mercoledì 20 giugno 2018

Caccia aperta a 1,6 milioni di virus sconosciuti


Caccia aperta 
 a 1,6 milioni
di virus sconosciuti
Tra questi si trovano forse i responsabili delle prossime pandemie: nei prossimi 10 anni il Global Virome Project tenterà di identificarne la maggior parte

Potrebbero esserci 1,67 milioni di virus sconosciuti, là fuori, in grado di infettare gli animali terrestri: tra questi, ce ne sono centinaia di migliaia che potrebbero essere trasmessi all’uomo e causare le prossime pandemie. Proprio per questo motivo, nel 2018 partirà un’importante collaborazione internazionale il Global Virome Project, il cui obiettivo è individuare il maggior numero di questi virus, conoscerli e fermarli prima che possano causare epidemie su larga scala.
Le malattie zoonotiche – cioè che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo, per esempio attraverso il contatto o il consumo di carni infette – sono state all’origine di alcune delle epidemie più letali di sempre: soltanto per citarne alcune, l’influenza aviaria a Zika. Anche l’OMS le riconosce come cause più probabili delle prossime pandemie, tuttavia se questo è il nemico da battere, non lo conosciamo abbastanza bene.

   Punta dell’iceberg
I 260 virus di origine animale che sono noti per infettare l’uomo potrebbero rappresentare appena lo 0,01% del totale delle zoonosi che ci riguardano. Dati dalle passate epidemie indicano che potrebbero esserci 1,67 milioni di virus ancora da scoprire, capaci di infettare mammiferi e uccelli. Secondo le stime del progetto esistono 1,67 milioni di virus nel mondo, di cui solo lo 0,1% è conosciuto, e tra questi tra i 631mila e gli 827mila potrebbero avere la capacità di infettare l’uomo.
Prevenire
Nei prossimi 10 anni il Global Virome Project proverà a sanare questo limite di conoscenza, costruendo un “profilo ecologico” del 99% dei virus misteriosi: quali specie infetta, in quali aree del Pianeta è diffuso, quali popolazioni umane e quali allevamenti sono esposti. In questo modo si potranno indirizzare vaccini e altre terapie mirate alle persone che dovranno combatterli in prima linea, e sedare sul nascere un possibile focolaio. Si opererà attraverso progetti di ricerca mirati e protocolli per una più agile condivisione delle informazioni.

Un notevole risparmio
L’iniziativa richiederà un totale di oltre 7 miliardi di dollari (5,7 miliardi di euro): una cifra importante, ma pari a circa il 10% di quella che si dovrebbe investire per far fronte, nei prossimi anni, a una singola pandemia. Il costo totale dell’epidemia di SARS nel 2002, per esempio, è stato stimato in 40 miliardi di dollari (32 miliardi di euro).
Inoltre, la maggior parte (il 70%) dei virus sconosciuti dovrebbe essere identificata nelle prime fasi di analisi dei campioni, che richiederanno “soltanto” 1,2 miliardi di dollari (975 milioni di euro). Quelli che “resteranno per ultimi” saranno anche i più rari, quelli per cui è meno probabile una trasmissione umana.



In futuro epidemia 

per malattia X 

ancora ignota?!



L’Organizzazione mondiale della sanità l’ha inserita nell’elenco delle patologie infettive potenzialmente pandemiche da cui non possiamo difenderci

Pur non essendo ancora stata scoperta è già una preoccupazione per gli esperti di tutto il mondo. Nella Blueprint list of priority diseases, lista dell’Oms delle malattie potenzialmente pandemiche che aiuta a determinare su quali malattie e patogeni dovrebbe concentrarsi la ricerca per evitare un’emergenza per la salute pubblica, c’è per la prima volta anche una “disease X”, una malattia ancora sconosciuta ma in grado di fare milioni di casi e di morti nel mondo.
Nell’elenco, che viene aggiornato ogni anno, compaiono “nomi noti” come Ebola e Marburg, Zika, febbre Lassa, febbre emorragica Congo-Crimea, Sars e Mers, Nipah e febbre della Rift Valley, patologie mortali per cui non ci sono cure o vaccini efficaci. All’ultimo posto appare “disease X” (malattia X). “Con questo termine – scrivono gli esperti della commissione che ha elaborato la lista – vogliamo rappresentare che una seria epidemia internazionale può essere causata da un patogeno di cui al momento non conosciamo la capacità di causare malattie nell’uomo, e quindi la ricerca deve cercare di mettere in campo una preparazione ‘trasversale’ in grado di essere rilevante anche per una patologia sconosciuta”.

 


 

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