venerdì 12 dicembre 2025

Anche lo stoccafisso patrimonio dell'Umanità?

 Anche lo stoccafisso 

patrimonio dell'Umanità?



Il pesce-bastone figura già nell'elenco dei prodotti tipici della tradizione gastronomica popolare. Il ruolo di Andrea Vergari e della Confraternita roveretana dello Stofìss dei Frati per il riconoscimento dell'Unesco.

di Giuseppe Casagrande

Il recente riconoscimento da parte dell'Unesco della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’Umanità riempie d’orgoglio tutti gli italiani: chi lavora ai fornelli, chi opera nella ristorazione e chi, semplicemente, ama la convivialità a tavola. Questo traguardo rende ancora più felici coloro che hanno a cuore le tradizioni gastronomiche, come quella dello stoccafisso, un simbolo della cultura popolare che accompagna la storia del nostro Paese da secoli.

L’Italia intera ha conosciuto la povertà e, con essa, il baccalà. Ma oggi lo stoccafisso non è più il "cibo dei poveri". E' un prodotto di alta cucina, valorizzato sia per i tempi di lavorazione sia per la complessità del processo produttivo, della sostenibilità della pesca del merluzzo e delle tecniche naturali di essiccazione. Tutti elementi che lo rendono un alimento salutistico, ricco di proteine nobili, sali minerali e povero di grassi.

La candidatura sostenuta dall'International Stockfish Society

Dal 2023 la International Stockfish Society e la Via Italiana dello Stoccafisso sostengono con convinzione in sede Unesco la candidatura europea della tradizione legata allo stoccafisso. Nella storia di questo pesce si riconoscono infatti almeno quattordici mani: quelle che pescano il merluzzo, quelle che lo essiccano, lo selezionano, lo reidratano, lo cucinano e infine lo portano in tavola. Ogni passaggio racconta una storia, una cultura e un patrimonio di saperi che meritano di essere preservati.

Andrea Vergari e la Confraternita roveretana dello Stofìss dei Frati 

Il Trentino riveste un ruolo di primo piano nel sostegno alla candidatura grazie alla guida italiana della International Stockfish Society che da oltre dieci anni si dedica alla tutela e alla diffusione di questa cultura. Un lavoro prezioso che ha contribuito a intensificare i rapporti internazionali e a coinvolgere, oltre alle istituzioni, le Accademie, le Confraternite enogastronomiche, gli imprenditori e la comunità scientifica. Fondata a Lubecca e presieduta dal roveretano Andrea Vergari, questa società può contare sui contributi storici di numerosi studiosi di diverse nazionalità: Italia, Norvegia, Svezia, Islanda, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Nigeria e comunità Sami.   

Il pesce-bastone fa parte del Patrimonio agroalimentare italiano

"Ci auguriamo che il riconoscimento della cucina italiana da parte dell’Unesco - ha dichiarato Andrea Vergari - diventi un traino decisivo anche per il riconoscimento dello stoccafisso, affinché questa antica tradizione continui a vivere, evolvere e raccontare l’Italia attraverso i suoi sapori più autentici".

Un primo risultato è già stato ottenuto: il Ministero dell'Agricotura e Pesca ha infatti approvato con apposito decreto l'iscrizione dello stoccafisso nell'Inventario nazionale del Patrimonio Agroalimentare Italiano, riconoscimento assegnato in virtù della tradizione popolare che il pesce-bastone riveste nella cultura gastronomica del BelPaese. 


La diffusione del baccalà nel nostro Paese e i misteri del mitico "Ragno"

La diffusione del baccalà nel nostro Paese è legata a due eventi storici: il drammatico naufragio del mercante veneziano Pietro Querini e il Concilio Tridentino della Controriforma. Per chi volesse approfondire l'argomento consiglio il bellissimo volume «I Misteri del Ragno», l'opera monumentale ricca di riferimenti storici e aneddoti, dell’accademico vicentino Otello Fabris (nella foto con Andrea Vergani) (Biblioteca internazionale La Vigna di Vicenza).

Quanto mai dettagliato è il capitolo che Otello Fabris (nella foto con Andrea Vergari) dedica al viaggio avventuroso del mercante veneziano Pietro Querini che, partito da Candia (Creta) il 25 aprile del 1431 e diretto nelle Fiandre con un carico di 800 barili di Malvasia, spezie (zafferano, zenzero, cannella, cardamomo), cotone, cera e altre mercanzie, naufragò (era il 4 gennaio del 1432) nei mari del Nord e con una scialuppa assieme ai marinai superstiti (sedici su 68) finì sugli scogli di un isolotto dell’arcipelago norvegese delle isole Lofoten.
 
Salvati dai pescatori di Røst i superstiti rimasero sull’isola alcuni mesi prima di ripartire alla volta della Serenissima con un regalo prezioso: 60 stoccafissi.
Fu l'inizio della diffusione dello stoccafisso o baccalà che dir si voglia, nelle Tre Venezie. Da allora il baccalà ne ha fatta di strada al punto che, che dopo essere stato per secoli il piatto dei poveri, oggi è diventato una prelibatezza da ricchi visti i costi astronomici del mitico «Ragno», la qualità più pregiata di stoccafisso.

