Il Tribunale di Napoli ha emesso una condanna a due anni e sei mesi nei confronti del titolare del ristorante del Vomero dove, secondo l’accusa, avrebbe avuto origine l’intossicazione che portò alla morte del quindicenne Luca Piscopo nel 2021. Il giudice ha invece assolto il medico che ebbe in cura il ragazzo, ritenendo non dimostrata una responsabilità diretta nel decesso. La vicenda ha subito riacceso l’attenzione su sicurezza alimentare, adeguatezza dei controlli e comportamento dei professionisti coinvolti.

Le conclusioni dell’accusa e la decisione del giudice
Secondo la ricostruzione presentata dalla Procura, il giovane avrebbe contratto una salmonellosi dopo aver consumato sushi nel locale del Vomero insieme a delle amiche. L’infezione avrebbe poi generato una miocardite rivelatasi fatale. La pm Federica Amodio aveva chiesto tre anni di reclusione per il ristoratore e un anno e otto mesi per il medico, sostenendo che un intervento tempestivo avrebbe potuto salvare il ragazzo.
Il giudice ha stabilito una condanna per il titolare del ristorante e l’assoluzione del medico, sottolineando l’assenza di elementi sufficienti a provare una correlazione diretta tra le sue azioni e l’esito mortale. Una decisione che ha generato reazioni contrastanti in aula e un forte dibattito sulla responsabilità sanitaria e sull’efficacia degli interventi medici nei casi di sospetta infezione alimentare.
La reazione dei familiari di Luca Piscopo
In aula erano presenti i genitori di Luca e molti suoi amici, compresi coloro che lo accompagnarono al ristorante il giorno del pasto. La madre, Maria Rosaria Borrelli, ha espresso forte dissenso verso l’assoluzione del medico dichiarando: «Il ristoratore è stato un bandito senza scrupoli ma quello che mi ha fatto rabbia è stata l'assoluzione del medico: in 10 giorni mio figlio ha perso più di 10 chili, lui non mi ha mai fatto una telefonata per chiedermi come stava il ragazzo».

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