Alessia Uccellini,
architetto del gusto:
«Amo la cucina
del passato»
Ristorante Fiorentino |
Alessia Uccellini, candidata nella sezione Cuochi del sondaggio Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza, guida insieme al fratello Alessandro il Ristorante Fiorentino, il più antico di Sansepolcro (Ar), con oltre due secoli di storia alle spalle. Ambasciatrice vera della città, alla quale è legatissima, Alessia ha anche ottenuto una serie di prestigiosi riconoscimenti grazie alla cura che mette in ogni piatto, esaltando in pieno la tradizione gastronomica locale.
Manca ormai pochissimo alla conclusione del primo dei tre turni del sondaggio Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza: lunedì 4 gennaio alle ore 12 si fermeranno le votazioni e solo i 12 più votati di ogni categoria accederanno al 2° turno.
Alessia Uccellini (foto: saturnonotizie.it)
Alessia come nasce la tua passione per la cucina?
Sono nata nel ristorante di famiglia che era ed è anche la nostra casa. Cresciuta da mamma, nonna e zie fra mattarelli, spianatoie, padelle, braci e girarrosti. Ma la passione per la cucina è maturata tardi... quando da sola all’università mi sono resa conto di avere grande nostalgia di quel mondo magico di pentoloni e sapienza antica. Non avevo mai cucinato nel ristorante perché c’era chi lo faceva e io aiutavo mio padre in sala, credo anche che mia madre tentasse di tenermi lontana dal sacrificio e dalla fatica che il lavoro nel ristorante richiede. Ho cominciato cucinando per me ed è stato come se lo avessi sempre fatto, come se lo avessi imparato per osmosi, vedendo ripetere quei gesti milioni di volte. Così nei fine settimana tornavo a casa per aiutare nel lavoro al ristorante e per guadagnarmi gli studi universitari. Oltre alla sala, in orari improbabili imparai i segreti dei dolci di famiglia serviti al carrello, da lì poi codificai tutte le ricette tramandate senza quantità e mai scritte prima, se non in appunti per occasioni speciali e in modifiche a lapis nell’Artusi, la bibbia della bisnonna Rosa. Il resto è avvenuto tutto per necessità.
Architetto, mamma e lady chef, come riesci a conciliare il tutto?
La risposta a questa domanda è “non lo so”, vado rincorrendo le emergenze quotidiane, cercando di fare “pressappoco” tutto, ma il pressappoco del “tutto e bene che non sta bene assieme”. Spesso mi pare di essere un giocoliere o un equilibrista. La professione di architetto l’ho abbandonata quando ho deciso di tornare a casa... ma quel 110 e lode, bacio accademico e dignità di pubblicazione della tesi, quegli anni di collaborazione agli allestimenti delle mostre della galleria degli Uffizi e un mancato dottorato di ricerca hanno forgiato il mio essere: quando sei architetto lo sei per sempre, qualsiasi cosa tu faccia. Alla fine, il lavoro del cuoco e dell’architetto hanno molti punti in comune. E comunque quel pressappoco male si addice alla ricerca di perfezione dell’architetto abituata alla proporzione, alla misura, all’equilibrio fra luce e ombra e devo dire che all’inizio è stato destabilizzante passare da un ambiente di rigore geometrico al ristorante in cui si rincorrono ordine e pulizia in più turni quotidiani, e ad una casa con quattro bambine che sembra essere il luogo di un’esplosione... Spesso mi sento come il Demiurgo che cerca di mettere ordine nel caos.
Raccontami in breve la tua esperienza come insegnante di cucina rinascimentale negli Usa?
Collaboro ormai da 15 anni con la Purdue University di Fort Wayne, Indiana. Solitamente gli studenti vengono da me in maggio e io vado da loro in novembre e facciamo sia cucina italiana che antica, teorica e pratica. La mia passione per la cucina del Rinascimento è nata assieme al Convivio Rinascimentale di Sansepolcro, evento propiziatorio al palio della balestra.
