Ora che i miliardi ci sono
bisogna salvare subito le aziende
Il Governo ha stanziato 25 miliardi freschi per sostenere sanità e famiglie. Poi arriveranno altri 350 miliardi destinati all'economia intera.
I fondi ci sono, bisogna sfruttarli presto e bene per sostenere il potere d’acquisto degli italiani e permetterci di ripartire dopo questa forzata fase di quarantena
Gli ultimatum di associazioni, sindacati, imprese e stampa sembrano avere avuto il loro effetto. E del resto la drammaticità del momento non avrebbe potuto permettere altra scelta. Il Governo archivia la regola europea sui bilanci e mette in campo tutte le risorse che in questo momento il Paese ha disponibili: 350 miliardi di euro. Non sono i 550 miliardi che la Germania, incurante di qualunque obbligo comunitario, aveva per prima annunciato, ma certo sembra un importo che potrebbe permetterci di salvare aziende e lavoratori finchè non usciremo dalla crisi innescata dal coronavirus.
Per ora saranno disponibili da subito i 25 miliardi per le prime emergenze (sanità, in primis, e difesa di famiglie e posti di lavoro) già autorizzati dal Parlamento, ma sembra improbabile che qualche partito possa pensare di opporsi allo sforamento dei conti pubblici nella situazione in cui ci troviamo. Del resto il virus sta avanzando nel centro-sud dell’Italia, mentre il contagio non accenna a fermarsi in Lombardia, dove Bergamo e Brescia (fra le locomotive dell’economia nazionale) sono ormai all’esaurimento dei posti letto. E l’economia si sta fermando ovunque. Se prima è toccato a bar, ristoranti, hotel e negozi, ora sono molti servizi a lavorare a scartamento ridotto e le industrie, una dopo l’altra chiudono forzatamente. Salvo riconvertirsi, come in tempo di guerra, per produrre mascherine e attrezzature sanitarie.
L’obiettivo del Governo è di procedere per gradi per sostenere l’economia anche se, va detto con il dovuto rispetto per chi sta gestendo un Paese sull’orlo del baratro, ci sono non pochi dubbi sulla praticabilità di misure che magari devono poi essere attuate da una struttura burocratica oggi praticamente paralizzata ad ogni livello. È il caso della cassa integrazione in deroga che se dovesse scontare le riunioni autorizzative dei vari comitati Inps (chi sono i sindacalisti che uscirebbero da casa a firmare le richieste aziendali?) non potrebbe praticamente scattare se non fra tre mesi, ad andare ben. Ma nel frattempo (scontato che il coronavirus non si sconfigge in 15 giorni) molte imprese potrebbero essere in liquidazione per mancanza di liquidità per “anticipare” gli stipendi.
Se davvero ci sono 350 miliardi a disposizione, devono essere messi al più presto in campo per sostenere il potere d’acquisto degli italiani e permetterci di ripartire dopo questa forzata fase di quarantena. Ci deve essere un modello italiano, non solo su come contrastare il contagio (e noi facciamo, pwe foertuna, il contrario di quanto fanno gli inglesi e forse pensavano di fare i tedeschi). Ma ci deve essere anche una strategia di politica economica che per molti versi potrebbe imitare quella della Cina dove, dopo il blocco totale, si è avviata la ripresa con la rimessa in produzione di molte industrie, a partire da quelle automobilistiche.
Certo non sarà facile. Se la Cina sta uscendo da un incubo, ora questo è cominciato per l’Europa e gli Stati Uniti, e non si sa cosa succederà nel resto del mondo. I continui crolli in Borsa sono solo una delle possibili conseguenze.
Ora più che mai si deve fare presto!
La firma di Giuseppe Conte sul decreto
Per ora saranno disponibili da subito i 25 miliardi per le prime emergenze (sanità, in primis, e difesa di famiglie e posti di lavoro) già autorizzati dal Parlamento, ma sembra improbabile che qualche partito possa pensare di opporsi allo sforamento dei conti pubblici nella situazione in cui ci troviamo. Del resto il virus sta avanzando nel centro-sud dell’Italia, mentre il contagio non accenna a fermarsi in Lombardia, dove Bergamo e Brescia (fra le locomotive dell’economia nazionale) sono ormai all’esaurimento dei posti letto. E l’economia si sta fermando ovunque. Se prima è toccato a bar, ristoranti, hotel e negozi, ora sono molti servizi a lavorare a scartamento ridotto e le industrie, una dopo l’altra chiudono forzatamente. Salvo riconvertirsi, come in tempo di guerra, per produrre mascherine e attrezzature sanitarie.
L’obiettivo del Governo è di procedere per gradi per sostenere l’economia anche se, va detto con il dovuto rispetto per chi sta gestendo un Paese sull’orlo del baratro, ci sono non pochi dubbi sulla praticabilità di misure che magari devono poi essere attuate da una struttura burocratica oggi praticamente paralizzata ad ogni livello. È il caso della cassa integrazione in deroga che se dovesse scontare le riunioni autorizzative dei vari comitati Inps (chi sono i sindacalisti che uscirebbero da casa a firmare le richieste aziendali?) non potrebbe praticamente scattare se non fra tre mesi, ad andare ben. Ma nel frattempo (scontato che il coronavirus non si sconfigge in 15 giorni) molte imprese potrebbero essere in liquidazione per mancanza di liquidità per “anticipare” gli stipendi.
Se davvero ci sono 350 miliardi a disposizione, devono essere messi al più presto in campo per sostenere il potere d’acquisto degli italiani e permetterci di ripartire dopo questa forzata fase di quarantena. Ci deve essere un modello italiano, non solo su come contrastare il contagio (e noi facciamo, pwe foertuna, il contrario di quanto fanno gli inglesi e forse pensavano di fare i tedeschi). Ma ci deve essere anche una strategia di politica economica che per molti versi potrebbe imitare quella della Cina dove, dopo il blocco totale, si è avviata la ripresa con la rimessa in produzione di molte industrie, a partire da quelle automobilistiche.
Certo non sarà facile. Se la Cina sta uscendo da un incubo, ora questo è cominciato per l’Europa e gli Stati Uniti, e non si sa cosa succederà nel resto del mondo. I continui crolli in Borsa sono solo una delle possibili conseguenze.
Ora più che mai si deve fare presto!
di Alberto Lupini
direttore
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