giovedì 11 dicembre 2025

Ora l’Italia deve dimostrare di meritarsi il riconoscimento Unesco

 

Ora l’Italia 

deve dimostrare 

di meritarsi davvero 

il riconoscimento Unesco

Il riconoscimento dell’Unesco obbliga l’Italia a trasformare la propria cucina in un progetto credibile, capace di parlare al presente e di mostrare un sistema gastronomico che sappia evolvere senza perdere profondità. Responsabilità che attraversa le visioni di Varese, Corelli, Bombana, D’Antonio, Pepe, Martucci, De Riso, Cutolo, Travagli e Teboni, voci che indicano la necessità di una visione condivisa e all’altezza

Ora l’Italia deve dimostrare di meritarsi davvero il riconoscimento Unesco

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Il 10 dicembre 2025 resterà una data simbolica per l’Italiaperché la cucina italiana entra ufficialmente nel patrimonio culturale immateriale dell’umanitàUn riconoscimento che arriva come una conferma attesa da annima chepiù che chiudere un percorsoapre una fase nuovaL’Unesco certifica un valore esistente, certo, ma invita anche a misurarsi con ciò che questo valore implicaconsapevolezzaresponsabilitàcapacità di raccontare una cultura gastronomica che continua a evolvere. È da qui che deve partire la riflessione del comparto, per evitare che il titolo diventi un gesto celebrativo senza ricadute reali.

Un riconoscimento che obbliga a guardare avanti

Le prime reazioni istituzionali hanno dato voce a un sentimento diffusoil riconoscimento viene percepito come una conquista collettiva (concetto rimarcato anche da Coldiretti e Campagna Amica), capace di riunire storieterritori e saperi. Il ministro Francesco Lollobrigida ha evocato l’idea di una cucina che «è il racconto di tutti noi», un patrimonio che accompagna generazioni e identità localiUna narrazione che restituisce bene il valore simbolico di questo passaggioma che apre subito un fronte più concretotrasformare questo racconto in un progettocapire quali strumenti servano per far vivere un patrimonio che non può rimanere confinato alla memoria o al folklore.

Su una linea complementare Lino Stoppanipresidente di Fipe-Confcommercioche ha definito la cucina italiana «un condensato di valori che parla di qualità, biodiversità e stagionalità». È un modo per ricordare che ciò che l’Unesco riconosce non è un marchio da proteggerema un sistema culturale complesso che necessita di strategieformazione e continuitàUn patrimonio, per quanto prestigioso, non si preserva da sérichiede politiche e visione.

La cucina italiana oltre la cartolina

Nelle cucinel’atmosfera è diversaIl riconoscimento non è vissuto come un traguardoma come lo spartiacque che costringe a guardare in faccia una contraddizione che dura da annila distanza tra ciò che la cucina italiana è oggi e ciò che il mondo continua a vedere. L’immaginario internazionale resta inchiodato a un repertorio che non rappresenta più la realtà contemporanea, fatta di nuove tecniche, nuove sensibilità, nuovi linguaggi. È un nodo che Viviana Varese sintetizza chiaramente quando auspica che si inizi a parlare «della cucina italiana di oggi, nuova». Il punto non è abbandonare la storiama smettere di mostrarne soltanto una versione sterilizzataUn patrimonio vive nel suo temponon nella nostalgiae se il racconto non segue l’evoluzione della praticaciò che dovrebbe essere identità rischia di diventare una caricatura.

Ora l’Italia deve dimostrare di meritarsi davvero il riconoscimento Unesco

Viviana Varese e Igles Corelli

Su un piano più strutturale si muove la riflessione di Igles Corelliche da anni insiste sulla mancanza di una codificazione condivisa. Secondo lui, l’Italia ha continuato ad affidarsi al peso delle tradizioni senza trasformarle in un linguaggio comune. «Adesso bisogna creare veramente questa cucina italiana» dice senza giri di parole. Il riconoscimento internazionale evidenzia proprio ciò che è rimasto in sospesoun sistema gastronomico straordinario nelle sue partima privo di un impianto culturale capace di rappresentarlo nella sua totalità.

Ora l’Italia deve dimostrare di meritarsi davvero il riconoscimento Unesco

Marino D’Antonio e Umberto Bombana

Questa fragilità diventa ancora più visibile guardando a chi porta quotidianamente la cucina italiana all’esterodove non c’è il contesto culturale a sorreggerlaconta solo il risultato. A Macao e Hong Kong, Marino D’Antonio e Umberto Bombana accolgono con entusiasmo un traguardo «atteso da anni», confermando quanto la cucina italiana resti amata nel mondoMa aggiungono un passaggio che riporta tutto alla sostanza: «Adesso abbiamo il dovere di fare tesoro di questo riconoscimento». È un invito a non scambiare il prestigio per protezioneLa credibilitàfuori dall’Italiasi costruisce ogni giorno.

