mercoledì 3 settembre 2025

Massari choc sul pampapato: «Una porcheria»

 

Massari choc sul pampapato: «Una porcheria». Ferrara divisa tra orgoglio e voglia di cambiare

Il maestro pasticcere Iginio Massari a Ferrara non ha avuto esitazioni: «Il pampapato è una porcheria». Parole che hanno inevitabilmente acceso la polemica tra i pasticceri della città estense. C'è chi difende il dolce simbolo della città e chi vede nella provocazione uno stimolo a innovare la tradizione


Massari choc sul pampapato: «Una porcheria». Ferrara divisa tra orgoglio e voglia di cambiare

AFerrara toccare il pampapato è come toccare un’icona. Lo ha scoperto Iginio Massari, il più noto dei pasticcieri italiani, che dalla città estense ha definito «una porcheria» il dolce simbolo del territorio. Parole che hanno fatto il giro del web e scatenato un piccolo terremoto tra chi il pampapato lo produce e lo vende ogni giorno.

Tra questi Cristiano Pirani, titolare della Pasticceria Chocolat nella città estense: «Non credo che il maestro Massari abbia assaggiato tutti i pampapati che vengono prodotti a Ferrara» racconta a Italia a Tavola. «Generalizzare così lo trovo abbastanza scorretto».

Pirani: «Non si può stravolgere una ricetta secolare»

Per lui, infatti, il punto non è solo la critica in séma il modo: «A prescindere da quello che può essere il suo pensieroè un dolce che viene venduto soprattutto ai turistiche vengono qua appositamente per assaggiarloFa parte della nostra tradizione, e secondo me va valorizzato con prodotti di prima qualità». 

Massari choc sul pampapato: «Una porcheria». Ferrara divisa tra orgoglio e voglia di cambiare

Cristiano Pirani, titolare della Pasticceria Chocolat

Pirani non nega che le ricette possano essere miglioratema sulle parole di Massari resta critico: «Va rivisto? Secondo me il rivisto è relativoÈ un dolce speziatocon un gusto molto particolarea base di cioccolatoNon ha paragoni. Sono d’accordo sul lavorare al meglio con le materie prime, sul perfezionare i processi produttivi… ma stravolgere la ricetta perché una persona dice che è una porcheria non lo trovo corretto».

Paiato: «È un invito a fare meglio, non un’offesa»

Più morbido invece Nicola Paiato, maestro Apei - la stessa associazione di cui Massari è presidente - e titolare della Pasticceria Le Follie. «Il momento è stato un po’ forte», ammette, «ma penso che non l’abbia fatto con la cattiveria di dire che il prodotto fa schifo e basta». Secondo lui, infatti, l’intento del maestro bresciano è stato soprattutto quello di dare una scossa: «Più che altro è stato un segnale per riprendere in mano il dolce e dargli una modernità. Per esempio, lui è venuto nel mio laboratorio, ha assaggiato il mio pampapato e non mi ha detto che era terribile. Mi ha dato però degli accorgimenti sulla preparazione e sui tempi di cottura».

Massari choc sul pampapato: «Una porcheria». Ferrara divisa tra orgoglio e voglia di cambiare

Nicola Paiato, maestro Apei e titolare della Pasticceria Le Follie

Paiato racconta di aver seguito quei consigli e di averne visto i risultati: «Ho avuto dei miglioramenti e me lo hanno fatto notare anche i clienti. Io ho rivisitato il dolce usando i suoi suggerimenti senza stravolgere lo statuto della ricetta, e la risposta è stata positiva. Non è un’offesaè un invito a fare meglio». E ricorda come in passato fosse successa una cosa simile in Sicilia: «Con la cassata era nata la stessa polemicaPoi l’hanno alleggeritaresa più apprezzata. Secondo me è questo il senso delle parole di Massari».

