L’effetto Unesco
sulla cucina italiana: ecco quanto
può crescere il turismo
Le stime Fiepet indicano che il riconoscimento potrebbe portare fino a 18 milioni di presenze in più in due anni, spingendo ulteriormente una spesa turistica che nel 2024 ha già raggiunto 12,08 miliardi di euro. Intanto la Fipe mobilita migliaia di ristoranti in Italia e all’estero con un piatto dedicato, trasformando la candidatura in un messaggio collettivo
Il riconoscimento Unesco della cucina italiana può generare da solo fino a 18 milioni di presenze turistiche aggiuntive in due anni. È la stima elaborata da Fiepet Confesercenti, mentre la Fipe ha già scelto di accompagnare questo possibile scenario lanciando un’iniziativa dedicata nei ristoranti italiani e all’estero, legandola proprio alla candidatura. Le previsioni parlano di un incremento tra il 6% e l’8% nei primi anni successivi all’eventuale proclamazione, per poi stabilizzarsi su un +2/3% nel quinquennio seguente. Sarebbe un effetto immediato destinato a potenziare una domanda internazionale già in crescita, con ricadute che coinvolgerebbero la dieta mediterranea, le tipicità regionali, le aree di produzione e l’export agroalimentare, fino alle zone interne dove l’enogastronomia resta una delle leve economiche più solide.
Una domanda turistica in continua crescita
Questo scenario si inserisce in un contesto che conferma quanto il turismo gastronomico sia diventato centrale. Nel 2024 la spesa dei visitatori stranieri nei ristoranti, nei bar e nei pubblici esercizi italiani ha raggiunto 12,08 miliardi di euro, in aumento del 7,5% rispetto all’anno precedente; il 2025 dovrebbe chiudere attorno ai 12,68 miliardi. I viaggi motivati dall’enogastronomia generano oggi 9 miliardi di euro di spesa diretta, segno che la cucina italiana è ormai uno dei principali elementi che orientano le scelte dei viaggiatori. Di fronte a questi numeri, il ragionamento di Fiepet va oltre l’entusiasmo per un eventuale sigillo internazionale. «Un riconoscimento Unesco agirebbe da moltiplicatore per turismo, economia e immagine del Paese» osserva Giancarlo Banchieri, presidente nazionale Fiepet Confesercenti.

«Ma perché questa spinta si traduca in sviluppo reale servono politiche lungimiranti: semplificazione amministrativa, sostegno agli investimenti, formazione qualificata e regole stabili per le imprese che ogni giorno rappresentano l’Italia. E c’è un tema che non possiamo più eludere: un’impresa della ristorazione su due fatica a trovare personale, non solo per carenza di candidati, ma per mancanza di competenze adeguate. Le imprese hanno bisogno anche di lavoratori provenienti dall’estero, ma occorre un passo in avanti deciso: serve lavorare sulla formazione fuori dai confini nazionali e serve un sostegno concreto, perché finora abbiamo fatto tutto da soli. Senza un intervento strutturale, il divario tra domanda e offerta continuerà a frenare il settore proprio mentre le opportunità crescono».
L’iniziativa Fipe che accompagna la candidatura
A questo si collega l’iniziativa lanciata dalla dalla Fipe per sostenere la candidatura Unesco. Dal 18 novembre al 10 dicembre, nelle settimane in cui la commissione valuterà le candidature 2025, migliaia di ristoranti italiani e i locali della rete Riae proporranno un piatto dedicato alla candidatura della cucina italiana a Patrimonio immateriale dell’umanità. «La cucina italiana è molto più di un insieme di ricette: è un modo di vivere, un patrimonio di conoscenze, di gesti e di relazioni che unisce territori, generazioni e persone» spiega il presidente Lino Stoppani. «In ogni piatto c’è la memoria di chi lo prepara, la storia dei nostri produttori, la biodiversità che ci rende unici al mondo».
«Con questa iniziativa - aggiunge Stoppani - vogliamo dimostrare che la candidatura all’Unesco non appartiene solo alle istituzioni, ma a tutta la comunità della ristorazione italiana, in patria e nel mondo». Un progetto sostenuto dal ministero dell’Agricoltura e dal ministero della Cultura, che coinvolgerà ristoranti di ogni regione e locali italiani autentici all’estero. I piatti dedicati diventeranno un racconto del territorio, trasformando il menu in un messaggio collettivo che attraverserà migliaia di tavole proprio nei giorni chiave della valutazione Unesco.
Un settore vivo, ma in piena trasformazione
Il quadro imprenditoriale del settore, però, indica con chiarezza che non basta la visibilità per garantire solidità. Negli ultimi dieci anni il comparto ha registrato un saldo positivo di 1.467 imprese attive, ma il confronto 2023-2024 evidenzia 4.038 cessazioni, con Lombardia, Veneto, Lazio e Sicilia tra le regioni più colpite. Il Sud e le Isole mostrano invece una vitalità maggiore. Prevalgono ancora le imprese individuali, a conferma di una microimprenditorialità molto diffusa, mentre i dati Istat indicano per il 2025 una crescita del fatturato dell’1,7%. Il confronto europeo (Eurostat, 2015-2024) registra per l’Italia un aumento del 35,8%, comunque inferiore alla media Ue e ai principali competitor.
Sono numeri che raccontano un settore vivo ma attraversato da fragilità strutturali. E proprio per questo, il riconoscimento Unesco - qualora arrivasse - non sarebbe soltanto una medaglia da esibire, ma un’occasione che richiederà investimenti, formazione, scelte politiche coerenti e un accompagnamento reale alle imprese, con Italia a Tavola sempre in prima linea. «La ristorazione italiana resta un simbolo, un presidio culturale, un motore economico» conclude Banchieri. «Se il mondo riconoscerà ufficialmente il valore della nostra cucina, dovremo essere pronti a trasformare questa occasione in sviluppo duraturo. Le imprese stanno reagendo, ma hanno bisogno di essere accompagnate». La decisione della commissione arriverà a breve (ricordiamo, tra l'8 e il 13 dicembre a New Delhi). Capire se diventerà un punto di svolta dipenderà da ciò che verrà fatto subito dopo.


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