Ti senti figlia d’arte in cucina visto che il tuo ristorante è storico per Sansepolcro?Il Fiorentino è stato fondato nel 1807 da un funzionario napoleonico mandato a Sansepolcro da Firenze, che aveva visto a Parigi i primi ristoranti nell’idea contemporanea del termine e aveva voluto nel mezzo del nulla ricreare l’atmosfera parigina. Stazione di posta, caffè letterario, grandi ospiti in tutte le epoche Verdi, Puccini, Rossini, l’ultimo re d’Italia, Aldous Huxley che definì la Resurrezione il dipinto più bello del mondo. Poi la mia famiglia, grandi maestri di gusto di Ospitalità e di Vita, soprattutto mio padre Alessio Uccellini, cavaliere al merito della Repubblica per il suo lavoro al ristorante, visionario precursore della Fic (Federazione italiana cuochi), pluripremiato personaggio del mondo della ristorazione. Con un background così, altroché figlia d’arte!
Dall’antipasto al dessert, quattro piatti da gustare al tuo ristorante?
Prosciutto, raviggiolo e ciaccia fritta; bringoli al ragù bianco; coniglio con le mele e sformato di verdure; lattaiolo.
Come ti definiresti?
Ti do tre diverse definizioni che per differenti aspetti calzano a pennello. Il professore Piero Ricci mi chiamava “architetto del gusto”. Per Sveva Sagramola di Geo&Geo sono “mamma chef”. Ma quella che porto nel cuore è quella della maestra Rosita, che mi aiutò a preparare la maturità scientifica: “donna dal multiforme ingegno”.
Uno slogan per farti votare nel sondaggio Personaggio dell’anno di Italia a Tavola?
Userò lo slogan coniato da mio nonno Beniamino negli anni ’50: “Vota Alessia del Fiorentino, buon pasto, buon sonno, buon vino!”.
Manca ormai pochissimo alla conclusione del primo dei tre turni del sondaggio Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza: lunedì 4 gennaio alle ore 12 si fermeranno le votazioni e solo i 12 più votati di ogni categoria accederanno al 2° turno.
Alessia Uccellini (foto: saturnonotizie.it)
Alessia come nasce la tua passione per la cucina?
Sono nata nel ristorante di famiglia che era ed è anche la nostra casa. Cresciuta da mamma, nonna e zie fra mattarelli, spianatoie, padelle, braci e girarrosti. Ma la passione per la cucina è maturata tardi... quando da sola all’università mi sono resa conto di avere grande nostalgia di quel mondo magico di pentoloni e sapienza antica. Non avevo mai cucinato nel ristorante perché c’era chi lo faceva e io aiutavo mio padre in sala, credo anche che mia madre tentasse di tenermi lontana dal sacrificio e dalla fatica che il lavoro nel ristorante richiede. Ho cominciato cucinando per me ed è stato come se lo avessi sempre fatto, come se lo avessi imparato per osmosi, vedendo ripetere quei gesti milioni di volte. Così nei fine settimana tornavo a casa per aiutare nel lavoro al ristorante e per guadagnarmi gli studi universitari. Oltre alla sala, in orari improbabili imparai i segreti dei dolci di famiglia serviti al carrello, da lì poi codificai tutte le ricette tramandate senza quantità e mai scritte prima, se non in appunti per occasioni speciali e in modifiche a lapis nell’Artusi, la bibbia della bisnonna Rosa. Il resto è avvenuto tutto per necessità.
Architetto, mamma e lady chef, come riesci a conciliare il tutto?
La risposta a questa domanda è “non lo so”, vado rincorrendo le emergenze quotidiane, cercando di fare “pressappoco” tutto, ma il pressappoco del “tutto e bene che non sta bene assieme”. Spesso mi pare di essere un giocoliere o un equilibrista. La professione di architetto l’ho abbandonata quando ho deciso di tornare a casa... ma quel 110 e lode, bacio accademico e dignità di pubblicazione della tesi, quegli anni di collaborazione agli allestimenti delle mostre della galleria degli Uffizi e un mancato dottorato di ricerca hanno forgiato il mio essere: quando sei architetto lo sei per sempre, qualsiasi cosa tu faccia. Alla fine, il lavoro del cuoco e dell’architetto hanno molti punti in comune. E comunque quel pressappoco male si addice alla ricerca di perfezione dell’architetto abituata alla proporzione, alla misura, all’equilibrio fra luce e ombra e devo dire che all’inizio è stato destabilizzante passare da un ambiente di rigore geometrico al ristorante in cui si rincorrono ordine e pulizia in più turni quotidiani, e ad una casa con quattro bambine che sembra essere il luogo di un’esplosione... Spesso mi sento come il Demiurgo che cerca di mettere ordine nel caos.
