L’estate 2025 non è stata solo quella degli scontrini pazzi. È stata anche la stagione dei fuggitivi, dei tavoli che si alzano dopo aver ordinato di tutto - piatti costosi, bottiglie da migliaia di euro - e spariscono lasciando il conto sul tavolo e il ristorante con il cerino in mano. Episodi raccontati ovunque, da nord a sud, con dinamiche che si ripetono identiche: confusione, locali pieni, personale ridotto, e a fine serata il colpo di scena. Non parliamo più di casi isolati. E con la viralità dei social e un generale impoverimento, unito a una buona dose di maleducazione, il fenomeno rischia di diventare una brutta abitudine.
Dietro alle polemiche, però, c’è un aspetto che passa sempre in secondo piano. Quando un cliente scappa senza pagare, spesso il primo a doverne rispondere non è il titolare, ma il cameriere che seguiva il tavolo. Nei grandi ristoranti - come ricordato da Francesco Rizzo (titolare del ristorante Cascina Ovi di Segrate) in un video che proponiamo di seguito -, quelli con centinaia di coperti e magari una gestione esterna, succede di frequente che il costo venga scaricato sul dipendente con la scusa che “doveva vigilare lui”. E così si finisce per chiedere a un ragazzo con contratto a chiamata, magari stagionale e mal pagato, di coprire con mezzo stipendio (si fa per dire, sia chiaro, ma non si è nemmeno così distanti) un conto lasciato lì da qualcun altro.
Cosa dice davvero la legge sul rischio d’impresa
Il problema è che questa prassi non ha basi legali solide. La legge italiana, in realtà, anche se poco conosciuta, è chiara: il rischio d’impresa è del datore di lavoro. Se un cliente fugge senza pagare, la perdita economica è a carico del titolare, non del cameriere. Il dipendente può essere ritenuto responsabile soltanto in due casi: dolo, quindi complicità con il cliente o comportamento intenzionale, oppure colpa grave, cioè negligenza evidente e dimostrabile, come lasciare uscire il cliente dopo aver saputo che non aveva pagato.
Al di fuori di queste condizioni, il datore non può trattenere soldi dallo stipendio per compensare il danno. Nessuna decurtazione automatica, nessuna regola “interna” che possa giustificarla. Ma la teoria e la realtà raramente coincidono. Molti ristoranti, per prassi o per regolamenti interni poco trasparenti, scaricano la responsabilità sul personale di sala. Chi lavora preferisce pagare in silenzio per evitare discussioni, peggioramenti del clima di lavoro o, peggio ancora, la riduzione dei turni. E questo succede soprattutto tra i lavoratori stagionali o con contratti precari, che sanno bene quanto sia facile finire in fondo alla lista delle chiamate.
La pratica diffusa e il silenzio dei lavoratori
La verità è che servono regole chiare e tutele reali. I dipendenti hanno il diritto di chiedere se esista un regolamento scritto che definisca le responsabilità, e hanno il diritto di rifiutare di pagare quando non c’è prova di dolo o colpa grave. Nei casi estremi, ci sono i sindacati e l’Ispettorato del Lavoro, ma nella pratica pochi si espongono: chi ha un contratto a tempo determinato o a chiamata vive nell’incertezza e spesso preferisce non mettersi contro la proprietà per paura di perdere il posto.
Perché servono più tutele e regole chiare
Il punto è che ogni conto non pagato non danneggia solo le casse del locale, ma logora anche i rapporti interni e peggiora le condizioni di lavoro in un comparto già fragile (e da anni in parecchia difficoltà). Perché se chi lavora in sala deve gestire clienti, piatti, tempi di servizio e al tempo stesso temere di dover coprire di tasca propria le fughe dei furbetti, il risultato è un ambiente teso, personale demotivato e un’accoglienza che inevitabilmente ne risente.
E continuare a far finta di niente significa alimentare un circolo vizioso in cui ristoratori e lavoratori finiscono entrambi per perdere. Per questo, sono necessari più controlli, più chiarezza nei contratti e soprattutto la consapevolezza che la ristorazione non può reggersi su paure e ricatti. Perché quando il conto non lo paga chi dovrebbe, il prezzo vero lo paga tutto il comparto.
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