mercoledì 1 dicembre 2021

Hotel, tre anni di tempo per il riordino delle stelle. In gioco i fondi per il rilancio


 

Hotel, tre anni di tempo 

per il riordino delle stelle. 

In gioco i fondi 

per il rilancio

Entro il 2025 il ministero del Turismo deve emanare un decreto affinché gli standard di servizio nazionali siano allineati a quelli internazionali. Un meccanismo per rilanciare il settore e spendere 2,4 miliardi di aiuti


Nei prossimi tre anni gli standard minimi degli hotel devono essere uniformati su tutto il territorio nazionale così da rendere più facile e trasparente lo sfruttamento delle risorse messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il settore turistico-ricettivo. Detto diversamente: serve un nuovo accordo sulle stelle con cui alberghi e hotel classificano il proprio grado di servizio. 

Cosa dice il decreto: c'è tempo fino al 2025 

per allinearsi agli standard internazionali

A dirlo è l'articolo 1, comma 15 del decreto legge 152/2021: «Il ministero del Turismo, con decreto da emanare entro il 31 marzo 2025, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede ad aggiornare gli standard minimi, uniformi in tutto il territorio nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, ivi compresi i condhotel e gli alberghi diffusi, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alle capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali e dei sistemi di classificazione alberghiera adottati a livello europeo e internazionale». 

In Europa il riferimento è HotelStars Union

A livello europeo, il riferimento per gli standard qualitativi e di servizio è l’organo HotelStars Union e fa parte dell’Hotrec, un’associazione formata da una quarantina di organizzazioni di 24 paesi europei. I suoi parametri si basano su un sistema a punti. Ogni albergo deve controllare i parametri di questa tabella e in base ai punti guadagnati ottiene un certo numero di stelle. In Italia, invece, la procedura è più complessa e prevedele verifiche di diversi enti (comuni, province, città metropolitane) a seconda del regolamento regionale relativo ai parametri di servizio. 

In gioco i fondi stanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza

La necessità di uniformare lo standard nazionale a quello europeo e internazionale deriva dalle capacità di spesa messe sul piatto dal Pnrr. Il pacchetto turismo, infatti, ammonta a 2,4 miliardi complessivi con crediti d'imposta fino all'80% della spesa per la riqualificazione energetica e la messa in sicurezza degli alberghi. Oltre a ciò, è previsto un contributo a fondo perduto fino al 50% delle spese sostenute per il miglioramento della struttura (fino a un massimo di 100mila euro): dall'abbattimento delle barriere architettoniche all'implementazione di nuove vasche termali, fino ai progetti di digitalizzazione. Risorse che sono destinate a «imprese alberghiere, alle strutture che svolgono attività agrituristica, alle strutture ricettive all’aria aperta, nonché alle imprese del comparto turistico, ricreativo, fieristico e congressuale, ivi compresi gli stabilimenti balneari, i complessi termali, i porti turistici, i parchi tematici», si legge nel testo del decreto. E proprio qui entra in gioco il tema della classificazione degli alberghi.

 Rischio cortocircuito

L'idea è quella di legare l'erogazione dei contributi al riordino degli standard qualitativi. Il motivo? Come riporta il comma 1 del medesimo articolo è per «migliorare la qualità dell'offerta ricettiva in attuazione della linea progettuale "Miglioramento delle infrastrutture di ricettività attraverso lo strumento del Tax credit" Misura M1C3, investimento 4.2.1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza». Quasi un gatto che si morde la coda a cui, nel giro di tre anni, il ministero del Turismo è chiamato a trovare una soluzione. In gioco la ripresa del turismo; soprattutto quello internazionale. 

I precedenti interventi sul tema

L'ultimo intervento in tema di stelle e hotel risale al 2008. Allora un allegato al testo del decreto sulla “Definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell’ambito dell’armonizzazione della classificazione alberghiera" definiva gli standard minimi richiesti per ogni stella. Peccato che lo stesso testo riportasse due note che svilivano lo sforzo di uniformita. In particolare, «nel caso di incremento dei volumi, gli standard minimi di cui al presente provvedimento si applicano unicamente ai nuovi volumi». E «gli standard minimi di cui al presente provvedimento sono definiti in relazione all’apertura di nuovi alberghi o alla ristrutturazione di quelli esistenti». Insomma, le nuove norme si sarebbero applicate soltanto agli alberghi aperti, ristrutturati o allargati dal 2009 in poi. Inoltre, il decreto permetteva agli alberghi collocati in edifici dai “valori storico culturali” di non doversi sottoporre ai lavori necessari per adeguarsi ai nuovi standard, e mantenere la propria classificazione. Un successivo intervento del 2014 aveva tentato di rendere effettiva l'uniformità. Ma non sono mai stati approvati i decreti attuativi che avrebbero dovuto mettere in pratica il progetto.

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