Raccontami in breve la tua esperienza come insegnante di cucina rinascimentale negli Usa?
Collaboro ormai da 15 anni con la Purdue University di Fort Wayne, Indiana. Solitamente gli studenti vengono da me in maggio e io vado da loro in novembre e facciamo sia cucina italiana che antica, teorica e pratica. La mia passione per la cucina del Rinascimento è nata assieme al Convivio Rinascimentale di Sansepolcro, evento propiziatorio al palio della balestra.
Ti senti figlia d’arte in cucina visto che il tuo ristorante è storico per Sansepolcro?
Il Fiorentino è stato fondato nel 1807 da un funzionario napoleonico mandato a Sansepolcro da Firenze, che aveva visto a Parigi i primi ristoranti nell’idea contemporanea del termine e aveva voluto nel mezzo del nulla ricreare l’atmosfera parigina. Stazione di posta, caffè letterario, grandi ospiti in tutte le epoche Verdi, Puccini, Rossini, l’ultimo re d’Italia, Aldous Huxley che definì la Resurrezione il dipinto più bello del mondo. Poi la mia famiglia, grandi maestri di gusto di Ospitalità e di Vita, soprattutto mio padre Alessio Uccellini, cavaliere al merito della Repubblica per il suo lavoro al ristorante, visionario precursore della Fic (Federazione italiana cuochi), pluripremiato personaggio del mondo della ristorazione. Con un background così, altroché figlia d’arte!Dall’antipasto al dessert, quattro piatti da gustare al tuo ristorante?
Prosciutto, raviggiolo e ciaccia fritta; bringoli al ragù bianco; coniglio con le mele e sformato di verdure; lattaiolo.
Come ti definiresti?
Ti do tre diverse definizioni che per differenti aspetti calzano a pennello. Il professore Piero Ricci mi chiamava “architetto del gusto”. Per Sveva Sagramola di Geo&Geo sono “mamma chef”. Ma quella che porto nel cuore è quella della maestra Rosita, che mi aiutò a preparare la maturità scientifica: “donna dal multiforme ingegno”.
Uno slogan per farti votare nel sondaggio Personaggio dell’anno di Italia a Tavola?
Userò lo slogan coniato da mio nonno Beniamino negli anni ’50: “Vota Alessia del Fiorentino, buon pasto, buon sonno, buon vino!”.
© Riproduzione riservata di Claudio Zeni
Ristorante Fiorentino |
Alessia Uccellini, candidata nella sezione Cuochi del sondaggio Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza, guida insieme al fratello Alessandro il Ristorante Fiorentino, il più antico di Sansepolcro (Ar), con oltre due secoli di storia alle spalle. Ambasciatrice vera della città, alla quale è legatissima, Alessia ha anche ottenuto una serie di prestigiosi riconoscimenti grazie alla cura che mette in ogni piatto, esaltando in pieno la tradizione gastronomica locale.
Manca ormai pochissimo alla conclusione del primo dei tre turni del sondaggio Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza: lunedì 4 gennaio alle ore 12 si fermeranno le votazioni e solo i 12 più votati di ogni categoria accederanno al 2° turno.
Alessia come nasce la tua passione per la cucina?
Sono nata nel ristorante di famiglia che era ed è anche la nostra casa. Cresciuta da mamma, nonna e zie fra mattarelli, spianatoie, padelle, braci e girarrosti. Ma la passione per la cucina è maturata tardi... quando da sola all’università mi sono resa conto di avere grande nostalgia di quel mondo magico di pentoloni e sapienza antica. Non avevo mai cucinato nel ristorante perché c’era chi lo faceva e io aiutavo mio padre in sala, credo anche che mia madre tentasse di tenermi lontana dal sacrificio e dalla fatica che il lavoro nel ristorante richiede. Ho cominciato cucinando per me ed è stato come se lo avessi sempre fatto, come se lo avessi imparato per osmosi, vedendo ripetere quei gesti milioni di volte. Così nei fine settimana tornavo a casa per aiutare nel lavoro al ristorante e per guadagnarmi gli studi universitari. Oltre alla sala, in orari improbabili imparai i segreti dei dolci di famiglia serviti al carrello, da lì poi codificai tutte le ricette tramandate senza quantità e mai scritte prima, se non in appunti per occasioni speciali e in modifiche a lapis nell’Artusi, la bibbia della bisnonna Rosa. Il resto è avvenuto tutto per necessità.