La pizza davanti alla responsabilità del suo successo

Un discorso analogo emerge dal mondo della pizzache più di ogni altro prodotto incarna l’immaginario globale legato all’ItaliaUna responsabilità che non può essere sottovalutataFranco Pepe lo ricorda richiamando il valore culturale che accompagna la nostra cucina: «La cucina italiana custodisce la dieta mediterranea». È un modo per dire che il riconoscimento non riguarda soltanto un patrimonio gastronomicoma un modello alimentare che ha ricadute sociali ed educative.

Ora l’Italia deve dimostrare di meritarsi davvero il riconoscimento Unesco

Franco Pepe e Francesco Martucci

A questa visione si affianca quella di Francesco Martucciche considera il verdetto dell’Unesco una conferma naturale della storia italiana. «La cucina italiana dovrebbe essere patrimonio a prescindere», osserva, ricordando però che proprio la forza di un simbolo può diventare un ostacolo se non viene coltivataLa pizza è ormai un’icona planetariala sua popolarità è un’enorme risorsama anche una tentazione a considerare acquisito ciò che richiede invece cura e rinnovamento continuo.

Pasticceria: tra eredità e nuove ambizioni

Nella pasticceriail riconoscimento viene interpretato come una chiamata alla responsabilità formativaSal De Riso insiste sul valore delle materie prime e sulla necessità di trasmettere conoscenza. «Abbiamo in mano un patrimonio che dobbiamo preservare e tramandare». La continuità del patrimonio passa infatti dalla capacità di raccontarlo e insegnarlonon soltanto dalla sua esecuzione tecnica.

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Sal De Riso e Matteo Cutolo

Uno sguardo più proiettato verso l’esterno arriva invece da Matteo Cutoloche vede nel riconoscimento una leva per dare alla pasticceria italiana una presenza più strutturata sulla scena internazionale. «Il prossimo passo sarà far riconoscere il panettone come prodotto d’eccellenza globale». È un obiettivo che riflette l’ambizione di un comparto che non vuole limitarsi alla tradizionema costruire una nuova centralità culturale.

Sala e vino: ciò che completa (e orienta) l’esperienza italiana

A completare il quadro c’è l’esperienza della salaspesso trascurata ma decisiva per la percezione complessiva della cucina italianae del vinoRudy Travagli sottolinea il ruolo che gastronomia e accoglienza giocano nel turismo culturale: «Il turista viene in Italia anche per il cibo». Una constatazione sempliceche però suggerisce quanto la cucina possa essere una leva strategica per costruire narrazioni territoriali e modelli di sviluppo.

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Rudy Travagli ed Eros Teboni

In questa prospettiva si inserisce anche Eros Teboni, miglior sommelier del mondo 2018, che interpreta il riconoscimento come un impulso ulteriore per la ristorazione italiana all’estero. «Ci sarà un ulteriore push per la nostra cucina nel mondo». È un richiamo a includere il vino nel raccontare la cucina italiananon come accessorioma come parte strutturale del suo patrimonio narrativo.

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Giacomo Ponti, presidente di Federvini

Una prospettiva che trova un ulteriore riscontro nelle parole di Giacomo Pontipresidente di Federviniche ricorda come il riconoscimento abbracci tutto ciò che compone la cultura della tavola italiana: «Questo riconoscimento non premia solo i piatti, ma l’intera cultura della tavola, dove vini, distillati, amari, liquori e aceti definiscono l’identità gastronomica del Paese». Un richiamo che completa la lettura di Teboniil vino non è un accessorio, ma una parte essenziale di ciò che l’Unesco oggi ci riconosce.

L’Unesco come punto di partenza

Insomma, il riconoscimento dell’Unesco restituisce un’immagine luminosa dell’Italia gastronomicama allo stesso tempo ne rivela le sfideUn patrimonio vive solo se trova nuovi modi per esprimersinon basta celebrarlobisogna praticarloinsegnarloaggiornarloLa cucina italiana entra nel patrimonio dell’umanità mentre attraversa una fase di trasformazione profondaIl futuro di questo riconoscimento non dipenderà da chi l’ha attribuito, ma da come il Paese saprà farlo vivere. È questo il punto che unisce tutte le voci del settore: il titolo non chiude nulla. Impegna.

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