Il clamore riservato ai dati pubblicati di recente da Coldiretti, desunti da Bankitalia, e da Istat, sui flussi turistici relativi al primo semestre dell’anno corrente, nonché il nervosismo che permea gli autorevoli commentatori all’arduo cimento chiamati, rivela in prima istanza quanto diciamo dalla primavera 2020: il mondo è cambiato. La pandemia ha costituito punto di flesso epocale e comparare dati di epoca pre-Covid con dati di epoca post-Covid è un azzardo che induce in errore. Tuttavia, almeno in primo approccio, si partecipa alla comparazione e poi proviamo a trarne conclusioni originali.
7 milioni di stanieri in meno, crolla la spesa
La spesa dei turisti stranieri in Italia, primo semestre anno corrente 2021 su primo semestre anno 2020 è crollata del 36%. Il numero delle presenze di turisti stranieri è sceso da circa 17 milioni a circa 10 milioni con un impatto dirompente sull’economia del Paese. Constatazione tanto amara quanto ovvia: non è che 64 turisti stranieri potevano spendere valori pari a quelli spesi da 100 turisti stranieri. Gli statunitensi nel primo semestre anno corrente sono stati appena 78mila contro i 511mila del primo semestre 2020. Un colpo durissimo, certamente. Praticamente assenti i giapponesi, che dall’essere 82mila nel primo semestre 2020 sono stati appena 2mila in primo semestre 2021 e anche australiani e neozelandesi, crollati da 186mila a 7mila. Che il motivo principale di questi crolli siano le grandi distanze e il conseguente utilizzo obbligato del trasporto pubblico, quand’anche con esso qui si intendano i voli, lo dimostrano i cali tutto sommato contenuti dei turisti europei che, mobilitandosi sovente con auto propria, sono scesi da circa 11 milioni a circa 7 milioni.
-70% di pernottamenti in alberghi e strutture extra ricettive
Le considerazioni di Confindustria, focalizzate sui valori piuttosto che sulla numerica dei flussi, conducono ad affermazione allarmante ma anche fuorviante: “Il valore aggiunto prodotto dal turismo si ferma a 68 miliardi di euro circa (64 miliardi in meno rispetto al 2019), riportando il settore indietro di 10 anni”. Su questo riportare il settore indietro di dieci anni che poi vorremo dire.
Il comparto alberghiero ha sofferto la totale assenza di domanda internazionale con un calo dei pernottamenti di oltre il 70%, tenuto conto che il dato Istat ricomprende anche le strutture extralberghiere che, come noto, hanno sofferto meno degli hotel. A impattare negativamente su tutte le destinazioni anche la diminuzione della componente interna (-36%). Un primo spiraglio di luce, ad indicare forse la fine del tunnel, scaturisce dai segnali positivi di luglio e agosto. Frutto positivo, evidentemente, della campagna vaccinale.
Dalle analisi di Confindustria Alberghi, emerge positivo il bilancio delle destinazioni mare che mediamente segnano un’occupazione delle camere del 70%, con un boom di presenze in Liguria e in Toscana (oltre l’80% l’occupazione delle camere). Bene il dato sulla montagna che, dopo aver sofferto le cancellazioni durante l’inverno 2020 a causa della chiusura degli impianti sciistici, fa ben sperare sulla prossima stagione fredda. Molto bene le strutture del Trentino che registrano un 70% di occupazione camere. Positivi i segnali anche per le aree interne a cui si è rivolta molta della domanda post-covid con un’occupazione superiore al 60%.
Segnali positivi a settembre, ma i confronti sono inopportuni
Ed è su quest’ultimo dato che ci soffermiamo: la rivalutazione delle aree interne, è misura ben presente nel Pnrr ed è connaturata ai nuovi comportamenti sociali catalizzati dalla pandemia: lo smart working, il wellness ambientale, la nuova agricoltura, la ricerca. In lettura di fenomeno turistico, diremmo che è la riproposizione della villeggiatura in opposizione alla vacanza intesa come divertimentificio nightlife. Qualche timido segnale di recupero anche per le città d’arte che vedono chiudere Roma con un’occupazione del 40%, Firenze del 50% e Venezia del 55%.
Segnali positivi a settembre e per l’immediato futuro autunnale con Milano e Venezia che segnano un +15% nelle prenotazioni rispetto allo stesso mese del 2020 grazie agli importanti eventi in calendario. Più contenuti, ma comunque con segno positivo, gli incrementi delle prenotazioni (tra il +10 e il +15%) previste per Roma e Firenze. Anche il mare vede la coda lunga dell’estate con un incremento delle prenotazioni di settembre intorno al +6%.
A nostro sommesso avviso, l’aberrazione nell’analisi dei dati sta nell’ostinarsi a considerare comparabile il periodo pre-Covid con quello post (anzi, durante) Covid e quindi giungere ad affermare che il settore è tornato indietro di 10 anni. Urge reset, urge portare il clock a zero e da zero ripartire nella composizione di quelle che poi con il tempo diventano le analisi su serie il cui lasso temporale diviene significativo (gli anni, per capirci). Perché affermiamo ciò? Di certo non per riverniciare di rosa scenari che se non sono proprio drammaticamente neri, comunque sono di un allarmante grigio scuro, bensì per dare valore, anche con i segnali forti dell’azzeramento delle serie, all’atto forte della Ripresa (la prima R del Pnrr). italiaatavola
Nessun commento:
Posta un commento