Architetto, mamma e lady chef, come riesci a conciliare il tutto?
La risposta a questa domanda è “non lo so”, vado rincorrendo le emergenze quotidiane, cercando di fare “pressappoco” tutto, ma il pressappoco del “tutto e bene che non sta bene assieme”. Spesso mi pare di essere un giocoliere o un equilibrista. La professione di architetto l’ho abbandonata quando ho deciso di tornare a casa... ma quel 110 e lode, bacio accademico e dignità di pubblicazione della tesi, quegli anni di collaborazione agli allestimenti delle mostre della galleria degli Uffizi e un mancato dottorato di ricerca hanno forgiato il mio essere: quando sei architetto lo sei per sempre, qualsiasi cosa tu faccia. Alla fine, il lavoro del cuoco e dell’architetto hanno molti punti in comune. E comunque quel pressappoco male si addice alla ricerca di perfezione dell’architetto abituata alla proporzione, alla misura, all’equilibrio fra luce e ombra e devo dire che all’inizio è stato destabilizzante passare da un ambiente di rigore geometrico al ristorante in cui si rincorrono ordine e pulizia in più turni quotidiani, e ad una casa con quattro bambine che sembra essere il luogo di un’esplosione... Spesso mi sento come il Demiurgo che cerca di mettere ordine nel caos.
Raccontami in breve la tua esperienza come insegnante di cucina rinascimentale negli Usa?
Collaboro ormai da 15 anni con la Purdue University di Fort Wayne, Indiana. Solitamente gli studenti vengono da me in maggio e io vado da loro in novembre e facciamo sia cucina italiana che antica, teorica e pratica. La mia passione per la cucina del Rinascimento è nata assieme al Convivio Rinascimentale di Sansepolcro, evento propiziatorio al palio della balestra.
Dall’antipasto al dessert, quattro piatti da gustare al tuo ristorante?
Prosciutto, raviggiolo e ciaccia fritta; bringoli al ragù bianco; coniglio con le mele e sformato di verdure; lattaiolo.
Come ti definiresti?
Ti do tre diverse definizioni che per differenti aspetti calzano a pennello. Il professore Piero Ricci mi chiamava “architetto del gusto”. Per Sveva Sagramola di Geo&Geo sono “mamma chef”. Ma quella che porto nel cuore è quella della maestra Rosita, che mi aiutò a preparare la maturità scientifica: “donna dal multiforme ingegno”.
Uno slogan per farti votare nel sondaggio Personaggio dell’anno di Italia a Tavola?
Userò lo slogan coniato da mio nonno Beniamino negli anni ’50: “Vota Alessia del Fiorentino, buon pasto, buon sonno, buon vino!”.
Manca ormai pochissimo alla conclusione del primo dei tre turni del sondaggio Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza: lunedì 4 gennaio alle ore 12 si fermeranno le votazioni e solo i 12 più votati di ogni categoria accederanno al 2° turno.
Alessia Uccellini (foto: saturnonotizie.it)
Alessia come nasce la tua passione per la cucina?
Sono nata nel ristorante di famiglia che era ed è anche la nostra casa. Cresciuta da mamma, nonna e zie fra mattarelli, spianatoie, padelle, braci e girarrosti. Ma la passione per la cucina è maturata tardi... quando da sola all’università mi sono resa conto di avere grande nostalgia di quel mondo magico di pentoloni e sapienza antica. Non avevo mai cucinato nel ristorante perché c’era chi lo faceva e io aiutavo mio padre in sala, credo anche che mia madre tentasse di tenermi lontana dal sacrificio e dalla fatica che il lavoro nel ristorante richiede. Ho cominciato cucinando per me ed è stato come se lo avessi sempre fatto, come se lo avessi imparato per osmosi, vedendo ripetere quei gesti milioni di volte. Così nei fine settimana tornavo a casa per aiutare nel lavoro al ristorante e per guadagnarmi gli studi universitari. Oltre alla sala, in orari improbabili imparai i segreti dei dolci di famiglia serviti al carrello, da lì poi codificai tutte le ricette tramandate senza quantità e mai scritte prima, se non in appunti per occasioni speciali e in modifiche a lapis nell’Artusi, la bibbia della bisnonna Rosa. Il resto è avvenuto tutto per necessità.
