L’intestino sta bene e funziona bene se si mangia bene. Il benessere intestinale passa, infatti, attraverso l’assunzione di amido resistente, una forma di amido presente in diversi alimenti come banane, patate, cereali e legumi. Grazie alla sua assunzione l’organismo riesce a ridurre la glicemia, ovvero il livello di zuccheri nel sangue e a controllare l’appetito. È la conclusione di una ricerca pubblicata di recente su Nutrition Bulletin e realizzata dalla British Nutrition Foundation. Lo spiega Beatrice Salvioli, gastroenterologa, Unità Operativa Gastroenterologia Clinica di Humanitas, in un articolo di Humanitas salute che pubblichiamo.
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L’amido resistente è un tipo di amido che il piccolo intestino non riesce a digerire. Dopo il primo transito intestinale arriva nel grande intestino dove viene fermentato. Qui produce acidi grassi a catena corta che servono come fonte di energia. I cibi che aumentano l’apporto di questa forma di acidi grassi nel colon – fanno sapere i ricercatori – sono considerati benefici per la salute perché aiutano a prevenire lo sviluppo di cellule anormali nel tratto intestinale.
L’amido resistente è pertanto ritenuto un tipo di fibra alimentare che si trova non solo naturalmente in alcuni alimenti ma che può essere anche incorporato ad altri prodotti dopo essere stato lavorato. Gli studi revisionati dalla ricerca in oggetto hanno confermato come il consumo di amido resistente possa aiutare a gestire la glicemia e suggeriscono come sia in grado di aumentare il senso di sazietà sempre per mezzo della produzione di questi acidi grassi e di modulare anche la composizione del microbioma intestinale.
È raccomandabile un consumo significativo di alimenti con amido resistente all’interno di una dieta bilanciata?
«Sicuramente sì, negli intestini “normali” e che funzionano correttamente. Negli intestini più sensibili come nella Sindrome dell’intestino irritabile, occorre invece andare più cauti con questi tipi di alimenti in quanto posso essere essi stessi causa di gonfiore e meteorismo», risponde la dottoressa Beatrice Salvioli. «Alcuni accorgimenti per ridurre questi sintomi, spesso molto fastidiosi in questi pazienti, sono, per esempio, lavare il riso prima di cuocerlo (riduce l’apporto di amido) e consumare i legumi decorticati o passati alla passapatate (eliminando così l’involucro esterno)».
Secondo i ricercatori dovrebbero essere consumati ogni giorno 30 gr di fibre: come non farcele mai mancare nell’alimentazione?
«Questo è l’obiettivo più difficile da raggiungere per vari motivi fra cui l’abitudine a mangiare velocemente e male fuori casa e perché, onestamente, 30 g corrispondono a porzioni di frutta e verdure che a volte sono eccessive anche per gli intestini “normali”».
Attenzione alle fibre in caso di diabete o altre condizioni
«In pratica, 25-30 g al giorno corrispondono ad esempio a 2 porzioni di verdura bollita + 3 frutti mediamente grandi senza buccia + almeno 3-4 porzioni medie di amidi. Oppure 1 porzione abbondante di verdura bollita + 1 porzione di verdura cruda mista + 3 frutti mediamente grandi senza buccia + 3-4 porzioni medie di amidi. Le bucce dei frutti sono ricche di fibre, ma anche se ci si affida al biologico (non sempre garantito) chi si fida a mangiarli così?»
«Teniamo presente che le persone che soffrono di meteorismo, gonfiore, “colite”, diverticolosi del colon, diabetici, o che sono in terapia anticoagulante con warfarin, non possono consumare tutte queste quantità di verdura o frutta. Pertanto, ai pazienti si consiglia sempre una supervisione da parte di un dietista o specialista nella nutrizione che possa garantire anche a loro un giusto consumo di fibre», conclude la dottoressa Salvioli.
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