Determinante fu la spinta religiosa del Concilio di Trento

Un'ulteriore spinta al successo del baccalà venne dal Concilio Tridentino (aperto da Papa Paolo III nel 1545 e chiuso, dopo numerose interruzioni, nel 1563) che impose il rigoroso rispetto del digiuno durante la Quaresima e dell'astinenza il venerdì rispettando il precetto del cosiddetto «mangiar di magro». La decisione dei padri conciliari fu presa dopo che Martin Lutero nel 1517, con le 95 tesi affisse alle porte del Duomo di Wittemberg, dichiarò guerra aperta alla religione cattolica. Le sue accuse smossero la Chiesa Cattolica a ricordarsi della «povertà» anche a tavola. E neanche a farlo apposta fu proprio l'arcivescovo metropolita di Upsala (Svezia) Olao Magno Manson, che da tempo viveva a Roma, ad aiutare il baccalà nella scalata verso la notorietà.

Quando il pesce-bastone viaggiava lungo i fiumi sulle zattere

Molti sono i riferimenti legati al Trentino citati da Otello Fabris nella sua monumentale opera sulla storia del baccalà: oltre alle imposizioni relative ai giorni di digiuno decise dal Concilio di Trento, si parla dei porti fluviali dell'Adige dove si pagavano i dazi per il passaggio delle merci che viaggiavano su delle zattere: Egna, Trento, Rovereto-Borgo Sacco, Parona-Verona.  La via maestra dello stoccafisso erano i fiumi che congiungevano Amburgo a Venezia: il Reno, l'Adige, il Brenta.

L'importanza dei porti fluviali e della dogana di Sacco

Un ruolo importantissimo hanno sempre avuto il porto fluviale e la dogana di Sacco dove esistevano alcune famose ditte di spedizionieri: i Fedrigotti, i Baroni, i Cont, i Prosser.

Lo storico nonché geografo veneziano Marin Sanudo nel 1483 scrive che per raggiungere Verona dopo aver caricato la merce al porto fluviale di Sacco davanti alla chiesa di San Zuane, le zattere dovevano passare ben dieci posti pericolosi fino alla successiva dogana di San Giorgio a Verona gestita dai burchieri di Pescantina.
 
Le vie d'acqua hanno avuto un ruolo fondamentale nella penetrazione dello Stockfisch (Stofìss nel dialetto trentino) nelle regioni del Nordest, il che ha favorito la diffusione di questo pesce bastone (ammollato in acqua per alcuni giorni) sulle tavole delle popolazioni trivenete. Questo pesce, un tempo povero, oggi piatto d'alta cucina, è citato più volte anche nel ricettario settecentesco del prevosto trentino don Felice Libera di Avio. Ricette riprese e rivisitate oggi da molti ristoranti anche stellati.

Il viaggio in barca della Confraternita 

del baccalà da Venezia a Røst

Tornando al tragico naufragio dell'imbarcazione di Pietro Querini alle Lofoten, Otello Fabris racconta che anche il viaggio di ritorno del mercante veneziano verso l'Italia fu avventuroso. Un viaggio che qualche anno fa (precisamente nel 2007) sfidando il mare, con due barche a vela, hanno voluto ripetere alcuni rappresentanti della Venerabile Confraternita Vicentina.

Tra questi temerari vi erano anche l'accademico Otello Fabris, la nobildonna trentina Lina Tomedi e il re del baccalà alla vicentina Antonio Chemello, patron del ristorante «Palmerino» di Sandrigo.
 
Partiti da Venezia, gli intrepidi velisti hanno solcato dapprima l’Adriatico, quindi il Mediterraneo e, oltrepassate le colonne d’Ercole, hanno affrontato l’Atlantico con tappe a Lisbona, La Coruña, Dublino, Bergen. Ultima tappa l'arcipelago delle Lofoten dove sono stati accolti in pompa magna. Occasione per rinnovare il gemellaggio con la città di Røst, l’isola norvegese che ogni anno invia in Italia gli stoccafissi
 più pregiati.

La "Via Italiana Querinissima" unisce 11 Paesi europei

L’itinerario fu ripetuto nel luglio-agosto del 2012, partendo da Sandrigo, ma questa volta a bordo di una Cinquecento gialla: 9 mila chilometri di strada percorsi da quattro membri della Confraternita vicentina: Fausto Fabris, allora presidente della Pro Loco Sandrigo, il tesoriere della Confraternita Carlo Pepe, l’enogastronomo Ennio D’Amico in rappresentanza dei Baccalà Club e Antonio Chemello, coordinatore del Gruppo Ristoratori del Baccalà alla Vicentina. Undici i Paesi europei attraversati lungo quella che è stata ribattezzata la «Via Italiana Querinissima» per ricordare Pietro Querini e la Serenissima Repubblica di Venezia.
 
Durante ogni incontro istituzionale (la comitiva ha fatto tappa anche a Trento, a Villa Madruzzo) i rappresentanti della Confraternita vicentina hanno consegnato alle autorità locali una litografia di Galliano Rosset della Stamperia d’Arte Busato che raffigura la Basilica Palladiana di Vicenza trasformata in una nave vichinga che solca i mari del Nord e che ha come prua la Torre di Piazza dei Signori e come albero maestro uno stoccafisso.

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