CE LO DICE IL DOPPIO CIECO
Un esperimento in cui viene
impedito ad alcune delle persone
coinvolte di conoscere informazioni che
potrebbero portare a effetti di aspettativa
consci o inconsci, così da
invalidarne i risultati. Il test si può prospettare
quando vi siano coinvolti, oltre
agli sperimentatori, altri soggetti coscienti,
tipicamente esseri umani
La cura funziona davvero?
Ce lo dice il «doppio cieco»
Nel numero scorso ho parlato dei
potenziatori cognitivi, ovvero di farmaci che possono
incrementare una serie di
capacità della nostra mente. Ma come si fa per stabilire se un
farmaco o un altro trattamento
terapeutico sono veramente efficaci nel senso del
risultato atteso? Uno dei metodi
d’elezione è la sperimentazione a “doppio cieco” e
vediamo un po’ di entrare nel
merito. La valutazione dei risultati di un esperimento non
sempre è immediata e attendibile.
È stato ampiamente dimostrato che
le aspettative, i preconcetti o semplicemente
determinate informazioni che lo
sperimentatore possiede possono condurlo a un
involontario fraintendimento dei
dati osservati. Le cose si complicano ulteriormente se
l’oggetto della sperimentazione
è, a sua volta, un soggetto umano. Questo accade, ad
esempio, in psicologia, medicina,
sociologia, antropologia e… pure in parapsicologia. In
questi casi non solo lo
sperimentatore possiede un suo bagaglio di aspettative e
motivazioni, ed è anche soggetto
a “pressioni sociali” e “finanziarie”, ma lo possiedono
anche gli individui presi in
considerazione. Per ovviare a tali inconvenienti è quindi
necessario predisporre procedure
e protocolli d’indagine che eliminino il rischio di errori
di interpretazione e portino a
una valutazione oggettiva ed univoca dei dati.
Una prima procedura adottabile è
quella del cosiddetto “cieco semplice” (single-blind
control procedure), che consiste
nell’eliminare ogni possibile fonte di informazione sui
soggetti componenti i campioni,
ovvero dei gruppi di soggetti che devono essere
rappresentativi per una data
„popolazione statistica”. La popolazione statistica, a sua
volta, è definita a priori come
“tutti i soggetti portatori di una data caratteristica” (come gli
abitanti di una città”, oppure
tutti i quarantenni di uno Stato, ma anche e spesso tutto il
genere umano).
Se, ad esempio, si vuole valutare
l’efficacia di un farmaco, occorre tenere conto
dell’inevitabile effetto placebo.
Per fare questo occorre prendere in considerazione due
campioni omogenei di pazienti. A
uno di essi (campione sperimentale) si somministra il
farmaco oggetto di studio e
all’altro (campione di controllo) un placebo, ovvero una
sostanza farmacologicamente inerte.
Ovviamente (e in ciò consiste il “cieco semplice”)
nessun paziente di entrambi i
campioni deve sapere se sta assumendo il farmaco o il
placebo. Analogamente se si vuole
esaminare un soggetto che sostiene di essere in
grado di individuare corsi d’acqua
sotterranei (rabdomante), occorre eliminare ogni
indizio che possa suggerire al
soggetto la presenza dell’acqua: particolare vegetazione,
segnali geologici, ecc.
La procedura del “cieco
semplice”, tuttavia, si è dimostrata insufficiente, poiché i risultati
possono essere falsati dalla
psiche degli stessi sperimentatori. Infatti, questi ultimi,
influenzati dalle proprie
aspettative, possono involontariamente assumere
comportamenti che possono
condizionare le reazioni del soggetto, invalidando così
l’esperimento. Se ad esempio il
medico sperimentatore sa di somministrare il farmaco
piuttosto che il placebo, può
involontariamente suggestionare il paziente. Analogamente,
se lo sperimentatore che studia
il rabdomante conosce anticipatamente la posizione dei
corsi d’acqua può
inavvertitamente fornirgli utili suggerimenti. Per questo motivo, al fine
di ottenere risultati
attendibili, è indispensabile che neppure gli sperimentatori conoscano
certe informazioni.
Nel caso della sperimentazione
clinica, quindi, neppure i medici devono conoscere la
natura della terapia
somministrata e, nel caso del rabdomante, neppure lo
sperimentatore deve conoscere la
posizione dei corsi d’acqua sotterranei. In questi casi
la procedura viene chiamata
“doppio cieco” (double-blind control procedure), poiché sia i
soggetti esaminati che gli
sperimentatori ignorano informazioni importanti che
potrebbero influenzare
pesantemente i risultati.
La procedura in doppio cieco si è
rivelata quindi l’unica strada percorribile per valutare
correttamente i risultati di un
esperimento in psicologia, parapsicologia e medicina. In
campo medico questa è l’unica
metodologia possibile e soltanto i farmaci e le terapie
che superano tale procedura
possono essere definiti efficaci. Nessuna delle cosiddette
terapie alternative, ad esempio,
è mai stata capace di superare un simile controllo.
La percezione extrasensoriale
Analogamente, questa procedura è
la sola adottabile per cercare di fornire una
dimostrazione su basi statistiche
della percezione extrasensoriale e di altri presunti
poteri paranormali. Tutti gli
studi fatti, però, non hanno mai evidenziato rilevanze
statistiche significative, tali
da dimostrare la reale esistenza di qualcuno di questi poteri.
Vediamo allora come si potrebbe
verificare l’efficacia di un potenziatore cognitivo. Ad
esempio, si può prendere un gruppo
di studenti di medicina e somministrare loro un test
di memoria iniziale per
verificare le loro capacità mnemoniche.
Poi, trascorso un certo tempo, si
somministra un test di memoria equivalente al primo, e
prima del test ad alcuni studenti
si somministra un placebo (questi costituiranno il gruppo
di controllo) e ad altri un
presunto potenziatore cognitivo (quest’altri costituiranno il
gruppo sperimentale). Si tratta
di pillole uguali nell’aspetto, ma né il soggetto, né lo
sperimentatore sanno cosa
prendono o danno, lo sa soltanto una terza persona addetta
alla distribuzione delle pillole
ai somministratori.
Alla procedura in doppio cieco
deve seguire un’accurata analisi statistica dei risultati
ottenuti sul campione sperimentale
e su quello di controllo per mettere in evidenza
eventuali differenze
significative. Solo se il gruppo che ha preso i potenziatori cognitivi
darà dei risultati
significativamente migliori nel test di memoria potremmo dire che il
potenziatore cognitivo funziona
per davvero.
Pur essendo oramai il “doppio
cieco” diventato un metodo d’elezione per verificare
l’efficacia di farmaci e
trattamenti medici, la fase successiva alla sperimentazione,
ovvero la comunicazione al
pubblico dei risultati, soffre anche questa di alcuni difetti,
tanto da diventare a volte
fuorviante.
Denis Stefan
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