Tradizione e innovazione, il dilemma del pampapato

Massari le sue parole, come detto, le ha pronunciate proprio a Ferrara, città dove ha iniziato a registrare la nuova stagione di Sweet Home. E davanti al pampapato non ha avuto esitazioni: «È meglio che lo rivediate» ha detto senza troppi giri di parole. Per poi spiegare il perché: «Tradizione non vuole dire fare le cose vecchieSiamo quello che mangiamo oggiIl principio di base è la curiosità e a Ferrara, evidentemente, come pasticcierici sono pochi curiosi. Tutte le ricette sono da rivedere, non si può restare ancorati alla storia di una volta».

Massari choc sul pampapato: «Una porcheria». Ferrara divisa tra orgoglio e voglia di cambiare

Il maestro Iginio Massari

Dichiarazioni che non aprono solo una polemica localema toccano una questione più ampiafino a che punto un dolce secolare può restare identico a sé stesso senza rischiare di diventare un ricordo polveroso? E quando invece l’innovazione smette di essere un miglioramento e inizia a cancellare la memoria di un territorio? È questo il nodo che la provocazione di Massarinel bene o nel maleporta al centro del dibattito

Non è la prima volta che succedeOgni volta che un piatto della tradizione viene messo in discussionescatta la difesa d’ufficio: da una parte chi lo considera intoccabile, dall’altra chi vede nella cucina un linguaggio che deve evolvere. La frase di Massari diventa così il detonatore di una tensione che attraversa molte ricette storiche italiane, e non solo quella ferrarese.

La lunga storia di un dolce “del Papa”

Ma, detto ciò, cos’è il pampapato e qual è la sua storia? Per capirlo bisogna tornare indietro di qualche secoloNel ’600 le monache del Monastero del Corpus Domini di Ferrara, ispirandosi a un’antica ricetta del grande cuoco rinascimentale Cristoforo da Messisbugo, crearono un dolce da inviare alle grandi personalità dell’epoca. Il cacao, appena arrivato in Europa dalle mani di Cortes, era un bene di lusso e veniva usato come fosse un gioiello, una polvere preziosa.

A forma di zuccotto, il pampapato era impreziosito da mandorle o nocciole finissimeda gustosi canditiinsaporito con spezie profumate; la calotta veniva infine ricoperta di cioccolato fondente. Così il ricco dolce diventava il Pan del Papa. Facile capire a chi fosse dedicata questa meraviglia. Una lingua antica, poetica e perduta lo trasformò in Pampapato e Pampepato. Da secoli i due nomi convivono e la sostanza non cambiaè il dolce del Nataledelle festeil dolce che meglio rappresenta la ricchezza e la raffinatezza di Ferrara.

La ricetta del pampapato

Per preparare il pampapato servono 200 g di farina100 g di mandorle100 g di zucchero - o meglio miele per un gusto più pieno - 100 g di cacao in polvere100 g di frutta candita tagliata a pezzetti2 g di cannella2 g di chiodi di garofano tritati e 80 g di cioccolato fondente per la copertura. Si inizia sciogliendo zucchero o miele in poca acqua tiepida o latte, quindi si uniscono la farina, il cacao, le spezie, la frutta candita e le mandorle. L’impasto va lavorato a lungo, finché non risulta sodo e omogeneo. A questo punto si modella la caratteristica forma a calotta e si cuoce in forno, controllando bene la cottura: se il dolce brucia diventa amaro. Una volta freddo, si ricopre con il cioccolato fondente fuso, lasciando che si asciughi completamente prima di gustarlo.

Tra orgoglio e cambiamento: il futuro 

del dolce simbolo di Ferrara

Alla fine il pampapato resta lìsulla tavola e nel mirino: amatissimo dai turisti, venerato dai ferraresi, indigesto a Massari. E allora? Forse il vero problema non è se sia una “porcheria” o menoma che nessuno osi più metterci mano. Perché se la tradizione serve solo a farsi selfie con il dolce in vetrinaallora sìrischia di diventare più vecchia della glassa che la ricopre.

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