hanno dei
problemi, cautela invece se si vuole potenziare le proprie capacità.
Per la questione della libertà personale intendo che nessuno
dovrebbe mai essere obbligato ad assumere delle sostanze che non vuole, il che
è una regola universale, ma dall’altra parte ritengo che in casi particolari,
posso fare l’esempio di un chirurgo ingaggiato in un complicato intervento che
dura diverse ore, oppure di una squadra di scienziati ingaggiati per la
soluzione rapida di qualche grave problema, sia lecito assumere dei
potenziatori cognitivi. L’equità invece si riferisce all’accessibilità di
questi farmaci, in modo che possano averli a disposizione tutti, e non solo
delle elites di privilegiati. Se così non fosse si verrebbe a creare una
disparità di fondo finendo per non premiare coloro che invece sono meritevoli
per il loro lavoro e le loro capacità innate.
Che dire? Il futuro è in mano nostra: cerchiamo di utilizzare ciò che la scienza ci potrà offrire con oculatezza. (2,FINE)
Denis Stefan
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