sabato 5 novembre 2016

EFFETTO MEDICINE? CE LO DICE IL DOPPIO CIECO



CE LO DICE IL DOPPIO CIECO

Un esperimento in cui viene impedito ad alcune delle persone

coinvolte di conoscere informazioni che potrebbero portare a effetti di aspettativa

consci o inconsci, così da invalidarne i risultati. Il test si può prospettare

quando vi siano coinvolti, oltre agli sperimentatori, altri soggetti coscienti,

tipicamente esseri umani

La cura funziona davvero?

Ce lo dice il «doppio cieco»

Nel numero scorso ho parlato dei potenziatori cognitivi, ovvero di farmaci che possono

incrementare una serie di capacità della nostra mente. Ma come si fa per stabilire se un

farmaco o un altro trattamento terapeutico sono veramente efficaci nel senso del

risultato atteso? Uno dei metodi d’elezione è la sperimentazione a “doppio cieco” e

vediamo un po’ di entrare nel merito. La valutazione dei risultati di un esperimento non

sempre è immediata e attendibile.


È stato ampiamente dimostrato che le aspettative, i preconcetti o semplicemente

determinate informazioni che lo sperimentatore possiede possono condurlo a un

involontario fraintendimento dei dati osservati. Le cose si complicano ulteriormente se

l’oggetto della sperimentazione è, a sua volta, un soggetto umano. Questo accade, ad

esempio, in psicologia, medicina, sociologia, antropologia e… pure in parapsicologia. In

questi casi non solo lo sperimentatore possiede un suo bagaglio di aspettative e

motivazioni, ed è anche soggetto a “pressioni sociali” e “finanziarie”, ma lo possiedono

anche gli individui presi in considerazione. Per ovviare a tali inconvenienti è quindi

necessario predisporre procedure e protocolli d’indagine che eliminino il rischio di errori

di interpretazione e portino a una valutazione oggettiva ed univoca dei dati.

Una prima procedura adottabile è quella del cosiddetto “cieco semplice” (single-blind

control procedure), che consiste nell’eliminare ogni possibile fonte di informazione sui

soggetti componenti i campioni, ovvero dei gruppi di soggetti che devono essere

rappresentativi per una data „popolazione statistica”. La popolazione statistica, a sua

volta, è definita a priori come “tutti i soggetti portatori di una data caratteristica” (come gli

abitanti di una città”, oppure tutti i quarantenni di uno Stato, ma anche e spesso tutto il

genere umano).

L’effetto placebo

Se, ad esempio, si vuole valutare l’efficacia di un farmaco, occorre tenere conto

dell’inevitabile effetto placebo. Per fare questo occorre prendere in considerazione due

campioni omogenei di pazienti. A uno di essi (campione sperimentale) si somministra il

farmaco oggetto di studio e all’altro (campione di controllo) un placebo, ovvero una

sostanza farmacologicamente inerte. Ovviamente (e in ciò consiste il “cieco semplice”)

nessun paziente di entrambi i campioni deve sapere se sta assumendo il farmaco o il

placebo. Analogamente se si vuole esaminare un soggetto che sostiene di essere in

grado di individuare corsi d’acqua sotterranei (rabdomante), occorre eliminare ogni

indizio che possa suggerire al soggetto la presenza dell’acqua: particolare vegetazione,

segnali geologici, ecc.

La procedura del “cieco semplice”, tuttavia, si è dimostrata insufficiente, poiché i risultati

possono essere falsati dalla psiche degli stessi sperimentatori. Infatti, questi ultimi,

influenzati dalle proprie aspettative, possono involontariamente assumere

comportamenti che possono condizionare le reazioni del soggetto, invalidando così

l’esperimento. Se ad esempio il medico sperimentatore sa di somministrare il farmaco

piuttosto che il placebo, può involontariamente suggestionare il paziente. Analogamente,

se lo sperimentatore che studia il rabdomante conosce anticipatamente la posizione dei

corsi d’acqua può inavvertitamente fornirgli utili suggerimenti. Per questo motivo, al fine

di ottenere risultati attendibili, è indispensabile che neppure gli sperimentatori conoscano

certe informazioni.
 
Nel caso della sperimentazione clinica, quindi, neppure i medici devono conoscere la

natura della terapia somministrata e, nel caso del rabdomante, neppure lo

sperimentatore deve conoscere la posizione dei corsi d’acqua sotterranei. In questi casi

la procedura viene chiamata “doppio cieco” (double-blind control procedure), poiché sia i

soggetti esaminati che gli sperimentatori ignorano informazioni importanti che

potrebbero influenzare pesantemente i risultati.

La procedura in doppio cieco si è rivelata quindi l’unica strada percorribile per valutare

correttamente i risultati di un esperimento in psicologia, parapsicologia e medicina. In

campo medico questa è l’unica metodologia possibile e soltanto i farmaci e le terapie

che superano tale procedura possono essere definiti efficaci. Nessuna delle cosiddette

terapie alternative, ad esempio, è mai stata capace di superare un simile controllo.

La percezione extrasensoriale

Analogamente, questa procedura è la sola adottabile per cercare di fornire una

dimostrazione su basi statistiche della percezione extrasensoriale e di altri presunti

poteri paranormali. Tutti gli studi fatti, però, non hanno mai evidenziato rilevanze

statistiche significative, tali da dimostrare la reale esistenza di qualcuno di questi poteri.

Vediamo allora come si potrebbe verificare l’efficacia di un potenziatore cognitivo. Ad

esempio, si può prendere un gruppo di studenti di medicina e somministrare loro un test

di memoria iniziale per verificare le loro capacità mnemoniche.

Poi, trascorso un certo tempo, si somministra un test di memoria equivalente al primo, e

prima del test ad alcuni studenti si somministra un placebo (questi costituiranno il gruppo

di controllo) e ad altri un presunto potenziatore cognitivo (quest’altri costituiranno il

gruppo sperimentale). Si tratta di pillole uguali nell’aspetto, ma né il soggetto, né lo

sperimentatore sanno cosa prendono o danno, lo sa soltanto una terza persona addetta

alla distribuzione delle pillole ai somministratori.

Alla procedura in doppio cieco deve seguire un’accurata analisi statistica dei risultati

ottenuti sul campione sperimentale e su quello di controllo per mettere in evidenza

eventuali differenze significative. Solo se il gruppo che ha preso i potenziatori cognitivi

darà dei risultati significativamente migliori nel test di memoria potremmo dire che il

potenziatore cognitivo funziona per davvero.

Pur essendo oramai il “doppio cieco” diventato un metodo d’elezione per verificare

l’efficacia di farmaci e trattamenti medici, la fase successiva alla sperimentazione,

ovvero la comunicazione al pubblico dei risultati, soffre anche questa di alcuni difetti,

tanto da diventare a volte fuorviante.

 Denis Stefan

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