Cuochi, fare squadra
per valorizzare
la professione
Sarà perché fra gli effetti positivi dell’Expo c’è l’avere attivato una maggiore attenzione sul settore. O perché fra quelli negativi dei troppi programmi tvincentrati su qualche spadellatore c’è la convinzione di molti, troppi italiani di essere chef pronti a tutto. Per non parlare del dilagare del food porn e dei siti di recensioni più o meno tarocche, che come una droga fanno nascere ogni giorno convinti critici enogastronomici. Sta di fatto che il cibo e la Cucina continuano ad essere argomenti che tengono banco, un po’ come il discutere di calcio, che fa diventare un italiano su due un esperto commissario tecnico della nazionale.
Se fino a poco tempo fa l’aspirazione di molti ragazzini era di diventare calciatore, immaginandosi ricco e titolare in squadre di serie A, oggi il sogno è di indossare una giacca bianca e destreggiarsi fra cotture a bassa temperature ed estrazioni di clorofilla. Ma mentre anche il più stupido sa che per diventare un bravo calcatore, e poi un allenatore, occorrono doti fisiche particolari e un duro allenamento, in tanti pensano che fare il cuoco o occuparsi di ristorazione invece che di ospitalità sia facile.
Nonostante sia acquisito per tutti che occorra riformare gli istituti alberghieri, che non sempre sono in grado di fornire una formazione adeguata, c’è chi bara al gioco e, come abbiano già avuto modo di denunciare, imbroglia e illude troppa gente proponendo corsi in scuole “farlocche” per diventare cuochi professionisti in 6 giorni. E questo nel più totale disprezzo della fatica e dei sacrifici fatti da quanti questa professione la svolgono con serietà.
La moda della Cucina ha aperto la strada a molte di queste fabbriche di falliti in Italia, ed è tempo di porre l’unico rimedio serio. Al di là della contestazione di queste scuole (che vergognosamente hanno a volte anche il sostegno delle Regioni...), l’unica strada è quella di una regolamentazione dell’accesso alla professione, per tutelare chi professionista lo è sul serio, nonché i consumatori. Sulla necessità di porre fine ad un accesso indiscriminato a questa professione, c’è l’importante convergenza dei maggiori rappresentanti di questo mondo che abbiamo registrato in occasione della presentazione della nuova guida degli associati di Euro-Toques Italia. Da Gualtiero Marchesi ai presidenti di Fipe e Fic c’è l’impegno a muoversi e fare squadra sul serio per valorizzare la professione.
E per una professione legata alla ristorazione bisogna lavorare per uscire dalla logica incentrata sui soli cuochi, comprendendo invece tutte le figure legate all’ospitalità. Lo stile di vita italiano si sintetizza spesso nello stare a tavola. Questo è un valore che si deve promuovere avendo ben presente che nella scelta di un ristorante il cibo è solo una delle componenti. C’è anche la location, il parcheggio, l’arredo, la pulizia, il servizio in sala, ecc. Sono molti i fattori che aiutano a scegliere un locale, bisogna che tutti vengano migliorati per potenziare l’idea di buona ristorazione a 360 gradi.
Se fino a poco tempo fa l’aspirazione di molti ragazzini era di diventare calciatore, immaginandosi ricco e titolare in squadre di serie A, oggi il sogno è di indossare una giacca bianca e destreggiarsi fra cotture a bassa temperature ed estrazioni di clorofilla. Ma mentre anche il più stupido sa che per diventare un bravo calcatore, e poi un allenatore, occorrono doti fisiche particolari e un duro allenamento, in tanti pensano che fare il cuoco o occuparsi di ristorazione invece che di ospitalità sia facile.
Nonostante sia acquisito per tutti che occorra riformare gli istituti alberghieri, che non sempre sono in grado di fornire una formazione adeguata, c’è chi bara al gioco e, come abbiano già avuto modo di denunciare, imbroglia e illude troppa gente proponendo corsi in scuole “farlocche” per diventare cuochi professionisti in 6 giorni. E questo nel più totale disprezzo della fatica e dei sacrifici fatti da quanti questa professione la svolgono con serietà.
La moda della Cucina ha aperto la strada a molte di queste fabbriche di falliti in Italia, ed è tempo di porre l’unico rimedio serio. Al di là della contestazione di queste scuole (che vergognosamente hanno a volte anche il sostegno delle Regioni...), l’unica strada è quella di una regolamentazione dell’accesso alla professione, per tutelare chi professionista lo è sul serio, nonché i consumatori. Sulla necessità di porre fine ad un accesso indiscriminato a questa professione, c’è l’importante convergenza dei maggiori rappresentanti di questo mondo che abbiamo registrato in occasione della presentazione della nuova guida degli associati di Euro-Toques Italia. Da Gualtiero Marchesi ai presidenti di Fipe e Fic c’è l’impegno a muoversi e fare squadra sul serio per valorizzare la professione.
E per una professione legata alla ristorazione bisogna lavorare per uscire dalla logica incentrata sui soli cuochi, comprendendo invece tutte le figure legate all’ospitalità. Lo stile di vita italiano si sintetizza spesso nello stare a tavola. Questo è un valore che si deve promuovere avendo ben presente che nella scelta di un ristorante il cibo è solo una delle componenti. C’è anche la location, il parcheggio, l’arredo, la pulizia, il servizio in sala, ecc. Sono molti i fattori che aiutano a scegliere un locale, bisogna che tutti vengano migliorati per potenziare l’idea di buona ristorazione a 360 gradi.
Alberto Lupini
direttore Italiaatavola
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