Architetto, mamma e lady chef, come riesci a conciliare il tutto?
La risposta a questa domanda è “non lo so”, vado rincorrendo le emergenze quotidiane, cercando di fare “pressappoco” tutto, ma il pressappoco del “tutto e bene che non sta bene assieme”. Spesso mi pare di essere un giocoliere o un equilibrista. La professione di architetto l’ho abbandonata quando ho deciso di tornare a casa... ma quel 110 e lode, bacio accademico e dignità di pubblicazione della tesi, quegli anni di collaborazione agli allestimenti delle mostre della galleria degli Uffizi e un mancato dottorato di ricerca hanno forgiato il mio essere: quando sei architetto lo sei per sempre, qualsiasi cosa tu faccia. Alla fine, il lavoro del cuoco e dell’architetto hanno molti punti in comune. E comunque quel pressappoco male si addice alla ricerca di perfezione dell’architetto abituata alla proporzione, alla misura, all’equilibrio fra luce e ombra e devo dire che all’inizio è stato destabilizzante passare da un ambiente di rigore geometrico al ristorante in cui si rincorrono ordine e pulizia in più turni quotidiani, e ad una casa con quattro bambine che sembra essere il luogo di un’esplosione... Spesso mi sento come il Demiurgo che cerca di mettere ordine nel caos.
Raccontami in breve la tua esperienza come insegnante di cucina rinascimentale negli Usa?
Collaboro ormai da 15 anni con la Purdue University di Fort Wayne, Indiana. Solitamente gli studenti vengono da me in maggio e io vado da loro in novembre e facciamo sia cucina italiana che antica, teorica e pratica. La mia passione per la cucina del Rinascimento è nata assieme al Convivio Rinascimentale di Sansepolcro, evento propiziatorio al palio della balestra.
Ti senti figlia d’arte in cucina visto che il tuo ristorante è storico per Sansepolcro?
Il Fiorentino è stato fondato nel 1807 da un funzionario napoleonico mandato a Sansepolcro da Firenze, che aveva visto a Parigi i primi ristoranti nell’idea contemporanea del termine e aveva voluto nel mezzo del nulla ricreare l’atmosfera parigina. Stazione di posta, caffè letterario, grandi ospiti in tutte le epoche Verdi, Puccini, Rossini, l’ultimo re d’Italia, Aldous Huxley che definì la Resurrezione il dipinto più bello del mondo. Poi la mia famiglia, grandi maestri di gusto di Ospitalità e di Vita, soprattutto mio padre Alessio Uccellini, cavaliere al merito della Repubblica per il suo lavoro al ristorante, visionario precursore della Fic (Federazione italiana cuochi), pluripremiato personaggio del mondo della ristorazione. Con un background così, altroché figlia d’arte!Dall’antipasto al dessert, quattro piatti da gustare al tuo ristorante?
Prosciutto, raviggiolo e ciaccia fritta; bringoli al ragù bianco; coniglio con le mele e sformato di verdure; lattaiolo.
Come ti definiresti?
Ti do tre diverse definizioni che per differenti aspetti calzano a pennello. Il professore Piero Ricci mi chiamava “architetto del gusto”. Per Sveva Sagramola di Geo&Geo sono “mamma chef”. Ma quella che porto nel cuore è quella della maestra Rosita, che mi aiutò a preparare la maturità scientifica: “donna dal multiforme ingegno”.
Uno slogan per farti votare nel sondaggio Personaggio dell’anno di Italia a Tavola?
Userò lo slogan coniato da mio nonno Beniamino negli anni ’50: “Vota Alessia del Fiorentino, buon pasto, buon sonno, buon vino!”.
© Riproduzione riservata di Claudio Zeni
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